LA CUCINA ITALIANA 1935
1 gennaio 1935-XIII LA CUCINA ITALIANA' 83 L'illuminazione in cucina li aveva avvelenati malgrado le loro gra- vissime colpe, meritava tutta la loro ri- conoscenza e... un impianto di illumi- nazione razionale nel suo dominio. La si- gnora dovette finire per riconoscere che er a un vero miracolo se le restavano an- cora tre piatti e una fruttiera del suo famoso servizio di porcellana antica com- prato l'anno prima, perchè l'acquaio era perpetuamente in una desolante semi oscurità. In una cucina di grandezza normale occorrono almeno tre sorgenti luminose: un diffusore con lampada da 60 Watt (o meglio da 65 Decalumen, perchè le mo- dernissime lampade marcate in Decalu- men, a parità di luce, consumano meno corrente) al centro della camera; una lampada da 25 Decalumen sopra l'acquaio e un braccio di porcellana stagna sopra i fornelli (con lampada da 25 Decalumen). .Solamente con un'illuminazione simile il cuoco non avrà più il diritto di bruciare le salse, di rompere i migliori pezzi di porcellana e di mandare a tavola fritture di mosche. _ E' assai facile capire che la spesa rela- tivamente assai piccola necessaria per una buona illuminazione in cucina viene ben presto largamente compensata dai vantaggi e dalle economie che ne deri- vano. _ Una volta che in una casa la cucina sia illuminata a regola d'arte, accadranno cose curiose. La cameriera, in principio, andrà probabilmente a l'ammendare in cucina perchè ci vede meglio, ma poi in- sisterà perchè anche la guardaroba eia provvista di un diffusore con una lam- pada più potente e litigherà col cuoco più aspramente del solito finché non ab- bia ottenuto il suo scopo. Ma se in casa vi è un autista, egli non si rassegnerà mai a lavorare in un garage che sia illuminato meno bene della cu- cina. E non si potrà dargli torto, perchè anche lui compie un lavoro importante, dal quale dipende spesso l'incolumità dei suoi padroni. Giunti a questo punto è quasi impossi- bile che la pace' della famiglia non sia profondamente turbata. Il marito, che è un uomo positivo e di buon senso, co- mincia ad osservare che il lampadario del salotto e il paralume cinese del suo stu- dio (egli non ci sta mai perchè lavora in ufficio, ma ciò non importa) son 0 bellis- simi, ma tuttavia in cucina ci si vede meglio; sua moglie non sa resistere alla tentazione di dirgli che egli non capisce nulla in fatto di eleganza e di arreda- mento, che }1 lampadario è troppo belìo per essere sacrificato e che il paralume cinese (autentico cinese!) forma con giu- stizia, l'invidia di tutte le sue amiche. Eppure, dopo qualche altra discussione più o meno vivace, il paralume cinese passerà in salotto, mentre nello studio del signore farà bella mostra di sè un moderno diffusore che utilizzerà in modo razionale ed economico la luce di una lampada a doppia spirale da 100 Deca- lumen. E se la signora avrà un romanzo inte- ressante da leggere, lascierà spento il famoso lampadario e invaderà senz'alcun scrupolo- il salotto studio dj suo marito. NON BASTA adoperare lampade di ottima qualità per avere luce a buon mercato. Occorre anche fa- re attenzione che il voltaggio indi- cato sulle lampade sia uguale a quello del contatore. Un buon cuoco non basta per mangiar bene. Io sfiderei Vatel stesso a preparare uu buon pranzo in una cucina povera- mente illuminata. Su mille famiglie ve ne sono almeno ottocento che non hanno mai dato alcuna importanza all'illuminazione della loro cucina. Eppure nel loro seno accadono delle piccole tragedie tutte le volte che una mosca capita nella minestra e tutte le volte che l'arrosto ha sapore di bru- ciato. Conosco personalmente un signore che 111 tali casi salta come un grillo sul suo cappello, scende infuriato le scale e va a pranzare al restaurant malgrado le pro- teste e i bronci della sua angelica con- sorte. La quale, da parte sua, ha una crisi di nervi ogni volta che in cucina rom- pono uu piatto o un bicchiere Quando dissi a queste ottime persone che una migliore illuminazione della loro cucina avrebbe risparmiato sciupìi, malu- mori e spese, mi considerarono un po' come uu amico personale del loro cuòco che volesse difenderlo a qualunque costo. Finimmo tutti in cucina, dove mi fu fa- cile dimostrare che il loro cuoco era una specie di martire che avrebbe potuto chieder loro una forte indennità per es- sere costretto a preparare ogni giorno prelibate ghiottonerie in un ambiente co- sì buio, con grandissimo nocumento della sua vista e d.el suo sistema nervoso. Li persuasi che uu tal uomo che ancora non
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