LA CUCINA ITALIANA 1934

W TtA CUCINA ITALIANA i Dicembre 1934-XIII ?T°A l l 7 ANI IL PANFORTE DI SIENA L origine di questo dolce tradizionale che, con la sua coorto di « Cavallucci », « Ricciarelli », « Copate », sopravvive ai tempi e non teme l'oblio del futuro, deve ricercarsi molto lontano poiché si parla- va del Pampepato, o «pane melatos et pepatos » anche nei primi del secolo XIII. Molti si stupiscono ancora del perchè Siena, fino ad un ieri relativamente re- , cente, lasciasse fabbricare e smerciare questo suo Panforte soltanto nelle Far- macie: la ragione è ovvia quando si cono- scono le vere origini di questo dolce. La città « ricca di frati ghiottoni, di , monacelle pazienti, di grandi e raffinati mangiatori com'erano i componenti la ce- leberrima Brigata godereccia » — per dir- la con un anonimo senese — fu una del- le prime in Italia a volere abbondanze di zucchero nelle sue pietanze e a predili- r gere le droghe la cui importazione da noi, : del resto, (come per esempio quella dei . chiodi di garofano tanto preziosi nelle cucine piccanti) si deve ai senesi, come anche Dante, nel Canto XXIX dell'In- ferno, testimonia parlando del Capo del- la Brigata di cui sopra: « Ser Niccolò che la custuma ricca del garofano primo discoperse nel' orto dove tal seme si appicca ». I fraticelli, dunque, per raddolcire un po l'amaro dei cibi erbacei e dei digiu- ni, le monacelle per aver qualcosa di gu- . stoso da donare, a ogni solennità, ai lo- ' , ro benefattori, inventarono questi dolciu- mi che per il loro gusto piccante invita- no a bere quel tantinello di vin buono , capace di mettere dentro un po' d'alle- <! gria, e i buontemponi della Brigata Go- (Jereccia, pur essendo neri di peccato, fe- lli c e r 0 una volta tanto amicizia con i frati j per unire, alla ricetta nota, le droghe da , , loro cercate e importate, di contrabban- , do, dall'Oriente. j Di Badessa in Badessa, di educanda i in educanda, il Panforte emigrò prima fuori delle mura conventuali, poi al di là di quelle senesi, i dolci confezionati dal- , le belle dame cominciarono a farsi co- ! noscere per il mondo, ma poiché in Sie- Q na, come altrove, lo zucchero e le dro- ghe erano ingredienti rarissimi, sottopo- • sti a severe leggi (i Veneziani conobbero ; lo zucchero soltanto nel Xltf secolo) ecco * : c h e soltanto gli speziali ne avevano il monoplìo con l'obbligo di tener ben chiu- si tali « oggetti ( I ! ) tentatori e turbato- t ri » nei loro preziosi barattoli. Fu per questo, che, quando la fab- bricazione del panforte venne concessa ? In una data misura (cannella, chiodi di garofano, noce moscata, ecc., avevano un tale prezzo inibitorio elle solo i si- gnori potevano permettersene uno scar- i so uso) soltanto gli speziali poterono , fabbricarlo. La ricetta del Panforte, naturalmen- te, non è possibile averla, sussistono, a , questo proposito, severissime leggi di inibizione, , poiché il Panforte senese, come dicevamo prima, ha un segreto di mescorinza nelle droghe che i fab- bricanti si son sempre ben guardati dal rivelare: 11 suo Impasto è fatto di zucchero (In antico si sostituiva ad es- so la farina dolce di castagne) canditi, mandorle, e moltissime qualità di droghe ' compreso pepe, garofano, spezia, can- (¡k nelle e... ciò che non sappiamo e che rap- presenta il gusto tutto senese di tale dol- " ce. Una leggenda vuol mettere, anche una leggera tinta di poesia su questo '. Panforte « dal sanor paradisiaco, forte e , dolce, mielato o dorato di fiori. Pare, in- fatti, che nei temei antichissimi suor Ber- : ta, una monacella giovane e silenziosa. . : fosse ir. enta a impastar del miele a dro- , Zar del brodo quando, dal di fuori delle J: mura spesse del convento, un canto rica- mato da una calda