LA CUCINA ITALIANA 1935
* _ J t j A_OCOP fA ITALIANA 1 Giugno 1935-XIH _ IL FRITTO ALLA CARDINALE e l'arte di utilizzare i resti Quando scrissi, la questa Rivista, •he l 'arte di utilizzare i resti, non •ra pane per tutti i denti, qualcuno di certo bofonchiò e, da quei dilet- t ant i in prosa di cucina che sono i bofonchiatori, reagì; al punto che i torchi delle lynotipe... non avevano mai sudato tanto a imprimere ricet- to cervel lot jche come da allora, 1 « mia rispettosa simpat ia ed ap- prezzamento — c'è bisogno di dirlo? vanno al le gentili signora ed alle brave massaie, che tanta parte di sè danno all ' incremento della cucina; è »nzi in loro ch' io ripongo fiducia che 1« mie modeste note abbiano una piccola eco di approvazione. Raccomandare la utilizzazione di quanto potette un giorno essere me- no apprezzato, è cosa degna della modernità. Si dissero in antico «alla Cardinale» quei piatti e talune salse le quali ol- t re a rappresentare un certo grado di i'afflnatezza, si rivestivano di co- lor rosso acceso, proprio come il pa- ludamento... dei Porporati. E ' un mo- do anche questo per portare in alto e onorare... se stessi od il proprio la- voro. Nella fattispecie — per dirla awoca t amen te — io non ho tanta ambizione per questa prosa; segno una corrente, divulgo una terminolo- gia. unanimemente accet tata, mi val- go della parola per bat tere come esi- ge la moda un po' di gran cassa in- torno al la cucina, che ne ha tanto di bisgono da noi ed altrove. Stabi l i to che una colorazione pa- venazza o giù di lì, una volta pene- t r a t a nel corpo della preparazione, o aoltanto fissata alla superficie di una Vivanda basti per acquistare il titolo di « al la Cardinale », ti pongo sott'oc- chio al la lettrice qualche particolare Che probabilmente l ' interesserà. Non è raro che in famigl ia possa- no restare le parti meno r icercate di usi vrosciutto, di una lingua assl- mistwiwi (le due estremi tà), nonché dei ritagli di salumeria; se ne fac- c ia una cernita, si tritino, magari mescolandole, e vi si unisca piccola quant i tà di pangrat tato nel quale si potrà all 'occasione stropicciare un pezzetto di barbabietola lessa o del suo succo concentrato; piccoli truc- chi di un'arte piccolina. Facc i amo ora il conto che abbiate trovato molto conveniente f are ac- quisto di cervelli, dal macellaio o da quel dell'agnello; sopprimetene l'epi- dermide e scottateli per un pò nel- l 'acqua sifcixtfl. »rJ.udi sgocciolateli e fateli insaporire in un tegamino con odori finemente tagliuzzati, burro e poco sugo di carne o di un pò di estratto, di cui nel numero preceden- t e ; un pò di vin bianco o marsala non di f arà male. Ben prosciugato il tutto, lasciate freddare, tagl iate a fett ine, avvolgetele in poca far ina poi nell'uovo sbattuto, infine nel mi- scuglio roseo. Fr iggete senza f ar co- lorire troppo, ciò che disperderebbe... l'onore della porpora. E se invece di cervelli si presen- tasse l 'occasione di aver fat to acqui- sto di una o mezza testina di vitello, e ve ne fossero rimaste le parti me- no tenere, come l 'orecchio ad es.; preparatevi prima un tri to di carne lessa e fatene un composto come per l'usuali polpette. Fa t e taglioli dell'o- rcchio, riempitene i vuoti col ripieno ora preparato, infarinat inà d'ogni parte, imupanatura e via nel padel- lino. Se volete completare il piatto secondo la definizione data, al rosso dell ' impanatura unite quello di una salsetta molto gustata dai buongu- stai; di pomodoro ben acceso con un tri t ino di basilico e d'aglio, senza soffriggere però, che non è da tutti gli stomachi, Si sa che il lesso è il meno che vuole andar giù; eppure se sapeste..., ma io non posso esporre al pubblico i trucchi del lesso. Non ci manche- rebbe al tro! Mi limiterò a dirvi di fare anche stavolta il solito prepa- rato delle polpette, soltanto che v'in- segnerò di cambiargli gusto; unen- dovi