LA CUCINA ITALIANA 1935
26 «.LACUCINA ITALIANA 1 genna io 1935-XIII LA NOSTRA FOGLIA DI ALLO) (CON O SENZA FEGATELLI) . . .Però, scr i ve al la di rez i one di Cucina una per sona che non vuol es- s er nominata, non vi s emb ra che in ques to per i odo di c r i s i e c onomi ca, di t ravag l io spiri tuale, di pr eo c cupaz i o- ni europee, e di pr ogr e s so f ebbr i le nel c ampo del le scienze, del le lettere e del le arti, voi diate al mang i a re un ' impo r t anza un po' t r oppo pr epon- de r an t e? C'è del l 'al tro, nel mondo, o l - t re che il po l lo ar ros to e la sal sa di cappe r i ! ». Capper i, se c ' è del l ' al tro! S'è tan- ta roba, anzi, che pr opr io non si c a- p i s ce c ome la gente non si r enda c on- to del la necess i tà di o c cupar si un po ' meno del l 'al tro, e un po ' più del mang i are. I o non sono — chi segue queste mi e noterel le mens i li deve aver lo ca- p i to da un pezzo — una donna g o - losa. Non pred i co, vog l io dire, la su- premaz ia del lo s t oma co sul lo spiri- to, anche se il Blaze abb ia proc l a- ma t o esser la ghi o t t oner ia « dono e- mana to dal la divini tà, e c he distin- gue in mo do essenziale l ' uomo dagli an ima l i ». M a t r ovo che, in sostanza, la vi ta si impernia per una buona par te sulla r isoluzione di un probl e- ma f ondamen t a l e: quel lo di., vivere, oss ia di nutrirsi, di vest irsi, di esser al loggiat i, ecc . : e gli stessi s f orzi me- ravigl i osi che l ' uomo c omp ie per su- perarsi e superare gli altri, il l avo ro anon imo del le mol t i tudini, la nobi le f a t i ca degli insegnant i, i r i schi dei navigator i, tut to i ns omma il l avo ro uma no — salvo 1 casi eccez ional i, de- gli aoosto lati scienti f ici, del le altissi- me ambi z i oni patr iot t i che, ecc ., è in f unz i one del la necessi tà, che l ' uomo non si è c reata per vizio, di fare, due 0 tre vo l te al g i orno, quei pasti che il nos t ro cr i t i co, ev identemente af fet- t o da g a s t r a l g i a, cosi sdegno samen- te disprezza. P e r chi l avo rano i vostri babbi e 1 vostri mar i t i, ami che lettrici, e p e r oh^ cosa l a v o r ano? Per vo i , e per- chè possiate mang i are, vivere, aver l ie- ta la vita. Tut ti l avo rano per man- giare. .. perfinrf 1 cuochi, che f anno del mang i a re degli altri lo s c opo del- la l oro esistenza. Tut to si f a per mang i are, per esiste- re, per resistere. An c he il Conte U- gol ino. .. che mang iò i figli per con- servar l oro un padre. E per chè dunque non d o v r emmo o c cupa r ci di f ar sì che auesto man- g i are sia p i acevo le e salubre — e. appunto pe r chè crisi An a t r a r la at tanagl ia il mondo, o rdi spiriti so no preoc cupati — e c o n om i c o ' I o ho sempre avuto una certa i s t l i t i va di f f idenza, della gente eh* nr>n apprezza il c ibo, e ne parla coti sde gno, c ome d ' una cosa vo l gare e pie bea. Di solito, .si tratta di tierson» di cui c 'è da fidarsi p o co 1,'nrimo sa- no. la, donna tir.pmal», senza essere ingordi, sen*a. abbrut i rsi nel le scor- pac c l a te bestial i, t eng ono nel dovuto c on to un buon pas to — lo apprezza no — lo des i derano — gli fat ino ono- re... e dopo po che ore t o rnano da capo. E ' che l ' onesta g i o ia di una mensa appet i tosa d i s chiude le sue possibi l i- tà c on