LA CUCINA ITALIANA 1935
I o Agosto 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA 23 IL PONTEEFIC DLE TEOMPI DI PANTALGRUE "Pftr 1111 Tni^Qyinlrt «rt-, ...3 — Per un m raco o non vado ad infila- re il cofano della mia lucente Alfa in una vetrina. Ma che farci? Bah! Sono emozionato quest'oggi fortemente emo- zionato, e sono in ritardo. Ho ottenuto un invito a pranzo, niente di meno che dal Gr. Uff. N. H. conte Giananselmo B. Non ve ne meraviglia- te? Eppure è così Non è cosa facile sa- pete un invito da parte sua? Egli che non invita mai nessuno. Il Conte mi riceve nel suo studio, e molto amabilmente mi invita a fare una visita nelle sue cucine, prima di pranzo. — Sarà un aperitivo potente, — mi dichiara. — Meglio di qualunque esotico cocktail. Acconsento di buon grado ed assenti- sco cortese. Un pieccolo ascensore ci porta nei sot- terranei della villa del Conte ove £ ni sto il Tempio di Pantagruel. • Così ven- gono chiamati dal Conte, i locali ove si ammaniscono i più saporiti manicaretti della città. L'ingresso è quanto mai maestoso: in marmo verde e vetri a colori rappresen- tanti scene dì caccia e di pesca. Una meraviglia, ed un gioiello di buon gusto ed arte. Sopra la porta una dicitura lucente: « Oh, tu che sei profano, non tentar sve- lar l'arcano ». Il mio ospite mi sussur- ra un nome. Sono parole di un grande poeta. Non c'è di che. Il momento è quanto mai emozionan- te. Alla leggera pressione della mano del Conte sopra un piccolo bottone, le porte sì spalancano e... Un grandioso salone di forse duecento metri quadrati. Nel mezzo un'enorme cu- cina economica ed intorno ad essa una dozzina di uomini in berretto e giubba bianca, rimestano con forchette, mestoli cucchiai, in casseruole, padelle, padelli- ni, terrini, pignatte, tegami. Altri cuo- chi, sono intenti a tritare; altri intorno ed un enorme camino fanno girare una schidoniata di uccelli, su di una fiam- mata di ginepri, lauri, erbe aromatiche, altri ancora frullano, sbattono, plasmano decorano piatti. Imponente come un sacerdote assiro seduto su di una ampia sedia il capo cuoco dà disposizioni ed assaggia le sal- se che vari subordinati man mano gli presentano. Al nostro entrare, nessuno fa un ge- sto fuori <|i ciò che deve fare. Così è 1 ordine. Il Conte mi guarda sorridendo interro- gativo. Io rispondo guardandolo inebetito e stupito. — Sono venticinque cuochi, — mi dice il gentiluomo. — Il mestolo, la forchet- ta ed il coltello, sono la loro penna; i tegami, le padelle, la carta su cui scri- vono sentenze di saggezza millenaria, a- forismi di rettitudine e fiabe e racconti meravigliosi. Alle pareti sono appese intere batte- rie di casseruole di rame, rastrelliere con piatti di tutte le forme, e dove lo spazio è libero corrono dipinti in svo- lazzi sul muro, i motti dei più celebri cuochi. Accanto ad un'ampia finestra che dà sul giardino, vi è una libreria gire- vole, zeppa di libri che parlano di tutte le cucine. Dall'epoca della pietra, all'E- giziana, alla Greca e su su sino ai gior- ni nostri. Cucina per cucina, regione per regione, nazione per nazione. Il Conte mi spiega che ha dovuto far compilare questi libri appositamente da diversi studiosi. Un altro scaffale contie- ne forme svariatissime per budini, dol- ci, pasticci. Anche questi, sono stati fat- ti appositamente da cesellatori, orafi, ar- tisti di grido. Dei veri capolavori d'arte. Non ho nemmeno la forza di aprire la bocca per la meraviglia. Più in là una piscina divisa a vari scom- partimenti, ove guizzano pesci di tutte le qualità. Mediante un processo specia- le, anche i pesci di mare possono nuotarvi tranquillamente. — Che ve ne pare? — mi chiede il Conte. — Vedete? Solo il pennello redi- vivo di Giovanni ed Uberto Van Dick potrebbe riprodurre sulla tela la poesia di tutto ciò. Questa fantasmagoria di co- lori! Gialli sopra i gialli, rossi di tutte le gradazioni, dai rosa più tenue al vio- letto più cupo; e verdi... Verde pastel- lo, verde veronese, verde Nilo. E gli azzurri? Guardate quelle orate, che stria- ture di azzurro. Solo l'azzurro del pro- fondo dei mari, può gareggiare con questo. E paria e parla e parla, entusiasman- dosi, accendendosi, commovendosi. — E poi quale musica! Socchiudete vi prego un attimo gli occhi ed ascoltate. Socchiudo gli occhi ed ascolto. Sono tempi di fox tenui minuetti settecente- schi, sarabande, languidi tanghi argenti- ni, czarde, furlane, che zirlano, friggo- ™°<,\, bo Ì 1 'Ì 0 i n t u t t i 3 u e i recipienti, rit- mai dallo scoppiettio della legna nel camino e nei fornelli. Ho l'anima estasiata. Che sia sugge- stione? Non so, non so, ma nemmeno Chopin, nemmeno Bellini mi hanno data tanta commozione. i«n» ™Ì™° f p l t e m i a f f e r r a P i an P^no lumin™s£ " " a c c e n n a ad una scritta Oh, ma questo è troppo. E' la minuta del pranzo. Dio mio quante cose! E che nomi sapienti. e * * * s ala, l'uno di faccia all'al- vito a t t e n a i a m o c h e 11 p r a n z o v enga ser- Un colpo di gong. In livera paonazza, entrano due rfn mestici. Portano un vassoio per ciascu- U1U ?' u ? ° stupendo capolavoro d<3- 1 arte cucinaria, nell'altro ùna modesta tazzmetta con un passatine di piselli ove galleggiano quattro crostini, che viene Z- sta dinnanzi al Conte. P Sguardo di meraviglia da nart» sospiro ed abbassamelo® di o c « za a brodò v e g e t i ' * T o ì ^ LT u T t^ alla sera. giando peHue.' Cl le i s o l a no man- Marius Miniati Abbonate, e gentili lettrici, vi piace la Cucina Italiana ? Trovate che è il giornale più va- no , più interessante e più economico per una signora? Ebbene: procurateci nuove amiche e muove abbonate! L. 5 30 PER UN ANNO
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