LA CUCINA ITALIANA 1935

16 LA CUCINA ITALIANA 1° Agosto 1935-XIII Gvardatevi attorno: nelle mostre di tutti i fruttivendoli, nelle ceste di tutti i rivenditori di erbaggi, nel- le vetrine di tutte le trattorie (di quelle, almeno, che hanno la consue- tudine di esporre le più allettanti f ra le vivande disponibili) le pesche, ros- se, rosee, gialle, verdine, biancastre, cerulee, mettono note di colore vi- vaci, soavi, e vellutate, invitandovi. Questo è il momento in cui ogni persona di sani principi, di buon gu- sto, e di buon senso, si abbandona allá gioia di mangiare la maggior quantità di pesch e possibili: e di mangiarle come vànno mangiate, os- sia a morsi, e colla buccia e tutto. M' immagino che questa mia affer- mazione farà sussultare di sdegno quella elettissima dama che dirige, su questo giornale, con tanta com- petenza e finezza, la rubrica « Signo- rilità ». Ma, a costo di esser qualifi- cata per screanzatd e selvaggia, so- no pronta a giurare, anche davanti a un plotone d'esecuzione, che il mi- glior modo di mangiare una pesca è quello indicato da me. Non esclu- do che possano esistere altri metodi infinitamente più complicati, come sarebbe quello di prendere la pesca con la forchettina ad hoc, e tenerla dolce», ente sollevata in aria, o ap- poggiarla non meno soavemente con- tro il piatto- e intanto, col coltelli- no non meno ad hoc , lavorarne 'a J>olpa, tagliandola a spicchi o a fet- te dopo aver asportato la buccia. Ma, a parte il fatto che il più buo- La pesca è un frutto di origine an- tichissima. Nei più vecchi libri dei mandarini cinesi, nei documenti storici, che ri- salgono a 3000 e 4000 anni fa, si ha notizia del frutto delizioso (ori- ginario di Persia), a cui si attribui- scono virtù sorprendenti: basta pen- sare a quel che diceva, tanti e tanti secoli addietro, Chi-Nong-King, e cioè che la pesca yu eternizza la vita: dà insomma il dono dell'immortalità. Soltanto, bisogna mangiarla nell'atti- mo in cui la maturazione raggiunge la compiutezza succolenta e prezio- sa: un minuto dopo è troppo tardi... e l ' immortalità non c'è più. Ma, an- che ae mangiata in ritardo, la pesca yu pare che produca effetti mera- vigliosi: si muore lo stesso, ma si è preservati dalla corruzione post-mor- tem: la pesca agisco come un imbal- samatore provetto. In Egitto l'albero del pesco era consacrato al Dio del Silenzio. I sa- cerdoti (quelli con la barba, che han- no condannato a morte il povero Ra- damès, come tutti sanno) custodi gelosi dei misteri della religione, mi- nacciavano della pena del pesco co- lore che avessero violato i segreti del culto. Un mònito che è stato tratto dai papiri ormai racchiusi nel Museo del Louvre è « Non pronun- ziar mai il nome di Jao, sotto pena del pesco ». E la pena consisteva in un decotto di mandorle di pesco, che Gues fo è il momenti. no, generalmente, se ne va (perchè se ne vanno le vitamine colla buc- cia e se ne va il sugo con la inevita- bile spremitura), mettere a contatto con la carne cosi soave e così deli- cata della pesCa, una lama di coltel- lo, anche se col manico d'argento, mi sembra una profanazione. Cofnunque, una cosa è certa: che ora è il momento di mangiare le pe- sche, e di mangiarne parecchie. Nel Traité des plantes usuelles, del Dottor Roques, è ricordato l'episo- dio di quel giardiniere di Montreuil, c h e avendo inventato e ottenuta una pesca nuova, frutto di lunghe espe- rienze, e di parecchi incroci, volle farne omaggio a Luigi XVI I I: ma volle prima farla esaminare ad alcuni esperti, ai qual'. la pesca nuo- va fu fatta mangiare in 4 volte: la prima perchè fosse possibile apprez- zarne il sugo; la seconda, per la polpa; la terza, pei il profumo; 'a quarta, per l'insieme delle tre qua- lità che la pesca doveva avere — e che aveva — al massimo grado. Nel nostro magnifico Paese, le pe- sche raggiungono squisitezze mai so- gnate dalle altre regioni. E' per questo che, nonostante le barriere doganali, sempre più alte, e nonostante la concorrenza della Spagna della Palestina e della lon- tana California, le pesche italiane rappresentano sempre, sulle mense straniere più raffinate, il frutto più prelibato, più gradito e più diffuso.

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