LA CUCINA ITALIANA 1935
1 gennaio 1935-XHI LA CUCINA ITALIANA 23 COS T I T U I S CONO UH P : ATTO DI G U S T O SO NU T R I CN TC £ f t N I &S IMO P C S C C ( S O L A P O L P A ) G I À C ON D I TO C ON P U R O O L IO | D'OL IVA € PRONTO . J £ £R £ S S £ R £ S E R V I TO ;j IN TAVOLA % I ' ' ( A D. TOHNfiR£ FLORIO ROMA - VIA D t P R C T I / , 4 . 5 - A - Papà gridava ch'eravamo tre paz- ze, ma mia madre ed io dividemmo la spremuta. Non avendola zucchera- ta ci sentimmo la gola bruciata e tossimmo tutta la notte. * • * Dopo quindici giorni di sacrifici e di cura ci pesammo. La mamma era scesa da novanta ad ottantasette, io ero sempre a settantanove. — Prova ad aumentare il numero delle spremute di limone — suggerì Lula. Feci venire tre casse di agrumi. Papà rideva di noi e continuava a mangiare come sempre, ad esaere ro- seo e di ottimo TTHioie; la cuoca fa- ceva delle novene perchè noi rinsa- vissimo, la mamma era diventata pallida ed appassita. Però dimagra- va, mentre io perseveravo nel mio peso ed ero guardata con orrore, co- me un fenomeno... • » » Un mese dopo iniziata la cura, ven- ne a trovarci il nostro vecchio medi- co di Sgurgola, nel cui capace seno versai i miei affanni; egli disse che i nostri temperamenti erano uricemici, disposti all'arteriosclerosi e che a- vrebbero trovato giovamento da una certa magrezza. Si mostrò meravi- gliato che io fosse dimagrita di poco, ma aggiunse:; — Forse diminuirai di un colpo. • • • Perseverai altri quindici giorni con una diminuzione ridicola e decisi di chiedere consiglio ad uno specialista di magrezza: la primavera s'avanza- va con i suoi vestiti leggeri, che a- vrebbero maggiormente denunziato lo scandalo delle mie forme. Lula, in- tanto, s'era stabilita a casa nostra e flirtava con un certo ingegnere per cui avevo simpatia, ma che preferi- va le magre. • » * Alla porta dello specialista dovetti pagare cento lire anticipate. L'illustre professore — magro co- me un'aringa — udì, notò, rise. — E' ben naturale che ella non di- magri: ella è — al pari del suo signor padre qui presente — uricemica. Il limone che prende in così grande quantità, le scioglie l'acido, le purifi- ca il sangue e la nutre (dirò così) anche con minimo cibo. Unisca al- l'ottimo regime che mi ha descritto tri* litri giornalieri di tè bollente. Torni fra un mese. Papà si spaventò all'idea d'essere uricemico, congedò la Sofia con una lauta pensione^., che non bastò a consolarla, e prese una magra in- glese, diplomata nell'arte di cucinare per gli obesi, e ciò mentre Lula si fidanzava con l'ingegnere. • * • Tornai puntuale dallo specialista, che mi trovò diminuita di gram- mi 975. — Poco, ma s'incomincia. Sopprima tutte le bevande. Soppressi tutte le bevande. Soffersi le torture della sete; tornai dal pro- fessore. — Solo 625 grammi — borbottò. — Provi a stare molto in piedi. Stetti in piedi. — Pr ovi a c ammi na re molto. .. Consumai s carpe su scarpe g i rando i sette col l i. Mi s tancavo, ma perse- veravo. La mamma s ' era sagg i amente f e r- mata ai 65 chi l i, era t ornata f r e s ca e bel la, avendo r idot ta rag i onevo lmen- te la cura. An c he papà era elegante, snello. .. Pe r c hè io, figlia di l oro due, non r ius c i vo a imi tar l i? Fe c i un v o t o a San Fr anc e s c o, pen- sando che era il santo più pel le ed ossa del la cristianità. .. ed aspettai fi- duc iosa, c on t emp l ando le quat t ro os- sa di Lu la e la sua fe l i c i tà c on l ' inge- gnere col f a s c i no £el f ru t to proibi to. • * * Ad un tratto, il mi o peso prec ipi tò, crol lò. In t re mesi diminuii di di- eitssette chi l i. Ri c eve t ti dei c omp l i- ment i, ebbi grandi successi .- Pe r s i no il f idanzato di Lula mi sussurrò, do- po aver bal lato c on me una sera: — Oh, se f o s se d imagr i ta p r ima! Lo spec ial ista mi permi se di man- giare no rma lmen t e; papà f e c e torna- re la nos t ra c u o ca Sof ia — che pianse di do l ore nel r i vedermi s t remenz i ta — e che ve r sò ogni g i o rno fiumi di la- cr ime, vedendo che r i f iutavo ogni c i- bo. Il mi o s t omaco, abi tuato al di- giuno, non po t eva più s oppo r t i » ne. Caddi malata, ebbi degli sven iment i; dovet ti passare sei mesi in un aria- tor io del l 'Al to Adi ge, cand i da ta alla tubercolosi . .. Stetti t re mesi a ••tto, e guadagnai t re chili. Andai al Cai- ro, dove uno spec ial i sta — med i ante dieci mi la l ire — mi pr omi se di ri- po r t armi ai settanta, e vo l le che po r- tassi laggiù la cuoca, al la cui cuc i na era stata abi tuata. Sof ia volò, fe l i ce. Lo special ista, med i ante 500 l ire di supp l emento si d e gnò di dettar le la dist inta dei « mi ei » cibi. I o assistetti al la seduta: Eg l i i nc omne iò g r ave: Luned ì, b r odo di c appone c on crost i- ni, zampone c on purée di patate e di lent i cchie, tordi c on p o l e n t a- Sof ia ge t tò un gr i do di gioia. Era la sua dist inta del lunedì ! . .. • * * Ri cupe r ai a stento, in due anni, dieci chi li e fui chiesta in i sposa da un cap i tano di fanter ia. Ac ce t ta i. Una sera andai c on lui a teatro, in un pa l co mo l to in vista. Av e vo una toelette scol lat issima, di gran moda. Ad un trat to udii una v o ce che veni- va dal l ogg i one, vidi un ragazzot to che s ' af facc i ava, s egnava col di to il nos t ro pa l co e r ideva e s c l amando: — Oh, l ' ossar io del f ant e! Compresi che il f ante era il capi- tano e che 1'« ossar io » ero io... Vidi che egli si ve rgognava, gli restituii la sua parola. .. e v i vo ma g ra c ome un chi odo, sola e triste, ment re — oh i ronia! — la moda è per le bel le don- ne grasse! n, « * La mia cuo ca p i ange ogni g i o rno sui succolenti piatti che t o rnano qua- si intatti in cuc i na e sulla mia pas- sata f loridezza. . .. MARIA TERESA DI SORTENNA
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