LA CUCINA ITALIANA 1935
1 Giugno 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA S L'A. B. C. DELLA CUC I NA Molte abbonate — ed abbonati — mi pregano di rispondere alle loro ri- chieste nel fascicolo m corso di pub- blicazione. Nessuna difficoltà avrei ad appaga- re questo simpatico desiderio di ur- genza se la « Cucina Italiana » non a- vesse ohe uno scarso numero di abbo- nati. Essi invece sono tanti, e così as- sidui che giornalmente ci pervengono da ogni regione d'Italia fasci di lette- re e di cartoline. E' necessario, perciò che i devoti a- mici della mia Posta, aspettino, con gentile compiacenza, il loro turno, nel- la certezza che io risponderò a tutti • con tutta la sollecitudine possibile m rapporto alle esigenze del lavoro e dello spazio. SUQO TINTO. — Questo sugo che, In certe applicazioni delia cucina casalin- ga, può benissimo sostituire quello di carne, 6 utilissimo alle massaie, purché sia ben fatto. Tritare assieme, e minutamente, una cipolla — di quelle rosse, dette fioren- tine — una carota, un gambo di se- dano, due o tre fogiioiine di prezze- molo. Mettere questo battuto in una cazzarolina di terra con un bel po' ai burro, od olio a sufficienza, o, magari, un po' dell'uno e un po' dell'altro. Vo- lendo si può aggiungere oO grammi di prosciutto o di lardone, tritato ben be- ne. In tal caso si diminuirà la dose del burro o dell'olio. Far cuocere, dunque, piano piano, a- gitando di frequente col mestolo, e ag- giungendo una ramaiolatina d'acqua via via che la cipolla comincia a rosolare, affinchè essa possa disfarsi meglio. Quando sarà ridotta in poltiglia, unirvi sale e pepe, un nonnulla di spezia, far- le prendere una breve tinta nocciola, per riammorbidirla daccapo con una cuc- chiaiatina di buon estratto di carne, sciolto nell'acqua calda. Completare 11 sugo con due belle cuc- chiaiate di estratto di pomodoro in sca- tolette, allungato con acqua calda, o cotto in casa i passato per staccio (1 chilogr. per 4 persone). Seguitare a far cuocere pian plano fino a che il grasso non si separi dal rimanent»: segni' questo che la salsa sarà tirata a sufficienza. 1.EGTJMI SECCHI. — Soltanto i Ceti debbono essere tenuti necessariamente ^ »TVRCHI N N in molle prima di metterli al fuoco. Ven- tiquattr'ore d'immersione in acqua sa- lata o in una leggera soluzione di bi- carbonato saranno sufficienti, se i ceci sono di qualità buona: cosa non trop- po facile, da un pezzo in qua. Per il solito, i salumai li ammollano col bac- calà: ma, se debbono servire di con- torno al lesso o esser mangiati soli, è preferibile che rinvengano in qualche altro modo. Risciacquarli e metterli al fuoco con acqua calduccina. Contribui- rà a renderli più morbidi una presina di bicarbonato — il troppo li farebbe annerire — messa nella pentola al pri- mo bollore. Farli cuocere pian piano per due ore circa, e sempre sott'acqua. Se questa si consumasse aggiungerne ancora, e bollente. Salarli a metà di cottura. LENTICCHIE. — Per le lenticchie due ore d'immersione nell'acqua pura sa- ranno bastanti. Scolarle poi e metterle al fuoco con l'acqua bollente, toglien- do quelle che vengono a falla. Le len- ticchie danno un alimento ricco e gu- stoso: ma la loro buccia è indigesta: perciò bisogna farle cuocere piuttosto a lungo. Passate per staccio, in purée, formano un eccellente contorno per le «arni grasse, la lingua di manzo sala- ta ed anche per alcuni volatili. FAGI1TOX>I. — Se i fagioli debbono servire esclusivamente per la zuppa, o