LA CUCINA ITALIANA 1935

6 LA CUCINA ITALIANA I o Settembre 1935-XIII Consigli a Rosetta Chiacchierata di massaie Oggi Rosetta ha fatto la pastasciut- ta salata: piccolo, seccante... infortu- nio del quale hanno beneficiato due bianche pollastre meditanti, dietro la rete metallica d'un gabbioncino, il savio proponimento di cominciare a far l'uovo. Ed ora, al rezzo della mia pergola carica d'uva moscatella. Rosetta sfo- ga con me il suo disappunto di cuoca ed il suo rammarico di massaia eco- noma ed assennata. — Peccato! — dice. — Una pasta- sciutta così ben condita! Avevo fat- to una salsa coi flocchi: densa, deli- cata, abbondante!... Credo di aver sa- lato due volte la pentola. — Davvero? — Eh, si' «— Come mal? — E' stata una mattinatacela. E' venuta tanta gente. Seccatori di tut- te le specie. Sa come succede, a vol- te? Si perde tempo, ci si divaga; e così si fanno ded malanni. — E' vero. In cucina, mi pare d'a- verglielo già detto, ogni disattenzio- ne ha una conseguenza immediata. Rosetta sospira: — Non le è mal capitato di salare una pietanza due volte? Sto un momento soprapensiero: — Sì... Ma tanto tempo fa: ossia in quel periodo di tirocinio durante il quale mia suocera, storcendo la bocca, metteva in dubbio la mia at- titudine alla cucina. Poi l'esperienza m'ha reso guardinga: ed ora è un pezzo ohe in casa mia non si lamen- tano eccessi come quello ohe l'ai- con quanto Impegno mi sia dedicata alla cucina. Non mi manca la buona volontà nè il desiderio d'imparare a far meglio, sempre meglio. Ma ho già capito che non è una impresa molto facile stare, con una certa di- gnità, attorno ai fornelli I - Ah, no davvero! E specialmente per chi ha un senso troppo comples- so della propria responsabilità. Ma non bisogna sgomentarsi. Si fa quel- lo ohe si può e si cerca di abituare le persone di famiglia a non essere troppo esigenti. E poi, si consoli. Ro- setta. Il nostro compito di donne da casa, nei riguardi della cucina, va facendosi di giorno in giorno più agevole. Il fruttarismo e il crudismo, la cui diffusione è auspicata dagli scienziati di tutto il mondo, ci vengo- no in aiuto. I fisiologi più eminenti ci esortano a non dimenticare d'in- cludere giornalmente nei pasti un certo quantitativo dì elementi crudi, per rendere l'aliimentazione della fa- miglia più razionale ed integrale. Ve- de. Una mia congiunta, di ritorno dalla Francia, ma ha detto ohe a Pa- E come si regola? Assaggia molto? — Ah, no: solo quando non posso farne a meno. Ho una vera e propria avversione per i... collaudi gastrono- mici ohe a certe massaie vanno tanto a genio. — Io sono una di quelle — dice, pronta, Rosetta. — Mi piace... col- laudare, anche ripetutamente, le mi- nestre e gl'intingoli. Stamani l'avevo assaggiata due volte, quella bella sal- eina guarnita dd rigaglie di pollo. Era cosi buona, che mi pareva già di sentire gli elogi di mio marito Invece... — Non ci pensi più — le dico, ve- dendola tutta contrita. — Ormai è acqua passata. Stia attenta, però, al- la recidiva. Non bis >n idem — sog- giungo per dare al monito, con qual- che parola latina, un più fatidico si- gniflcato. — Lei sa — riprende- Rosetta LAVAAND ARSY F R E S CA D E L I Z I O SA LIA M I G L I O RE R A C C H I U DE I L P ROFUMO D E L LA P R I M A V E RA FLACONE DI PROPAGANDA di grandezza doppia a l la presente figura si spedisce f r anco di porto cont ro l ' inv io di L. a in i rancobo l ll a l l a Concess ionar ia: SS. A . A R C H I F A R Via Trivulzio, 18 - MILANO rigi, in butti 1 ristoranti, il pomodo- ro crudo viene invariabilmente ser- vito come antipasto. Crostini e cana- pè — piccoli prodigi di raffinatezza gastronomica, fanno largo, ovunque, all'umile frutto acidetto, dissolvente, diuretico, rinfrescante, digestivo e prodigiosamente vitaminoso. E questo non è che un esempio. Nella cucina odierna tutto, fortunatamente si sem- plifica. Guardi le ricette. Prima era- no tanto complicate ed astruse che la lettura di un manuale gastronomi- co era noiosa ed opprimente. Ora in- vece, i cuochi dettano formule chiare, sintetiche e di facile esecuzione. Si cerca di dare all'arte culinaria un indirizzo atto a portarla all'estremo Nessuno può adoperare 1¡ nome (CALMINE* che è di esclusiva proprietà della Ditta Achille Brioschi & C M i l a n O . Ant.Pref.Milano 1987° del +-4.M-XIII limite della semplicità. Si dice: fac- ciamo, sì, una buona cucina: ma cer- chiamo di rendere le pietanze più leg- gere e digeribili ohe sia possibile ed anche meno costose. Igiene ed econo- mia, in perfetto accordo, presiedono a qualunque tavola. Rosetta, che è intenta a ricamare un amore di carnicina per il pupo, al- za gli occhi dal lavoro. — Anche a quelle dell'alta borghe- sia? — Sicuro. Per il solito di che cosa, si compone il pranzo nelle case bor- ghesi? Di una minestra, di un piatto leggero, un piatto di carne, dolce e frutta. E basta. Ed i grandi pranzi ufficiali, dove li lascia in fatto di semplicità? La minuta comprende un numero limitatissimo di portate. Che cosa direbbero, Rosetta, dì questa moderna parsimonia i magnifici si- gnori ohe. nei secoli d'oro, spendeva- no somme favolose per offrire ai loro invitati sfarzosi conviti pantagrueli- ci? Si narra che ad un pranzo dato nel 1574 da un Doge di Venezia, in onore di un re di Polonia, furono servite più di mille pietanze. Possibile? — O come facevano le belle dame ed i cavalieri a mangiare tutta quel- la roba? Il loro stomaco era diverso dal nostro? — Chissà! Una cosa è certa, però. Essi non avevano la fretta ohe ab- biamo noi: e la tavola costituiva per loro un piacevole passatempo. Pensi come si viveva in quei tempi! lon- tani!... Nè telefono, nè cinematograr fo, nè radio. — Ne automobili... — ... nè aeroplani. Se il ritmo della nostra vita, già così attiva, dovesse accelerarsi ancora, saremmo per for- za costretti a cercare nel naturismo l'unico sistema possibile di vita. Ci ciberemo di radici, di finocchi, di se- dani... — E di grappoli d'uva! — dice Ro* setta, volgendo alla mia uva mosca- tella un languido sguardo desideroso. Colgo uno del grappoli più maturi e glielo porgo. La cara golosa lo pi- lucca così in fretta che in un battei d'occhio spoglia il raspo. Colgo un secondo grappolo: — Ecco, — le dico — questo lo pilucchi per conto del pupo. Mi sorride: ha negli occhi una luce di dolcezza. FRIDA i

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