LA CUCINA ITALIANA 1936
LA CUCINA ITALIANA 1. Aprile " 1936-XIV, No, signora: è un pesce che non profuma la mensa. Non vive nel vasto mare, e non sa, disgraziato, che sia, negli abissi, il fio- rire della primavera, di cui ti da il senso il dentice, maggiolino e lo stes- so lacerto che in quel mese ti stor- disce d'odori marini. E' allora più azzurro, più morbido e più delicato, e deve morire sulla gratella. Credo che in quella stagione al- meno non si possa mangiare che ar- rosto, « pillottandolo » con olio, sale, un pizzico di pepe e rosmarino. Quando l 'hai sbuzzato, lavato e inciso, lo asciughi e lo sdrai appunto sulla gratella, avendo cura di medi- care le sue ferite con quella salsa. Il cefalo, dunque, non è, secondo pesce da portarsi in tavola di buon palato, che non profuma ¡a men- non- v i ve nel vasto mare: ag- che deve appartenere, social- bassa. famigl ia, si rispetti, abbia un e una sua perso- ^. ì pesce di bassa "ondi/Jone sociale nalità, non vive, quasi di nascosto, tra le chiglie dei bastimenti ancora- ti nei porti aspettando i ri f iuti che lo ingrassano, col mare che gli apre tutte le vie su cui gettarsi per con- quistare la propria vita. Lui no: non fat ica, non rischia, non sente la gioia di guizzare nell'acqua chiara^. e si af fonda nei porti melmosi, dovè l'ac- qua è torbida, oleosa,, senza prófumo, per venire alla superficie cuando gli gettano il boccone. > ^ E' vagabondo e accattone. E come tutti quelli della su a specie, pur di non lavorare, mangia quel, che gji" ca- pita. E' un pesce senza raf f inatezze e senza palato per il quale tutt'i boc- coni saziano.- Direi che non conosce nessuna norma igienica, nemmeno le più elementari, pur vivendo nell 'acqua probabilmente non si lava... Sono gioie che non ha. Si tratta, insomma, come opinione mia personale, di un essere ch'è fbr- se al disotto del ghiozzo, che può al- meno giusti f icare certe sue abitudini coll'imbecillità che gli è propria. C'è,, tuttavia, chi lo mangia, arro- sto o lesso o al forno; ,e vi, son trat-, torie che t j l'offrono come un pesce squisito. Ma non lo è. Non lo è, s i - gnora, sopratutto per lei, s'ella ama j tanto le sogliole al Madera che io bevo al bicchiere, (il Madera, se mai, senza la sogliola) trova squisiti i gamberi, indugia a gustar l 'orata e mi fa, con un suo garbo inimitabile, l'apologia della trigl ia senza baffi: I Ho capito. Quel tale di cui ella ha letto una volta nelle pagine di que- sta nostra Cucina, delle triglig coi baffi, son proprio io; e alludevo a certe triglie di scoglio rosse e sapo- rose che si pescano nella mia isola frastagl iata, tutta insenature e cale e scogliere che son scenari per la sua bellezza, signora. Non era, la mia, una fandonia. Esistono. Tanto esisto- no che l'ho mangiate, a meno che non si trattasse allora di triglie dell'800, che i baffi ora non son di moda. Ma tornando, dopo quest'altra pa- rentesi, al cefalo di cui parlavamo prima, ch'ella ha mangiato, del resto — poggio che mai — in una . tratte- rai di campagna sentendone poi I3, nausea, dovuta, evidentemente, alle considerazioni che ho fat to in prin cipio, le ripeto che non merita gli onori di una mensa signorile. Non ne ho fat to una .questione mo- rale: ho dotto chi ora perchè quel suo sapore terroso, che non t'empie la . bocca di 'mare, deriva appunto dalle sue abitudini: md ho voluto so- pratutto riferirmi al gusto. Non lo rimangi, signora, non è pe- sce per lei che sa, vedo, come si cu- cinano, e mi da, non richiesta ma ugualmente, gradita, una mezza le- zione, ricordandomi di avere suggeri- to una volta alle lettrici della Cucina Italiana, di rimpizzar.e d'aglio e di rosmarino il rocchio del tonno, men- tre vorrei ora che tutt'i pesci si man-, giassero col sapore che danno. Forse non è esatto che abbia scrit- Una triglia dell'800 to così: in ogni modo, tra i pesci ch'ella può gettare nella padella o stendere sulla brace, il rocchio del tonno di cui ho parlato, c'è una dif- ferenza non lieve. Quest'ultimo,. si- gnora, ha un suo saptìr di ' bestino che gli va tolto. Ma torneremo su questo argomento degli aromi, che non avevo escluso e non escludo in modo assoluto, mentre insisto che il pesce devi mangiarlo con pochi intrugli e senza i soliti ri- vestimenti a base di pan grattato, di farine o d'altro che ne alterano i l ' sapore, o, quanto meno, mescolano al la sua naturale f ragranza e al suo sapore quelli che io chiamerei eie- ' menti estranei alla sua sostanza. Di qui la semplicità deile mie ricettò che non sono quelle di un cuoco ma di un marinaro senza comando. GIACOMO PAVONI Abbonate, e gentili lettrici, vi piace la Cucina Ilalianr ? Ebbene: procurateci nuove amiche e nuove abbonate!
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