LA CUCINA ITALIANA 1934

„e. T,A CUCINA ITALIANA i Dicembre 1934-XIII Consiglia Rosetta Timida suonata di campanello al- la porta di casa. E' la mia vicina, bionda sorriden- te, leggiadra. — Oh, signora! envenuta! Passi, passi! — Che buona idea ha avuto di ve- nire a t rovarmi' — E' una visita interessata la mia. Un'intervista gastronomi ca? j— Appunto. — Sono tutta per lei. La prendo per mano, con atto af- fettuoso, e l ' introduco nel mio sa lottino da lavoro. Appena seduta, Ro- setta mi dice che suo marito ha sen- tito decantare da un collega, all'uf- ficio, la bontà dello stoccafisso e che gli è venuto la voglia d 'assaggiarlo. — Io — soggiunse — non sapevo nemmeno che esistesse, lo stoccafis- so. Si vede che da noi non 38 ne fa uso. In casa mia, per lo meno, non si è mai mangiato. Pare che sia mer- luzzo, come il baccalà, ma seccato In pn altro modo . — E' così. — Stamani, dunque, sono andata al mercato, e con la spesa d'una li- ra ne ho portato a casa un bel po'. Ma che delusione, signora! Un colore giallognolo... un odore così poco ras- sicurante!... Anche mio marito ha ar- ricciato il naso. Le confesso che non mi sono azzardata a cuocerlo. L'ho messo nell'acqua e son venuta a con- sigliarmi con lei. — Ha fatto benissimo. Noi l'abbia- mo mangiato ieri, lo stoccafisso. Se mi fossi immaginata che suo mari- to desiderava d'assaggiarlo, mi sarei presa la libertà di mandargliene un pochino. — Oh, grazie. Le pare! Mi basta che m' insegni a cuocerlo. Lei è tan- to brava! -— Non ci vuole una gran bravura per questo. E poi, glielo ripeto, Ro- setta, io non sono niente affatto bra- va. Le pietanze che usiamo noi sono le più semplici, le più comuni. Tutta roba da famiglia. Non ho fantasia: e nemmeno la curiosità di conoscere 1 misteri delle sapienti manipolazioni nelle quali la... materia prima, per- dendo il suo naturale sapore, si spi- ritualizza. Posso, tutt'al più, arriva- re a fare una galantina di cappone. — E le par poco? Deve insegnare anche a me tutto quello che sa lei. — Si. si. Intanto cominciamo dal- lo stoccafisso, cotto all'uso livornese, senza patate nè altri intrugli. — Mi dica: è buono davvero? — Si che è buono, almeno per chi non ha avversione per il pesce secco. Ed è anche nutriente, dato l'olio che richiede ed il pomodoro. Lei sa certo, che il pomodoro è diventato una fi- gura di nrlmo nlanr. rt«l rmari*"> la nostra alimentazione. Sapes- se quanto se ne mangia qui, a Li- vo rno; E' 11 piatto base delle cene che vengono consumate sulla spiag- gia, verso il Calambrone, dalla gente del popolo, che, la sera, va a chiede- re alla brezza marina un po' di ri- storo, dopo il caldo patito durante il giorno. Ma anche le persone benestanti non disdegnano questo rustico com- panatico marinaresco, col quale si può, di tanto In tanto, portare un gradito diversivo nel menu familiare. Certo, non bisogna mandarlo in ta- vola sotto f orma di squame legnose, aguazzanti in una insipida broda- glia. Pr ima di tutto occorre pulirlo b e n e - Rosetta si fa, se è possibile, più attenta. — Brava! Brava! M' insegni fino da princìpio. — ... togliergli tutte le lische e sbri- ciolarlo più che si può. Si mette poi in una cazzeruola in cui bolle, da una diecina di minuti — senza ro- sellire, veh? — con olio a sufficienza, una buona dose di cipolla tritata e di pomodori senza buccia nè semi. Ricordarsi di unirvi, oltre il sale ed il pepe, un pezzetto di scorza di li- mone. Due dita di marsala o un bic- chleretto dì vin bianco, completeran- no, a mezza cottura, il condimento, e daranno alla pietanza quel gusto particolare, che la rende co3i appeti- tosa. Lo stoccafisso deve cuocere pian piano, nella sua stessa acqua, spre- muta dai primi