LA CUCINA ITALIANA 1935
N. 6 LA CUCINA ITALIANA Consigli p e r la m a mma Rose t ta è venuta da me ad un'ora insolita. Appena ent rata in caca m'ha detto: — Sa che andremo a f ar Pasqua coi miei geni tor i? E r a raggiante. Ho risposto con effusione al la sua stret ta di mano. — Cara bambina. Godo delle sua contentezza. Ma dica. Questa è stata una risoluzione improvv i sa? — Fulminea, devo dire. II tempo di l eggere una let tera del la mamma e di bist icciarmi con mio marito... —• Come?! — Si ci siamo bist icciat i! — Cha novi tà son queste? ^ — Nuvole che passano, St ia a sen- tire. l ersera, ment r e si cenava, arri- vò un espresso della mamma. Quel la povera donna si strugge di rivedermi. — C'è da compat irla. Ora poi che ha saputo... Ma cha sensi t iva è Roset ta! Qual- siasi al lusione al pupo la f a diventar rossa. Certo è un fiott • di gioia che le arrossa le guance e la i l legiadri- sce. — La mamma — ha ripreso la mia vi c ina — non può muoversi per ra- gioni di salute. Vi eni tu — mi ha scr i t to — Veni te voialtri, anzi. Date- mi questa consolazione! Pensi con quanto slancio rispondesse il mio cuo- re a quel l ' invito traboccante di ans ia e di tenerezza! Se avessi potuto, sa- rei part i ta al l ' istante. In areoplano, magar i. Mio marito, invece, si mostrò subi to contrario. Di ceva c l - e lo stra- pazzo di un v i agg io piuttosto lunso avrebbe potuto riuscirmi dannoso. Ma io non sentivo ragioni. Il suo rifiuto mi ecci tava. Mi pareva che volesse negare al la mamma ogni al tro dirit- to su di me. Pians i, feci le bizze. — Rose t t a! — Propr io così. —• E suo mar i to? — Zi t to; acc igl iato; ostile. Ma, quando, ih un improvviso rinsavi- mento, cominciai a pregarlo, a dirg:: tante Belle cosine... si lasciò commo- vere ed acconsentì. — Benedet ta fiigiiola Non sa che per noial tre donne l ' arma migl iore è la preghi era? E poi .Rosetta, si per- suada, una vol ta, ohe un uomo vera- mente af fezionato al la moglie, se è preso cc i le buone, finisce sempre per f a r j quello c h e vuole lei. — Orr insomma, è tut to fissato. Pa r t i r emo il Sabato Fanto. Ho già dato la noti=ia al la mamma con un espresso Cara la mia mamma! Chi sa come sarà contenta di avermi con sè per Pasqua. Per lei, questa è la solenni tà più importante dell 'anno, la « f es ta delle fes te », il « re dei gior- ni », come dicevano gli antichi. Nel- la sua fede semplice, e un poco pri- mitiva, la mamma tornerebbe volen- tieri a quei tempi remoti, nei quali, la mat t ina di Pasqua, al l 'alba, i fe- deli correvano in chiesa ,e, inneggian- do al Signore risorto, si abbracc iava- no f raternamente. Già tut to ciò che ha at t inenza al la Pasqua, dal la puli- zia della casa per l 'acqua benedetta, al pranzo di famigl ia, assume ai suoi occhi il sigr. ificato di un rito ch 0 de- ve essere scrupolosamente compiuto. Guai, ad esempio, so un anno non dovesse of fr i re al la chiesa della sua parrocchia le vecce pei il Sepolcro. Le coltiva... ir. cant ina, e va da sè, via via, a rischio di sdrucciolare su quegli scalini corrosi dal l 'umidità, ad assicurarsi che vengano su bel je co- me le vuole lei. Mentre Rose t ta par lava, mi è pas- sata dinanzi ag l i occhi la visione di una donna — mif, madre — che, al la fioca luce d'un ridicolo e dondolante lume a mano, s ' inol trava in una can- t ina buia " come la notte. At t ac ca ta alle sue gonnelle, una bambinet ta — io — scrutava cogli occhi spauri ti le tenebre, che la sua f antas ia popola- va di f ant asmi paurosi. Ed ecco, al fioco bar lume del lumino ad olio, le mistiche, molli e candide chi cme del- le vecce ohe, f ra pochi giorni sareb- bero passate da tanto squal lore sot- terraneo, ad una glor ia di luci, in