LA CUCINA ITALIANA 1935

1. Ottobre 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA 12 Mime poesia da f a r ci dimenticare. .. ì vest i ti delle vi c ine! Pur t roppo, invece, la nostra igno- ranza è immensa, ed eguagl ia soltan- to la nostra presunzione. Vor rei sa- pere — f r a cento donne, ohe entra- no in chi esa a Messa inol trata — quante possono subito dir® a quale punto la Messa sia, perchè la co- noscono a fondo. Forse cinque... ed un uomo su mi l le! Se, anche senza preparazione, poi, aprissimo, durante le sacre funzio- ni, quel l ibro così profondo ed u- mano, che è « l ' imitazione di Cri- sto », o quel l ibro così profondo e divino che è il Vangelo, come rin- graz i eremmo Dio di averci dato il privi legio d'essere credent i, d'essere religiose, di poterci unire in ogni mo- mento, in ¡spìrito, a Lui ed al Suo sacri f icio! • * • Veniamo, con una sola breve con- siderazione a domandarci se, mentre noi siamo di l igent issime nel richie- dere grazie a Dio, s iamo al tret tanto pronte a r ingraz iar lo e ad accon- tentarci. No; Iddio è calcolato un nostro debitore che, per quanto fac- cia, non sa rà mai « al pareggio » con noi, da cui ci sa rà sempre qualco- sa da pretendere. Dio è calcolato un impresario, che si sia preso l 'obbligo di renderci piacevole, ricca, comoda la vita... Dio è reso da noi responsa- bile di quanto ci succede e che non è di nostro gradimento. Una donna del popolo mi raccontava un giorno le sue pene; aveva sposato un tale ma lgrado la v i va opposizione di suo padre che, persino accompagnandola al l 'al tare, le aveva detto: «Pensac i, sei ancora in tempo! Per conto mio, prefer i rei condurti in camposanto, an- ziché a queste nozze! », La ragazza aveva persistito, aveva sposato un fa- moso mascalzone, ohe le aveva reso 'a vi ta un inferno. E adesso imprecava contro la Provv idenza e di ceva: « Ma perchè Dio ha mandato a me que- sto cas t i go?» senza ri f lettere che suo padre, rappresentante del l 'autori tà di- vina, le aveva tanto sconsigl iato quel matrimonio. Un' al t ra veni va a piange- re, perchè suo figlio — tubercoloso — non t rovava lavoro, ed imprecava contro la ma l a t t ia di lui e contro la Provvidenza. Orbene, anche lei a- veva sposato un primo cugino, debole di petto, mentre sua madre era mor- ta. di tubercolosi, cont ro il parere del medico e dei suoi. Che cosa poteva venire da queste persone predispo- ste? E se avevano sdegnato i consi- gli dei loro maggior i, non dovevano dire « mea culpa! » ed avere l 'onestà di r iconoscer lo? E siccome questo incolpare la Prov- videnza è sempre sulla bocca di tutti, st iamo attente, noi signore che ricevia- mo, di non permet ter lo almeno in ca- sa nostra, perchè questo è nè più nè meno che bestemmiare Dio: St iamo al- tresì attente di non dare scandalo col la trasparenza e col l 'assenza di vestia- rio, di non tenere in casa quadri, sta- tue, stampe cont rar ie a quel la cor- C A R L O C U C C O L I Esporteazion UEV e V I N deell RINOEMAT COLELIN MODIENES ( C A N T I N A P R O P R I A ) (JWODEHH) - F " O R I V 8 i O I I N I E - ( I THMH) ret tezza che deve essere in c ima del nostri pensieri, di non permet tere f ra- si equivoche, discorsi volgari o "scor- retti, di non tenere, nè leggere libri posti all ' indice dal la Chiesa. Se, per Ja nostra col tura, per stare al corrente di ogni nuovo pensiero, è necessar io leggerl i, bisogna chiederne il permes- so al l 'autor i tà rel igiosa, al proprio confessore, ohe fac i lmente l 'accorda per questi motivi. Discipl ina, ci vuo- le! Guardiamo l ' Ital ia! Es sa è sal i ta ad una magni f ica alt4zza, dacché ab- biamo il Duce e dacché obbediamo in silenzio ed in per f et ta disciplina. Co- sì, se vogl iamo vivere, lavorare e mo- rire nel la rel igione dei nostri padri e dello Stato, si deve obbedire al la Chiesa, che è di ret ta emanazione di Dio, con leal tà e disciplina... si deve credere nei dogmi, obbedire al le re- gole ed alle leggi della Chiesa a cui apparteniamo. Una s ignora mi diceva un giorno: «Ah, io sono convinta cat tol ica e prat icante, ma non credo al l ' infal li- bi l ità del Papa, in mater ia di religio- ne e di