un piccolo soffritto di cipolla o di porro od anche un misto di tutti gli odori di cucina. Un giorno scri- verò sull 'arte di questi odori, per ora rimetto al vostro gusto la dose dei medesimi con la scel ta delle loro qualità e mescolanze. Eppoi se avete persone che ci tenete ad invitare, tracciate nella lista questo piatto: Animelle ripiene alla Cardinale. E ' l'orecchio di vitello ossia sbollentate al l ' incirca il lavoro dei cervelli e del- e animelle, poi cuocetele in umido, ed volta fredde dividetele in tante fet- tine sottili da potersi accoppiare; nel mezzo vi stenderete un cucchiaino del composto da polpettine, ben fatto, possibilmente passato per staccio in- sieme al la polpa di un paio dì acciu- ghe. Accoppiate le fettine, s' infarina- no, s' impanano e si friggono. Ricor- diamoci del famoso pangrat tato colo- rito in rosso col salume; qualora vi mancasse quest'espediente non turba- tevi; prendete della salsa di pomodo- ro e fatela ristringere a fuoco con un bel pezzetto di burro e olio, i qua- li grassi presto si separeranno, e vi serviranno mirabilmente per intin- gervi un momento le frittel l jne d'ani- melle, prosciugandole poi in un pa- dellino caldo. E ' sempre il lesso od altro avanzo di carne che fa le spese, ma vi ho i pure insegnato che una buona pata- ta lessa passata per staccio può au- mentare notevolmente, meglio del pa- ne tenuto in molle, qualsiasi ripieno. Con le animelle si manda in tavola un risotto, dei buoni piselli col pro- sciutto o senza, od altro contorno che vi gusti. Ma non si potrebbe credere a vi- vande dal titolo cardinalizio senza pensare a piatti di magro. Infat ti ec- covene qua uno che non manca di costituire quell 'attrattiva per cui van- no famosi i pranzi degli eminentissi- mi. Tuttociò, incredibile ma vero, in stile economicissimo. Si preparino alcune di quelle d i t - tat ine ben sottili che il classicismo chiamò panicelli, press'a poco in que- ste proporzioni: 100 gr. di far ina stem- perata con 4 uova, sale, presina di zucchero, odore di moscata e ci rca 2 bicchieri di buon lat te; in ultimo una cucchiaiata di pomodoro ristretto sul fuoco e passato per staccio fino. Fa- tele venir fredde, ben distese, che l'una sia distaccata dalla vicina. I l ri- pieno di questi rossi involucri sarà preferibilmente formato da piccoli crostacei od anche da grossi, o misti se vi sa dà l 'occasione; il pesce, per caso vi fose restato, avrà la sua par- te purché il ripieno sia tagliato a pic- colissimi quadrucci, qualche fungo fresco o conservato e rinvenuto nel- l 'acqua ci sta benissimo. Citando 1 orostacei viene in mente del loro gu- scio, che una massaia esperta farà suo prò. Di fat ti essi vanno pestati, poi si rosolino in cassar ' loia con poco burro, e quando saranno ben soffritti si bagneranno con acqua, ritirando il burro rosso che vi galleggia per far- ne la salsa sanguigna, benché in ori- gine fosse candida e si chiamasse be- sciamella. A questa unirete la dado- lata di pesciame coi funghi ed un'i- deina di peperoncino, sempre di quel rosso, ed insieme il sughetto di un quarto di limone. Procurate che il composto sia consistente per avvol- gerlo dentro i panicelli, dandogli for- ma rettangolars, e che ne risultino ben chiusi. A lavoro compiuto alli- neate le polpettine nella teglia e spol- verizzatele con formaggio imitazione Olanda, che farete in modo di farlo sciogliere a calore di forno o di stu- fa, con coperchio caldo o con quello strumento dai cuochi detto salaman- dra; in mancanza salamandrate con una paletta di ferro arroventata. Né tutto questo armeggìo inauisi- tpriale gastronomico vi met ta ì bri- vidi addosso; i fritti si aggirar./» in- torno ad elementi di trecento gra- di; è a queste temperature che si profilano i pranzi succulenti; gli osmazona esaltati dal culto- re della fisiologia del gusto a r a e-
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