LA CUCINA ITALIANA 1935

8 segno, s a ? Tu t t o: fino ad u n cent e- s imo. Ho s emp re s egna t o: o r a poi!... Se non sapes si che cosa spendo gior- no per giorno, come f a r e i a s t a r e in g u a r d i a c on t ro gli s con f i namen ti da i l imi t i s t abi l i ti dal no s t ro p r even t i vo? L a ma s s a ia s enza un l i br e t to d ' ap- pun t i si può p a r a g o n a re al c ap i t ano d ' u na n a ve p r i va di bussol a. Così sen t enz iò Ro s e t t a; e io le det- t i r ag i one. ..e consigli alle abbonate ABBONATA 12165 DEL MATESE. — Sono lieta di appagare il suo desiderio. La confezione dei maritozzi romani è semplice: ma vi ha molta importanza la lievitatura. Perciò non ci vuol fret ta. Si procuri dunque 50 grammi di pasta già pronta per il pane, e la lavori sulla spianatoia con 100 grammi di farina, un uovo intero, una cucchiaiata d'olio (25 grammi) ed un pizzico di sale: ne faccia poi una palla, la metta in una cazzarola di terra, con un testo sopra, e la lasci lievitare, per quat tro ore almeno, t ra- scorse le quali tornerà a lavorarla con altri 200 grammi di farina, un altro uovo, 40 grammi d'olio, 50 grammi di zucchero in polvere finissimo, ed un altro pizzico di sale. Occorrerà anche una piccolissi- ma quantità d'acqua calda perchè la pa- sta riesca abbastanza morbida per poter- vi aggiungere un ettogrammo d'uva pas- solina, lavata e ripulita dai suoi piccoli gambi fastidiosi, 50 grammi di pinoli ed al tret tanti di cedro candito, tri tato fine. Divida poi la pasta in tanti panini bi- slunghi, che met terà in una teglia unta con olio, o con olio e burro, se crede. Badi, però, che f ra i panini rimanga un po' di spazio per evitare che nel gon- fiarsi essi si attacchino l'uno all'altro. Li lasci lievitare per sei ore circa,' e poi li faccia cuocere in un forno ben caldo. Se la prova riescirà bene, come spero, un'al- t ra \'olta potrà raddoppiare la dose. Sem- pre lieta di rispondere alle sue domande, le ricambio i saluti graditissimi. SIGNORA A. S., PRATO. — Suo mari- to ha ragione. I buongustai sostengono che gli uccellini non sono buoni se non hanno raggiunto un certo grado di frol- latura; e che non debbono essere sbuz- zati nè lavati, ma infilati allo spiedo, dopo una semplice strinata. In certi li- bri di cucina invece, si consigiìa di cuo- cerli, quando sono ancora freschi, e con- venientemente sbuzzati e lavati. Non si può dire quale delle due sia l'opinione più giusta. Ognuno può regolarsi a suo modo. Gli interiori ripugnano? Si leva- no. Altrimenti si lascia intatto il buzzo, che darà agli uccellini il loro più classi- co sapore. E" verissimo che gli interiori della bec- caccia servono per certi crostini molto apprezzati dai buongustai, e che servono di contorno a questo squisito volatile. Ec- co la ricetta. Si tri tano sul tagliere cuore, fegato e budella della beccaccia e due fegatini di pollo; si fa cuocere tutto pian piano in una cazzarolina, con un po' di burro, un pochettino di sale, un pezzetto di foglia d'alloro o una fogliolina di salvia. Si pas- sa poi allo staccio e si met te di nuovo al fuoco in un' al t ra cazzarolina, con un al- t ro poco di burro e un tantino d'estrat- to di carne, sciolto in acqua caldissima. Vi si aggiunge, dopo qualche mijiuto, un dito di marsala e si fa ritirare. In ultimo si lega con un rosso d'uovo l'impasto, clie dovrà essere piuttosto sodo. Con esso si potranno spalmare sottili fettine di pane (possibilmente di quello detto « a cassetta ») abbrustolite appena appena, o f r i t te nel burro. In questo caso le fetti- ne dovranno essere rosolate da una para- te sola, sulla quale si stenderà l'impa- sto, avendo cura di passare su di esso, per renderlo unito, la lama d'un coltello. Si dispongano cti nuovo le fettine nella teglia, da cui le avevamo tolte, aggiun- gendo un po' di burro a quello che c'era rimasto Dieci minuti prima che la bec- cacela sia servita in tavola,, si met terà la LA CUCINA I TAL I ANA teglia in forno, affinchè i crostini rosoli- no anche dall 'altra parte, e l'impasto si faccia lievemente croccante. .Signora ALICE BORGO, ALESSAN- DRIA. — Nei libri di cucina, da lei con- sultati, non si parla delle cieche, così accette al palato dei livornesi e dei pi- sani, forse perchè esse non rientrano nel numero di cibi, comuni a tut te le regio- ni italiane: ma fanno parte del folklore di certi paesi, situati in una determinata posizione geografica, ossia sul litorale tirreno, f ra Bocca di Magra e Orbetello. Le cieche non sono che le.i. figlie gio- vanissime delle anguille. Dopo quanto è stato scritto di recente sui giornali a proposito di questi pesci dell'ordine de- gli àpodi, anche lei avrà certo sentito parlare del Mar dei Sargassi (Atlantico), dove i maschi restano in perenne