LA CUCINA ITALIANA 1935

1° Agosto 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA 17 come e noto contengono l'acido prus- sico. Ec co perchè l'albero, da cui si estraeva il terribile fulminante ve- leno, veniva considerato come un simbolo del silenzio eterno. Anche alle donn e adultere, in Egit- to, venivano offerti i frutti del pe- sco: sempre limitatamente alle man- dorle. Anticamente, i decotti di fiori e di fogl ie di pesco venivano usati in me- dicina. Veramente Galeno, e la Scuola Sa- lernitana, non danno troppa impor- tanza alle virtù medicamentose dei fiori e delle foglie di pesco: tuttavia molte applicazioni sono state fatte, e di molte l'uso è eternato dalle pub- blicazioni scientifiche, soprattutto dei due ultimi secoli. Così, le mandorla di pesca, schiac- ciate nell'aceto, e applicate sulle chiazze dell'alopecia,, sono state ado- perate per far ricrescere i capelli; si dava il decotto di fiori di pesco nelle angine, nei disturbi intestinali, nella tosse convulsa: si applicavano le ce- neri dei noccioli dì pesca carboniz- zati, sulle piaghe cancerigne: si un- gevano le tempie di coloro che sof- frivano di male di testa, con l'olio estratto, mediante pressione, dalle mandorle del pesco. Secondo Dioscoride, in caso di diar- rea bisogna usare un decotto di pe- sche secche; secondo Van Swieten, invece, si può curare l'ostruzione in- testinale, e l ' ingorgo di fegato con un decotto di pesche e di orzo: le pesche debBono essere disfatte, a forza di bollire, ne' decotto d'orzo- Lucullo — testimone di una auto- rità insuperabile — sostituiva, d'ago- sto, alle ostriche le pesche, come principi di tavola, perchè diceva che la pesca provoca l'appetito come il migliore degli aperitivi (che allora, fortunatamente per i romani, non usavano, almeno come li adoperia- mo noi). In un vecchio libro di medicina popolare, trovo che all 'Accademia me- dica di Bruxelles, nel 1783, è stato coronato un lavoro di Burtin, che riferiva sugli effetti febbrifughi del- le foglie di pesco. E contro la feb- bre consigliano le foglie di pesco in infusione Amatus Lusitanus, Ville- met, Cronseille ( Giornale di Chimica Medica). Dower raccomandava lo stesso decotto per la gotta. A voler seguitare, i fiori e le f o- glie dei pesco guarirebbero i vomiti incoercibili, le malattie delle vie uri- narie, quelle di carattere ginecologi- co, i vermi intestinali, l'insonnia, la idropisia e perfino la malinconia. Le dosi, suppergiù, sarebbero sem- pre le stesse: da 15 a 30 grammi di fiori, o di foglie, di pesco, in 500 grammi d'acqua o di latte. E per il siroppo 8 grammi di fo- glie, 12 grammi d'acqua bollente, 8 grammi di zucchero: da prendersi a cucchiaini. Ma, finita questa scorribanda nel campo delle applicazioni mediche del- la pesca e dei suo* fiori, torniamo... a tavola. Da noi, ci sono infinite qualità di pesche: che sarebbero tutte insupe- rabilmente buone, se i frutticultori non avessero l'abitudine di forzarne la maturazione, di affrettarla, cioè, ciò che procura talvolta al mercato pesche primaticce voluminose ma in- sipide. Molti amano la pesca cotogna, gial- la e carnosa, messa, a fette, in un bicchiere di buon vino, possibilmente dolce. Altri preferisce aspergere la polpa delle pesche di zucchero. Vi è chi, avendo a disposizione pesche sciroppate, e panna di latte ( chan- J tilly) prepara le pesche à la Melba, così dette perchè furono inventate in onore della celebre cantante, una sera in cui essa, a Parigi, ritornava da uno dei consueti suoi trionfi al- l'Opera. Molti ancora amano la pe- sca in marmellata, sola o mista a polpa di albicocche. Altri adopra la pesca en macedoine, tagliata a fette con altre frutta, e condita 'con zuc- chero e maraschino, o spumante. Per me, donna economa, di gusti sem- plici e sani, il più bel mangiare è una pesca matura, sugosa, saporosa, fragrante, da mangiarsi-., come ho detto, e come non ripeto, per paura di passare da selvaggia. NINA Proprietà sconosciute di un dolcissimo al imento Lo zucocher coem meadicin Eppure bisognerà che anche il profano, l'uomo della strada per intenderci, si de- cida a prenderne atto, oggi che la mo- derna scienza di Esculapio comincia a ri- cettare anche lo zucchero, e lo prescrive a mortificazione degli scettici e a confor- to dei malati golosi e buongustai, dopo incontrovertibili esperienze- « in vitro », cioè in laboratorio,- e « in corpore vili », cioè sull'individuo, tanto per usare un ri- guardoso eufemismo verso il paziente. E' davvero mirabile quello che avviene nel nostro organismo. Un ciclo in cui la sostanza organica che costituisce gli ali- menti viene, da una grande complessità molecolare, scissa nelle sostanze più sem- plici, talora elementari, perchè