f o r t a t r i ci a tutti c o l o ro che non hanno r imors i, o malat t i e: che s ono sereni e tranqui l l i, di cosc i enza gRVNO'Jij- c ome di corpo. Quelli che vengono a dirvi che si nut rono di pètali di rose cond i te c on po che g o c ce di ru- giara, posano. Quel li che vi r a c c on- t ano che per l oro il mang i a re è la più spregievola cosa, sono uomini avidi, corrot t i, viziosi, che ane l ano a piaceri pec caminos i, o hanno il vizio di mang i are di nascos to, per farsi credere, in soc ietà, gente etèrea, su- per i ore alle necessi tà fisicne delia v man i t à: ipocri t i. Già, la storia del la c ivi l tà è tutta s t ret tamente legata al la storia del la evoluz ione del la gas t r onomi a. L ' u omo del le caverne i gno r ava il f u o co e mang i ava, crudi, gli animali che uc- c i deva col la selce appunt i ta: ma non era cer to un gentleman, neanche in tutte le al tre mani f es taz i oni della vita. Anche gli spartani avevano il bro- detta nero, imnos to l oro dal l ' austero e v i r tuoso Li curgo. Ma, a par te il fat- to che di quel br ode t to non sappia- mo nulla, ai l ' infuori del co l ore — sì che po t rebbe beni ss imo darsi che si trattasse di una « petite marmitte » dove, in un b r odo scuro, si t rovasse- ro pezzi di nol lo, di vitel la, di man- e patate lesse, e mazzet ti di od^- ri, e cavo lo e fag i o li — pW modo che un La c e d emone vi rtuoso, c on una cat ine l la di brode t to davant i, poteva f a re un pas to mi g l i ore di chi avesse mang i a to pr ima la mi nes t ra di b r o- do, poi il pol lo, poi la vitel la col le patate, e v ia d i c endo — neanche gli Spartani, in sostanza, rappresenta- vano nel l ' ant i ca Gr e c ia il fiore del ia c ivi l tà e del la gent i lezza. A Atene, in- vece, il cul to del la cuc i na era tenuto in così gran c ont o, che Charadès, lo invent ore del lo Strion b i anco, era c i - tato c ome uno dei sette celebri cuo- chi, che A t emo c ont rapponeva, per bur la, v o g l i amo pensare, ai 7 grandi savi. Gli altri sei insigni cuc ini eri elle- nici erano, c om' è no t o: Ne r eo di Ghio, che l essava il g r o ngo in mo do da togl i ere agli Dei ogni nostalgia de l l ' ambros ia; Eg is di Rod i , il solo che sapesse arrost i re « per f e t tamen- te » il pes c e; Lamp r i as che per pr i- mo inventò la salsa s cura; Af t one t e, a cui dobb i amo quel la c o sa po co poe- tica, ma mo l to saporosa, che rispon- de ( quando lo c h i amano) al nome di sangu i nac c i o; Eut imo, che r ivelò le possibi l i tà di s f rut t amento del la len- t icchia, e Ar i st i one, il quale c r eava i mani caret ti nuovi c on la fac i l i tà con cui Ome ro f a c e va versi. An c he i Roman i , sul pr inc ipio, eran rozzi e f rugal i. Ma poi si... per- f ez i onarono anche nei gusti — e c o - me ! — tanto che Ti to Li v io osser- vava c ome l 'arte di ben mang i are « di sprezzata dai nostri antenat i, fu tenuta in onore, quel che era stato un vi le mest i ere di ventò una sc ien- za, e le cose che pr ima si guardava- no appena d i edero or i g ine a godi- menti sconosc iuti ». A Numa Pomp i- lio p i ac evano tanto i dolci, che in- ventò la dea Fornai, per met tere i fornel li sot to l a protez i one di qual- cuno. E Catone, censore e severo, 8RW0
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