attesa delle femmine, le quali, spinte dalla fa- tale necessità della riproduzione, si diri- gono a quella volta, da lontananze spes- so inverosimili. Le cieche, dunque, sono la specie riprodotta, di sesso femminile, che, nelle notti meno rigide dei primi mesi dell'inverno, viene dal mare e risa- le il corso dei fiumi, rasentandone le sponde, per andare a rifugiarsi nella mel- ma dei fossi ove si farà adulta. Ma qual- che volta accade che sulla riva di uno di questi fiumi sia in agguato una sentinel- la pericolosa: un pescatore, cioè, che, alla fioca luce d'una lanterna, scruta l'on- da, e, tuffando via, via, in essa uno staccio munito di manico, interrompe — e per sempre — l'avventuroso viaggio delle tenui, guizzanti falangi femminili. Le cieche sono trasparenti, lilnghe pochi centimetri, e di forma cilindrica. Cotte, acquistano una colorazione lattea, e la consistenza... di una minestra, a cui fini- scono per rassomigliare. Si cucinano con olio, salvia, aglio e pepe: si mangiano anche in fr i t tata. Le dò queste indicazioni per meglio appaga- re la sua curiosità. Ma so bene che nel- la città sua non avrà, probabilmente, oc- casione di' cucinare le cieche. Ma se, per caso, capitasse a Livorno nel novembre 0 nel dicembre, si provi a mangiarle. Può essere che siano di suo gusto. Del- le cieche ha detto bene aneli« Renato Fucini, in un di quei popolarissimi so- netti che tanto sorriso hanno recato a noi, figli dell'ottocento. Sorriderebbe an- che lei, se li leggesse. Saluti cortesi. MASSAIA GROSSETANA, _ Se vuol mangiare una lingua lessa eccellente, faccia come le dico io. Si procuri una lingua di manzo fre- schissima le tolga quel po' , di gorgia che è attaccata all 'estremità più grossa, e la batta sul tagliere, con una mestola adat- ta o col rullo, per renderla più mallea- 1 ile'. Prenda poi un cucchiaio da mine- stra di salnitro in polvere e e spalmi, con quello, la lingua, specie sulla parte tagliata, fin- a che non l 'abbia del tut- 1 f ebb r a io 1935-XIIT lo assorbito. Dopo di che ripeta l'ener- gica frizione con 2 buone manciate di sale fino, procurando di ottenerne il completo assorbimento. Ponga quindi l i lingua, ripiegata su se stessa, a guisa di ciambella, in un recipiente di terra- glia, sul cui fondo avrà steso un'abbon- dante porzione di sale La cuopra con al- tro sale, si metta su un pezzetto di ta- voletta sottile ed un peso, e cosi la lasci stare per quat tro o cinque 'giorni. Tra- scorso questo tempo, tolga peso e tavo- letta, rivolti la lingua, e ver i su di essa uil paio di b;ociii"éri di vino rosso da pasto bollito con due foglie di lauro, pe- pe in chicchi e coriandoli, e già raffred- dato. Comprima di nuovo la lingua con la tavoletta ed il peso, e così la tenga per altri quat tro o cinque giorni, e più, se crede. Meno no. Giunto il momento di cuocerla, là lavi ben:: con acqua ghiac- cia e c a l d a ie la met ta al fuoco in una pentola, dove abbia modo di bollire sem- pre ricoperta dal liquido.- Potrà setvirla calda, q ghiaccia a piacere e con qual- siasi contorno. Indicatissima la puree di patate. Se ha bisogno di qualche indicazione, non si periti. Io sono qui per risponde, a tut te le abbonate della « Cucina ». Saluti anche alla sua gentile figliuola. CUOCBETTA IN ERBA. - Friggere le uova è la cosa più goffa che si possa immaginare. Anche nei casolari di mon- tagna, la massaia affrittella, per gli ospi- ti occasionali, le uova delle sue galline. Tuttavia si può assicurare che nemme- no il dieci per cento delle uova cosi am- mannite hanno l 'aspet to e il sapore clie dovrebbero avere. Occorre anzitutto che siano fresche co- me quelle della massaia montanina, e che l'olio, in cui debbono essrr fri t te una alla volta (sarà bene collocare la padella in modo che l 'elio vada tutto da una par te), sia molto Bollente; al tri: menti le uova riuscirebbero flosce, un- tuose, disgustose. Gettato che avrà l'uo- vo in 1 ..della (un po' di pepe non gua- sterà) lo sali alla svelta; poi, servendosi d ' un cucchiaio di legno, riunisca più che; può il chiaro e cerchi di arroton- darlo. Rivolti questo fagottino per far- ne rosolire anche la parte superiore, e, quand'è croccante (due minuti basteran- no) lo metta su un tovagliolino, perchè si prosciughi dell'olio. E lei seguiti a friggere. A queste uova potrà fare un contorno di crostini, prosciutto cotto, legumi, etc. Naturalmente i non toscani le consigi ie- ranno il burro, invece dell'olio. Ma io... Auguri alla volonterosa cuochetta. F R I DA IMI TATE I MEDICI P A PÀ SommiPistrate al .voi lri bimbi ' Conservare i talloncini GABY ABBONAMENTO ANNUO L. J 5 ; ¡ j Ri ch i e s te e vag l i a: Ammi n i s t r a z i one del « G I ORNALE L U D ' I TAL I A» e Pa l azzo S c i a r ra » ROMA

RkJQdWJsaXNoZXIy MjgyOTI=