morale » a cui io risposi : — Lasci la pr ima parte del suo discorso, s ignora; se vuol essere © si proclama cattol ica, deve credere che, quando il Papa emana nuove disposizioni morale e di rel igione, è assist i to dal- l 'autori tà divina. Bi sogna o credere tutto o r iget tare tutto. Si è l iberissimi di r iget tare tutto, ma non bisogna inventare nuove sètte, come sarebbe quel la dei cattol ici che credono... fuor- ché un dato dogma.... Ci rcola una voce completamente falsa, quella, cioè, che si possono f a re sempre degli ac- comodamenti con Dio. La ver i tà è che un cuor© pent i to ed umi l iato può sempre conf idare nel perdono divino, ma sarebbe eresia credere ohe, col danaro o colle relazioni, la Chi esa desse dispense, annul lament i, indul- genze, perdono... Se qualcosa può ap- parire tale, informiamocene ad una buona fonte, andiamo a fondo delle cose e vedremo come ci s ia l ' infinita misericordia, e non u-n vergognoso pat- teggiare. —• ... Ma — mi sembra d'udire ob- biettare — per f are tutto questo, bi- sogna essere fort i, energiche, convin- te... — Appunto, e noi donne DOBB I A- MO assolutamente esserlo, sempre, ma specie in mat er ia di religione e di mo- rale. La Cres ima ci ha fat to soldato di Cristo, ed i soldati non disertano mai! seguono discipl inatamente il ca- po fino al la morte! * * * Mai si esce dal la chiesa, durante una funzione a cui si sia invitati, pri- ma ohe (a funzione finisca, pr ima d'es- sere congedati con quelli che »-hanno mandato l ' invito, senza aver detto pa- role di fel ici tazione ai parenti dei pic- coli comunicandi o dei cresimati, par role di ci rcostanza ai parenti di quel- li che hanno vi sta una figliola^ donar- si a Dio, nel la commovente cer imonia di una monacazione, parole di condo- gl ianza dopo una funzione funebre. Se ci si sentisse male, bisogna ceiv care d'uscire quanto è possibile inos- servat i, senza f ar muovere o distur- bare delle persone od il loro racco- gl imento; facendo la Comunione con dei bimbi o con degli sposi, non biso- gna darsi importanza, con un conte- gno che pare signi f ichi: «Vedete co- me io sono devota! » ma conservare la propria modesta disinvol tura; anche l 'elemosina va f a t ta senza ostentazio- ne, e va f a t ta sempre. Quando, per via, s ' incontra la pro- cessione del Corpus Domini, si può benissimo scantonare, ma se ci si tro- va sul la sua strada, bisogna inginoc- chiarsi. Se qualcuno si bur la di noi o ride, signi f ica che è un cretino ed un villano, e non mer i ta altro che com- passione. Quando, in chiesa, il ri to impone una genuf lessione o il bac io del Crocefisso, bisogna far lo sempl ice- mente; quando si ossequia il Pontef ice, un cardinale, un vescovo, bisogna loro baciare il sacro anello, per regola dì i buona educazione. Sono poi i cardi- ' nali ed i prelati stessi, in certi casi, a ri t irare la mano ed ad alzarla bene- dicente. Qui mi viene spontaneo di raccontare un episodio, che dà l ' idea del l 'affetto che Pio X I porta ai soldati e della sua grande considerazione pel valore. Il 15 giugno u. s. egli celebrò la Messa in un'aula del Vat i cano per i suoi figlioli ex-granatieri, venuti a Roma in congresso, e parlò loro pa- ternamente commosso; volle conosce-! re i dirigenti e qualche ufficiale in servizio ohe accompagnavano i bei sol- dati fedel issimi. Vedendone uno col la mass ima decorazione al valore mi l i ta- re, se lo fece venir vicino, gli parlò af fet tuosamente, e non permise che questi gli baciasse la mano... Ri cordo sempre con commozione la ul t ima funzione del venerdì santo del 1924, nel la cappel la reale del Sudario, a cui assistette la Reg i na Margher i ta, g i à anziana, per l 'ultima volta... E l la era sempre r imasta sul suo inginoc- chiatoio, in preghiera, quando il sa- cerdote le portò il Crocefisso da ba- ciare, ella volle inginocchiarsi sullq, terra, pr ima di accostargli reverente- mente le labbra. E, dopo questi due esempi, vorrem- mo noi avere ancora dello sciocco ri- spetto umano, che ci f acc ia mancare a doveri di devozione e di s ignor i l i tà? ELENA MOROZZO DELLA ROCCA

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