LA CUCINA ITALIANA 1935

1. Ottobre 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA 10 tra regola da osservare è di fare sco- gliere lo zucchero, riducendolo a scirop- po col sistema già insegnato, prima di unirlo con la polpa della frutta passa- ta per staccio. La densità dello sciroppo, ossia la quantità dello zucchero, può variare secando la qualità della frutta. Se questa è acida, a detta di molti, ne richiede una dose maggiore. Io, però mi sono trovata semprt- ben e uguagliali do il peso dello zucchero con quello del- la frutta. La cottura ha una grande importanza Se non arriva ad un dato grado, la mar- mellata fermenta: se l'oltrepassa, 'a frutta perde- il aroma e il-compo- sto si cristallizza. Sorvegliarla dunque con attenzione e regolatisi nfel modo che sarà indicato nella gelatina d'uva. Du- rante la bollitura schiumare spesso, co- me si schiuma la pentola, perchè la marmellata riesca più limpida. MARMELLATA DI FICHI Scegliere fichi sani e non troppo sfat- ti, sbucciarli, forarli con uno spillone, immergerli per qualche secondo nell'ac- qua bollente, rovesciarli in uno staccio, lasciarli scolare ed infine pesarli. Con una quantità di zucchero eguale al loro peso, oppure un poco inferiore ad esso, preparare uno sciroppo, facen- do prima sciogliere nell'acqua e poi bol- lire lo zucchero. Questo deve essere nella proporzione di 750 gr. ogni 500 gr. d'acqua. Mettere uno per volta i fichi nalla casseruola dove c'è lo sciroppo, farli bollire a fuoco piuttosto tnodeiato, mescolando di frequente, fino a che la marmellata non sia densa a sufficienza. Lasciarla freddare, poi sistemarla m vasetti di vetro risciacquati con 1 alcool, ricoprirla con dischi di carta bianca, bagnati anch'essi con l'alcool, poi chiu- dere i vasetti col loro tappo. Si consiglia di aggiungere alla mar- mellata, mentre bolle, qualche pezzetti- no di scorza di limone, e una piccola quantità di cannella in polvere. Benin- teso se questo aroma riesce gradito. GELATINA D'UVA Con l'uva, che ha il succo molto liqui- do, non si può fare che una gelatina : ma la differenza tra questa e la marmellata è poca. La gelatina può essere prepa- rata con lo zucchero o senza. _ L'uva più adatta è quella bianca. Si lavano bene i grappoli, e si spogliano dei chicchi. Questi si mettono in una casseruola di terraglia, si pigiano un pòco, si fanno bollire per qualche mi- nuto e si passano per staccio. Ber fare la gelatina con lo zucchero, si raccoglie il succo dell'uva passata per staccio in una casseruola di terraglia, che sarà stata pesata vuota. Si ripesa piena, vi si rggiunge 1 Kg. di zucchero ogni Kg. di succo (ma e il caso 01 fare lo sciroppo, perchè acqua ce n e abbastanza) c si mette al fuoco, giran do di frequente coi mestolo per far scio- gliere lo zucchero. La bollitura, durante la quale si dovrà schiumare spesso e diligenteinnte, proseguirà fino a che, lasciando cadere una goccia del compo- sto sopra un piatto, non la vedremo n manervi densa e rotonda. Mentre la ge- latina bolle vi si aggiungerà i! succo di un limone o due, secondo la quan- tità di essa. _ Per preparare una gelatina senza zuc- chero, mettere a cuocere a fuoco_ mode rato sempre in una casseruola di terra glia, il succo dell'uva oassata r>er stac- cio.' Siccome dalla bollitura dipenda 1» buona riuscita della gelatina, è npcespri- rio che questa bolla a lun^o, ossia dalle due alle tre «re durante le quali si do- vrà girare molto spesso col mestolo per impedire che si attacchi. A indicare il giusto grado di cottura servirà l'espe- rimento della goccia che si a-'densa sul piatto. E badare di non far cuocere troppo; chè, Se cosi fosse, la gelatina prenderebbe un cattivo sapore. In qualunque modo sia fatta, la gela tina si sistema nei vasi di vetro come tutte le altre marmellate, e si ricuopre con dischi di carta imbevuti d'alcool. Signor Quaranta Vincenzo - Grotlaglie — I fichi d'India si conservano per es- siccazione, come per i fichi nostrani. Se ne può fare anche la marmellata, che riesce, però, piuttosto insipida, trat- tandosi di irutti privi, o quasi, di pro- fumo. PER CONSERVARE L'UVA FRESCA Ci sono vari sistemi per conservare l'uva fresca per un periodo di tempo più o meno lungo: ma per tutti è ne- cessario che essa venga colta a giusta maturità e a tempo asciutto, e che s ' a sana e coi grani intatti. Un solo grano guasto o infranto corromperebbe