voce virile sorse a stupirla. Quella voce era dell'uomo da lei amato e creduto morto, da lei adorato e ormai perduto e la suora, commossa per quel ricordo fedele che le giungeva inat- teso, continuò il suo lavoro, si. ma pian- gendo e pregando insieme, Incapace di segu're più l'opra che le mani continua- vano a compiere meccanicamente. Ne de- rivò che spezie e cannella si confusero coi miele, frutta secche e canditi ebbero, su di sè, invece di zucchero una pic- cante fiorita di pepe., ma l'impasto, as- saggiato poi dalla madre badessa giunta d'improvviso in cucina e incuriosita da tale pietanza nuova, fu trovato gustoso al massimo e fruttò lodi e complimenti alla monacella stordita. Ecco perchè il Panforte senese « ride e piange », - cioè, è dolce e amaro insieme, piccante eppur delicato come il miele delle api: odoroso di fiori e di droghe acutissime; perchè sa di lacrime e di sorriso, di preghiera e di momentaneo rimpianto, di tentazione di dolcissima penitenza, I Cavallucci, invece, così fitti d'im- pasto di mandorle, farina dolce e droghe, prendono il loro nome curioso dal fatto che venivano acquistati, sì, alle spezierie, ma ne era concessa la vendita anche nel- le osterie e nei luoghi di sosta per i cavalieri. Invitavano al bere, saziavano* la fame pur gustati in parca quantità, ciò che è prerogativa preziosa per un cibo che deve far parte dell'equipaggiamento di un viaggiatore costretto a cavalcare lungo tempo, possedevano e posseggono un alto valore nutritivo. I cavalieri, dun- que, non ne andavano mai sprovyisti, ed ecco perchè in antico si usava stampi- gliare su ognuno di essi il disegno di un cavallo. Le «Copate», piccoli dischi d'ostia en- tro i quali si nasconde impasto di mandor- le e miele e droghe, hanno la loro origi- ne leggendaria dal fatto che le monache, fabbricandoli, usavano donarli a chi of- friva un obolo: sono dunque rotonde co- me monete, e da sè stesse, per la loro forma, ricordano a chi li riceve l'obbligo della moneta data in carità in cambio di tanto regalo. Riguardo ai « Ricciarelli », dolci di marzapane, l'origine del nome non è ancora stata trovata: ma forse, come dice Gerardo Parenti, si chiama- rono cosi perchè venivano preparati a ma- no dalla foggia arricciata. A che prò, del resto, voler imitare que- sti dolci prelibati? Non possiamo fare ac- quistare, a chi vorrà provarsi a confezio- nare tali cose, le lacrime di suora Berta, che una leggenda vuole fossero state cam- biate in droga e neppure la barba di frate Albino il quale, fabbricando « ca- vallucci » o .* beriquoquoli », come allora sì chiamavano, ne fece una tale scorpac- ciata da morirne e la sua barba fu cam- biata, dal diavolo tentatore di quel ghiot- tone, in un'erba che si trova soltanto in terra di Siena, sotto il nome di « dra- goncello », e non possiamo insegnare le pai-ole magiche che i crapuloni della bri- gata godereccia pronunciavano sui Pam- pepati per farli piccanti così e che solo gli speziali senesi appresero in confidenza dato che i frati non vollero saperne. Diciamo soltanto che con questi dolci occorre bere, per avere la completa gioia del palato, 11 Vin Santo dei colli del Chian- ti, quello che i fraticelli distillavano da quattro qualità d'uva: il Tribbiano, il Canaiolo bianco, il San Colombano e la Malvasia, e che poi mandavano agli am- malati per mezzo di un loro fratello il quale, essendo ritenuto per santo, dette il nome di Santo anche a tal vino. V. GAZZEI-BARBETTI S TAI DENTEIC FLOORI Costituiscono un piatto di gustoso, nutriente e finissimo pesce (sola polpa) già condito con puro olio d'oliva e pronto per essere servito in tavola. S. A. T O N N A RE FLORIO: ROMA - Via Depreiis, 45 a - ROMA

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