una a tmos f era ardente di fede, di pas- sione. I l ricordo è balzato fuori al l ' improv- viso dal cantuccio più recondi to della memoria, e subito si è di leguato in una nebbia di mal inconia. Intanto Rose t ta proseguiva con voce com- mossa. — S ' immag ina quante cose avremo :da dirci la mamma ed io? Non ci e- ravamo mai lasciate; nemmeno per un giorno, capi sce? Ed ora sono già tanti mesi che non ci vediamo! -— A proposito. Sa che cosa ho pen- sato? Di portare al la mamma un dol- ce f a t to da me, per dimostrar le la mia bravura. E ' una buona idea! — Un di quei dolci casal inghi, ma- gari un po' rust ichett i, ma che si mang i ano tanto volentieri. — Ma quale? Sentiamo. — Mi consigli lei. Un buccel lato? Una bocca di da- ma? Una cros tata? Rose t ta r imaneva indecisa. — Ec co: mi piacerebbe un dolce tradizionale della Pasqua. — Una schiacciata al la l ivornese, al lora. Mi sembra la special i tà più appropriata. Rose t ta è del mio parere. — Benissimo. Una bella schiaccia- tona. Per favore, s ignora: un foglio. 1 Aprile 1935 - XIII di car ta e la sua stilo... Grazie. E ora mi detti. Che cosa? — La ricetta 1 .; — E io, per paura che facesse dac- c apo« le bizze, le ho det tato l a for- mula di cui si servono le nostre mas- saie per confezionare le so f f i ci schiac- ciate, care ugualmente al la tradizio- ne ed al palato. Schiacciata alla livornese Dose per due schiacc iate di giusta grandezza. 1200 grammi di far ina, f ini ss ima ed asc iut ta; 600 g r ammi di zucchero; 300 grammi di burro; 8 uova intere; 1 bicchierino da marsa la dì l iquore al sassol ino e 1 di « L,att e di vecchia »; l ievito di bi rra grammi 20 (50 cente- s imi ); acqua di f iori d'arancio, meno di un deci l itro. Questa schiacc iata sì prepara in più tempi, dovendo l ' impasto l ievi tare ri- petutamente. L a se ra al le 23 c i r ca: Int r idere 11 l ievi to di bi rra in un mezzo bicchiere di lat te tiepido, e f a r g l i prendere quanta f ar i na è necessar ia per for- mare un panet to piuttosto sodo, che si met terà in una zuppiera, e si copri- rà con la f ar ina. L a ma t t i na al la 6: Le va re il l ievi to dal la zuppiera, intriderlo con un uo- vo ed a l t ra far ina, e ricol locarlo come sopra, A mezzogiorno: Riprendere 11 lievi- to, agg iungervi tre uova e f a r i na suf- f i c iente per r i cavarne un panet to consistente. Lasc i are dì nuovo in ri- poso, Il pane si potrà considerare ab- bastanza l ievi tato quando sarà au- mentato tre vol te di volume. A questo punto si met te il compo- sto dn un recipiente ampio, dove s'in- tride, con la f a r i na rimanente, le al- tre quat tro uova, lo zucchero, il burro l iquefat to al fuoco ed il liquore. Fa- col tat iva, un ' agg iunta di anaci (15 grammi) e dì acqua di f iori d'aran- cio. Si togl ie poi dal recipiente il com- posto, e si l avora sul la spianatora da tre quarti d'ora ad un'ora al l ' incirca, per renderlo omogeneo. Dopo di che se ne f anno due parti, ossia due pal le che si col locheranno, c iascuna in una tegl ia fodera ta con una car ta da zucchero unta di burro, ed abbas tanza ampia perchè le schiacciate vi st iano comodamente. Si lasceranno l ievi tare in un luogo j u t t os to caldo (non è possibile pre- cisare l e ore che r ichiederà la lievi- tatura) e quando si vedranno rigon- f ie e tremolant i, si spalmeranno con un pennello, pr ima con acqua di fio- ri d'arancio, poi con un rosso d'uovo. Si cuoceranno in forno, ad un calore moderat issimo, e prefer ibi lmente in un forno da pane, nel quale si otter- rà una cot tura più regolata, che sarà al punto giusto quando, le schiaccia- te avranno preso una bel la t inta mar- rone, F R I DA
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