siano as- similate. Un lavoro a ritroso, di riforma- zione e ricostruzione, in virtù del quale l'alimento ritorna materia viva come lin- fa, plasma, cellula, tessuto, a formare il nostro corpo e a fornirgli energia. Così lo zucchero comune, introdotto nel- l'organismo. non viene assorbito come ta- le ma subisce una trasformazione rapi- dissima, scindendosi in due zuccheri più semplici — il fruttasio e il glucosio — per mezzo dei fermenti fabbricati dallo stesso intestino. Anzi, tale digestione è tanto più rapida quanto più l'individuo è abituato al saccarosio, perchè — vigile e provvida natura — l'intestino fabbrica i fermenti necessari a seconda della ri- chiesta. Nè più nè meno come in certe canalizzazioni urbane dove, se aumenta il carico, un congegno automatico aumenta l'erogazione del gas agli utenti. In pratica e nella fattispecie, chi è as- suefatto a mangiar dolci li digerirà più prontamente, perchè il suo... laboratorio privato ha già apprestato i mezzi per smaltirli. In parole povere, non vi è li- mitazione al consumo del saccarosio e dei dolci, per i quali potrebbe anche va- lere il paradosso che li digerisce male solo chi ne mangia pochi. Morale: con- dannare ogni mortificazione della gola in questo campo e ricordare che, a essere parchi, si rischia una buona indigestione. Ancora un particolare di dolce gastro- nomia applicata. L'abitudine di mescola- re zucchero ai vari pandolci panforti pan- speziali pangialli pandori panpepati pa- nettoni (e il lettore può continuare) li rende più commestibili ed efficaci. Esso rappresenta l'alimento immediato che dà subito all'organismo le calorie necessarie all'avviamento; l'amido è il combustibile successivo, che viene digerito più lenta- mente. Ma non basta. Come in una ricetta clas- sica con base, coadiuvante, eccipiente, correttivo, questo zucchero, che nel caso precedente era solo « coadiuvante », può diventare in altre composizioni tutto il resto. Intanto, anche in dosi ripetute e cospi- cue, non dà luogo a fenomeni di sazietà, repulsione, idiosincrasia. Anzi compare a questo punto la sua virtù blandamente ma efficacemente lassativa di gradevolis- simo purgante. Purgante in tono minore, si potrebbe dire, come s-i osserva nel ca- so delle marmellate, del cioccolato e delle caramelle, l'efficacia di tutti i quali — sotto la specie di... medicina e quindi a somministrazioni frequenti — si deve più allo zucchero che vi fa la parte del leo- ne (come soluzione concentrata nelle mar» meliate; corno amalgama nel cioccolato, con il cacao al posto del mercurio e l'al- tro del metallo nobile; come despota nel. le caramelle), anziché ai vari principi! vegetali. Se mai, le due azioni si com- pletano. Quindi lo zucchero non soltanto non nuoce — come di non nuocere è l'aureo ammonimento di Galeno ai suoi colleghi •— ma giova, cura, sana. Fin qui si è accennato alle proprietà generali che esso esplica in compagnia di altri alimenti. Ma ha anche delle azioni specifiche, importantissime in molti casi di alimentazione obbligata e di regime Così rende tollerabile il giallo d'uovo,' che in determinati organismi provoca di- sturbi gastro-intestinali e nei sofferenti di fegato può determinare la colica epa- tica. E' efficacissimo nei vari casi di or- ticaria o intolleranza provocati da pesce, salumi, fragole, aspirina. Riesce benefico nella cura della ipercloridria, che si ma- nifesta con intensi dolori e bruciori dopo i pasti, perchè neutralizza o almeno dimi- nuisce la secrezione cloridrica. Proprietà che indirettamente può costituire un me- todo di cura per l'ulcera gastrica, il cui meccanismo morboso sarebbe strettamen- te connesso a questo eccesso di acidità dello stomaco. E anche nella cura del dia- bete con l'insulina, che non sarebbe pos- sibile nei casi di insufficienza cardiaca, lo zucchero, carbone dei muscoli, è l'a- gente dinamogeno essenziale del cuore, muscolo insonne senza mai pace che non sia quella eterna. Lo sorregge, insieme ali organismo, nella lotta contro il male; e scevro di qualsiasi pericolo e controin- dicazione, colma il dispendio di energia, modera il calore dei tessuti. L'ideale sarebbe di poter sempre inge- rire zollette per polverine, caramelle per compresse, cioccolato per lassativi, rifor- nendosi senza ricette dal droghiere d'an- golo o dal più vicino dolciere. Ma tutto, affediddio, non si può pretendere dallo zucchero. E poi cosa sarebbe allora dei medici e dei farmacisti? Comunque, con tante medicine che ogni giorno vi largisce l'alta chimica organi- ca, poter ricorrere qualche volta ad un» schietto medicamento della natura è una soddisfazione se non altro... dolcissima. B. SALADINI DI ROVETINO

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