altra minestra, sarà bene tenerli in molle dalla sera alla mattina. Ma, quan- do debbono essere serviti in tavola con le acciughe, il baccalà, o la pottarga, (• bene metterli al fuoco secchi, e con ac- qua fredda. Cuocerli bene, non è fa- cile. Per il solito si crede che basti farli bollire all'impazzata per due o tre ore in una pentolina d'acqua. Invece bi- sogna cuocerli in una oentolinn di ter- raglia. piuttosto ristretti. In modo che l'acqua li ricopra soltanto, ed a fuoco cosi lento, che. nel bollire, non si muo- vano nemmeno. Durante la cottura. wr la quale occorreranno circa aùattr'ore. riguardarli spesso t>er assicurarsi chp non smettano di bollire o che non ri- mandano In sacro. Noi aual caso si so- stituirà a' liouido consumato un po' rn acoua bollente. . Salare a meta di cottura. TJn Pizzico di bicarbonato di soda, appena la pen- spicca 11 bollore, fari» piti bene cla- male. _ _ STR.RA ms i RA RHADOU — Pf" frutta canfi'.t»! e tif>r la ennditura scorze ^'arancio si rifori=ca a nuan t " ho scritto n»>la Posta dal fascicolo di anrilfl r>er un'«Abbonata dì Monte». I-e scorze di mandarino si condiscono come quelle d'arancio: ed anche queue di ce- uro. Con la auierenzà cuc queste ulti- me, appena tatuate a spiccia, ueve li- berane uelia peilicma esterna, e ra- schiarle, dalla parie interna, con un uezzetto di vetro per toguere loro tut- ta la sostanza biancastra e iiiàiiieu..osa. ije scorze di cedro sono multo yiu au- re di tutte le altre: perciu uisugiiu lar- le bollire dapprima in uno acuiopyo piuttosto sciolto che possa meglio pe- netrarle. Per le successive bolliture lo scirop- po dovrà essere gradatamente iattor- zato. Quanto alle bucce di popone, si re- goli cosi. L,e raschi come sopra, le tac- cia a pezzi piuttosto grossetu, le met- ta in bagno nell'aceto bianco, e ce le tenga ventiquattrore. J-.e immerga poi nell'acqua chiara, ih cui le lascerà a spurgarsi, per ti ore o 7 ; poi le con- disca col sistema da me indicato per le bucce d'arancio e che e buono an- che per ì marroni, i fichi, oSsia per 1 frutti meno delicati. BJ.U-.KA UiUBUir^iNA CHIUSA ISpi- limbergo;. — Lei e una massaia piena ai risorse, che sa trar pronao dalle cose più trascurabili, uai momento che utilizza, e con tanto successo, quegli u- rnili aggeroli Uazzerolej cosi negretti, per lo meno qui in Toscana. ìvii sem- bra pero Cile possa esser paga di ciò che ha fatto lino ad ora. ixun saprei davvero quale altro suggerimento 'ttar- le. Vorrebbe farne un rosolio'.' JNon so- no adatte per quest'uso, le ìazzarole. Piuttosto per un ratafià, essendo ap- punto il ratafià un liquore che si ot- tiene con la macerazione della frutta. Metta dunque a macerare in un mezzo litro di alcool, entro un vaso ai vetro, a5U grammi ai lazzaroline ben mature, con un po' di cannella e qualche chio- do di garofano, i ce le lasci per una ventina ai giorni, tenendo, se è possi- bile, il vaso esposto al sole. Trascórsa tale epoca, decanti l'alcool, ossia io tra- vasi pian piano in modo che ì frutti restino ai fondo, e lo mischi con uno sciroppo fatto con 250 grammi di zuc- chero sciolto, a caldo, in 100 grammi d'acqua, e poi lasciato freddare. Passi il liquido per un velo fitto e lo metta in una bottiglia. Trattandosi di una prova, mi sono attenuta ad una piccola dose. SiU.RA MAiUA fAKAmO'J'TO (Pa- dova). — Per le indicazioni che le oc- corrono su queiia tale nnsceiu. La pre- so di rivolgersi all'amministrazione. Se
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