tutti gli altri. Il sistema più comune è di appendere 1" grappoli, col picciolo in basso, a fili di ferro o cordicelle tesi in un locale adatto, preferibilmente un granaio. Tu tal modo i chicchi vengono meno a con- tatto fra loro e si conservano più facil- mente. C'è poi chi dispone l'uva a strati in cassette o barili, separando un 0 strato dall'altro con pula di riso o crusca sec- cate in forno. Ma il resultato non è troppo sicuro. Trattandosi di una piccola quantità d'uva, sì può seguire il sistema seguen- te grazie al quale si potrà avere alla fine dell'inverno uva fresca come se fosse levata allora dalla vite. Cogliere grappoli bellissimi e bene asciutti lasciandovi attaccato un pezzo di tralcio, — circa quindici centimetri — e subito introdurre l'estremità infe- riore del tralcio in un vaso in cui sarà stata messa una cucchiaiata di polvere e qualche pezzo di carbone vegetale. La estremità superiore si coprirà di catrame 0 di cera. Sn può anche introdurre il talcio nel collo di una bottiglia usuale piena d'acatia, mischiata con polvere di carbone. Perchè l'uva si conservi bene, 1 vasi o le bottiglie dovranno essere messi in una stanza con la finestra vol- ta a settentrione, dove il termometro non segni mai più di 10 0 n gradi e l'igrometro resti tra i 60° e i 7,2°- Se l'umidità oltrepassasse i 75°, bisogne- rebbe mettere nella stanza una certa quantità di calce cotta, che è un assor- bente dell'umidità, e che dovrebbe es- sere rinnovata due volte al mese. E, sopratutto, è necessario sorvegliare mol- to spesso i grappoli per esser pronti a tagliare delicatamente con le forbici 1 grani che tendessero, a guastarsi. Se qualche volta nella stanza ci fosse odo- re di muffa affrettarsi a bruciarvi un poco di zolfo. Sostituire, via via, con altra acqu* quella evaporata e magari rinnovarla, aggiungendovi la solita dose di polvere; 0 di pezzi di carbone. Signor Francesco Bullosi - Urbisagttn — Veramente non mi consta che pei conservare l'uva si usi, in famiglia, la sostanza di cui lei parla. Per la con- servazione dell'uva lesrsra l i risposta da me data al signor Vincenzo Quaranta. T sistemi che ho indicati a ouell'ab- bonato sono i più pratici ^ più sicuri Quanto alla conservazione degli erba™"-!' ho già dato a proposito vari suggerì- meni ai lettori dell'A. B. C. Non sono molti gli erbaggi da conservarsi col si- stema Appert, ossia in bottiglie sigilla* te e sterilizzate a «b agno-maria ». Mol- tissimi invece sarebbero quelli da con- servarsi in scatole saldate : ma quello è un sistema riservato all'industria e non alle massaie. Sul modo di conservare peperoncini e cipolline sott'aceto ho già parlato ab- bastanza e ie stesse indicazioni possono servirle per i cocomerini e d i cetriolini. CONSUMATO Ansiosa di sapere — Quante cose buo- ne e care ha scritto nella sua lettera! Gr-izi e del suo cosciente attaccamen- to alla Cucina. Consumato — La base del consumato o brodo ristretto, è un brodo comune, limpido, e perciò fatto senza pomidoro. Se le occorre un litro di consumato prepari un litro e mezzo di brodo co- mune. Triti col trita-tutto 350 grammi di carne di bue magrissima, la passi in una cassaruola, vi mischi un chiaro d'uovo, e poi una carota e un gambo di sedano anch'essi tritati. Versi nella' eass.rruola, piano piano, il brodo co- mune freddo e sgrassato, mescolando con un cucchiaio di legno l'impasto dì carne, chiaro d'uovo, etc., per sciogler- 10 bene. Ciò fatto, metta la cassaruola a pochissimo fuoco, e, agitando sr-m nre 11 brodo col mestolo, lo porti all'ebolli- zione. Lo faccia bollire pianissimo, net un'ora, e cassaruola coperta. Poi lo pas- si per un tovagliolino bar-nato e striz- zato bene. Può servirlo caldo, con aliai- che dsdino di pane fritto nel hurro pal- lottoline di pasta reale o tanioca: op- nnre freddo, senza alcuna euanv'zione. n consumè freddo è particolarmente a- datto r>er 11-nn colazione od lina cena. Cerchi nellM, B. C, del fascicolo di eiue-n > la ricetta di un nnn di fegato, richiestati!]' dal cav. Antonio To^nfis. La piovi. S p -non sarà di sua soddisfa- zione le indicherò un'altra maniera d{ pi-enaarre il pasticcio di fegato di vi- tella. Trovo giustissimi 1 suoi su.o-p-erirnentK. 'blando dovrò rtarlnre di nnalrhe pte- A>nza che esce dal comune, dar* le in- dicazioni che lei desidera. FR I DA

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