bollori, ed in quel po' di vino che vi si è aggiunto. E', quindi, necessario che bolla ristretto; sommerso fin quasi al momento di levarlo dal fuoco, in quel liquido grasso e colloso, che lo ammorbidisce e contribuisce a farlo arrivare in ta- vola asciutto, ma non risecchito. Ec- co perchè io dò molta importanza, per qualità e dimensione, al recipiente di cui mi servo. La terraglia, che man- tiene il bollore più a lungo dell"allu- minio e del ferro smaltato, si presta a meraviglia, come per qualsiasi al- tro umido. Per questa specie di vi- vande non si adoprino mal recipien- ti troppo ampi o troppo sottili, che non tengano sufficientemente raccol- to in sè stesso il contenuto, e non lo di fendano abbastanza dalla azione troppo violenta del fuoco. L'umido tanto più saporito riesce quanto più denso è il sugo nel quale si è fatto crogiolare. Non conviene farlo rimanere Ir. Sec- co a mezza cottura, per essere poi costretti ad aggiungervi, anche ripe- tutamente, una nuova dose di liquido. E. pazienza, se quest'aggiunta si fa con del brodo o dell 'acqua calda. C'% chi non si' perita ad interrompere il bollore di una cazzeruola con l ' acqui ghiaccia! Errore gravissimo che bi- sogna, ad, ogni costo, evitare. E' inve- ce ima p r e f s i f i one ottima quella di travasare l 'umido, quando ha perso Un po' del suo volume (così è, ad esempio, delle coratelle, dei fagiolini di S. Anna, delle séppie con le bietola e, infine, dello stoccafisso) in un re- cipiente più piccolo di quello dove ha avuto inizio la cottura. Mi è capitato di farlo anche due volte, questo tra- vaso, per una pietanza a cui non vo- levo aggiungere altro liquido. Lei Ro- setta, riderà... Rosetta ride senz'altro. Beata gio- ventù! Riderà — riprendo — se le dico che certe pietanze, le quali hanno bi- sogno di esser ben penetrate dal bol- lore (tale è la tasca di vitella ripie- na) io le cuocio nella pentola, che, for.da com'è, trattiene megl io il vapo- re acqueo attorno al contenuto. Pare un'assurdità, è vero? Anche mio marito ride: — Si è mai visto, dice, fare l 'amido nelle pentole? E' una fissazione tua! Può essere: ma io me ne trovo bene. A tavola, poi, viene dimostrato che anche certe in- nocenti manìe possono servire a qual- cosa di buono. Vede, Roset ta: A que- sta esagerata valutazione del reci- piente, rispetto alla qualità e quanti- tà dei cibi che contiene, non ci -sono arrivata a caso: ma da una consta- tazione all'altra, nel fervore dell 'ope- ra, nell'ansia di far meglio, sempri meglio, per contentare i miei uomini e me stessa. Bene o male che mi àia riuscito un dato piatto, io ci ho stu- diato sopra, cercando di comprende- re la ragione della sua bontà o del su«, i difetti. Ed ogni constatazione, unendosi con tante altre precedenti o seguenti, ha servito di base a quel complesso di regole che sono da os servare per giungere, in fatto di cu- cina, a quel soddisfacente resultnto a cui lei aspira., ed a cui arriverà certamente dopo un coscienzioso, e più o meno breve, tirocinio. I giovani debbono avere la partenza di aspet- tare. A. proposito: quanti hanni ha, Roset ta? — Diciannove! — Cara bambina! Potrei essere la tua nonna! Rosetta ha uno slancio di tene- rezza. — Dio lo volesse^ — esciama. E mi bacia FR I DA Si avvertono le abbonate che i nuovi abbonamenti alla CUCINA ('."corrono dal 1. gennaio o dal l . luglio e sono validi rispettiva- mente fino al SI dicembre o fino al 30 giugno di ogni anno. Non sì accettano abbonamenti semestrali. Fermi restando i limiti della de- correnza dall 'abbonamento : X. Gen- naio, e 1. Ltìsrlio, si possono richie- dere gli arretrati delta CUCINA I - TALIANA da qualsiasi numero. 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