LA CUCINA ITALIANA 1936
1 * Gennaio 1 0 3 6 - X IV L , \ CUCINA I T A L I ANA può essere fresco o stagionato. Si prepa- ra anche col flore d'una pianta, detta presame: ed in certe farmacie di cam- pagna si vende- un composto con esso confezionato. Non si può. precisare la quantità; di caglio necessaria. Essa di- pende dalla forza coagulante del caglio stesso, dalla temperatura del latte e da quella degl'ambiente. I contadini si rego- lano a occhio, ossia per pratica. Più il caglio è stagionato, meno ne occorre. Ma se il latte ha già cominciato' ad inacidire la dose del caglio deve essere aumentato. Lei' chiuda consiglio al pastore o ai far- macista che le procurano il caglio. Appena munto '' latte dalle pecore, si procede - alla c ; / , atura per' non farlo raffreddare. Se u munto da qualche ora o la stagione è rigida, si £a intiepidii'© al fuoco. Messo il caglio, si comincerà a dimenare il latte, sorvegliandone la coa- gulazione. Questa sarà arrivata al punto giusto quando, posata una mano sulla massa coagulata, si ritrarrà pulita. Allo- ra si torna a ditìienare e si seguita per qualche minuto ; il troppo non guasta. Poi si mette di nuovo il recipiente ai fuoco per portarne il contenuto ad una temperatura più'elevata, ma di poco del- ^Precedente. Guaì, però, se si arrivasse ali ebollizione I - Tolto il recipiente dal fuoco, si lascia in riposo per una mezz'ora, cioè tino a quando la massa coagulata non si sia dèi tutto separata dal siero, col quale volendo, si può fare la ricotta, A questo punto si prende la cagliata con lè mani e si mette ben. pigiata nella forma che si sarà posta sopra un piatto tondo, am- pio e concavo. E subito si comincia a comprimerla, col palmo della mano for- temente e con metodo: cioè tenendo fer- ina la mano un po' a lungo e poi spo- standola per esercitare su tutta la super- ini»,, , formaggio un'energica pressione fintw% q u a I e u s l e r o c l l e cera rimasto a? ,SS d l u s c i r e ' V l a v l a c h e « * e si scola, wuanoo non ne esce più il pecorino è fatto. Allora si sala dalla parte di sopra, e l'in- nnìi!•"',>' r i Y? l t a t a l a f o r m a - s i s a l a dalla Parte di sotto. Indi si mette sopra un pan- no di LVato e ogni giorno si rivolta e si ..'sposta per farlo stare all'asciutto. Si tenga m una stanza )>ne aereata e non troppo frediGa. p r o v ? e ' s e 16 occorre qualche scniarimneto scriva. Quanto ai piatti vege tariani, lei forse non avrebbe da fare altro che scorrere i numeri arretrati della no- stra Cucina per trovare ricette a sufficien- za di verdura cotta in tutte le maniere. Ho -così-poco spazio disponibile che, dojti essermi tanto dilungata sul formaggio pe- corino, non posso darle che la ricetta di un'ottimo : . , " ' - . BUDINO DI CAVOLFIORE Lessate 1 kg. di cavolfiore ripulito dalle foglie e dal torsolo ; cioè solo flore diviso cima per cima: scoiatelo e passatelo per staccio. Mettetelo poi al fuoco in una cas- seruola con una trentina di grammi di burro, per farlo prosciugare. In un altra casseruola fate una besciamella con 70 grammi di burro, 50 grammi di farina e un .bicchiere di latte; e con questa bescia- mella eh«, a forza di essere lavorata, deve riuscire elastica, ma densa, unite il passato di Cavolfiore ed una cucchiaiata di buon estratto di carne. Miscelate bene col me- scolo, ed aspettate che il composto si fred- di; allora frullate sei uova intere ed ag- giungete al composto a pici ole dosi, ba- dando di non mettere altri> uovo fino a che la dose precedente non sia stata incorpo- rata. Completate con due cuchiaiate di par- migiano grattato: sistemate il composto in uno, stampo da budini, unto di burro, e fate, cuocere per un'ora possibilmente in forno, a calore moderato: altrimenti a ba- gno-maria. Questo budino potrà essere servito sem- plice, o con una guarnizione più o meno economica. La forma dovrà avere una capacità ai due litri, e il composto non aovrà occu- parne che i tre quarti. 'Tolto il budino din forno, lasciatelo in riposo per qualche minuto, perchè finisca di assodare; poi sforna!elo e mandatelo in tavol». IL BURRO Alcune abbonate mi hanno pregato di dir loro come si fa il burro. M'immagino che si tratti' di voler utilizare, per uso di famiglia, una piccola quantità di latte di- sponibile: perchè, se quelle amiche dell'A. B. C. avessero idee e proponimenti più va- sti, non potrei consi(>iar ]*ro di chiedere a qualche Casa Editrice un manuale pra- tico, nel quale fosse trattato l'argomento che le interessa. Io posso soltanto — come ho fatto per il cacio pecorino — Insegnare loro un si- stema moito primitivo: quello dell'agita- zione diretta dei latte, la cui origine si perde nella notte dei tempi, ma che è an- cora in uso. Munto »1 latte, si mette in una bacinella, prete r.. ¡¡mente di ferro smaltato, e si la- ncia daila sera alla mattina, ed anihe per 18 e 24 ore. Perchè il latte renda la mag- giore quantità di crema possibile bisogna che la sua temperatura si aggiri tra gli 11. e i 12. C. Al momento opportuito la massaia, sfio- rando il latte con una scodella, ne asporta la crema che mette in una boccia di for- ma speciale, ossia di bocca larghissima, e di una capacità molto maggiore della quantità deila panna da burrificare. E, dopo aver chiuso provvisoriamente la boc- cia per impedire alla panna di uscirne, la brava massaia comincia ad agitarla, dal basso in alto, con modo uniforme ed ener- gico, senza interrompersi, aspettando con calr¥_\ che la crema, coagulata in una massa giallastra untuosa, si sia mutata in burro. Questo potrà essere consumato su- bito in famiglia, a meno che la massaia non preferisca lasciarlo in riposo per poi tornare a lavorarlo e farne uscire quel pò di siero che può essergli rimasto. Cosi si fnceva il burro nelle epoche pri- mitive qua«ido i popoli del Tibet canta- vano gli inni che ordinavano di offrire agli Dei « orzo fritto col burro ». Cosi fanno anche oggi in qualche remoto caso- lare alpino e altrove: chè questa prati- ca, glie lo ripeto, non è affatto scomparsa. AMARETTI Per l'ABBONATA 11845 — Per un errore tipografico le dosi della ricetta degli amaretti, pubblicata nel fascicolo di dicembre, sono riuscite alterate. Glie,- le ripeto: Mandorle doilci grammi 100 (cento) ; mandorle amare grammi 50 (cinquanta) ; zucchero granimi 250 (due- cintocinquanta) ; chiari d'uovo n. 2. Per la fattura degli amaretti, senza le Indi- cazioni da me date nel fascicolo prece- dente e che sono esattissime. Non posso (Mrlè il quantitativo della farina per la ragione che la farina non entra affatto nella composizione di questi gustosi dol- cetti. Signora C. MAINI (Milano). — Non mi ha disturbata affatto, non mi di- sturberà mai con le sue domande. Mi sembra che lei faccia lo stufato proprio come deve essere fatto. Venti- quattr'ore d'infusione nel Barbera o Barolo, scn l'aggiunta di pepe in chic- chi, cipolla , sedano e carota tagliuzzati, A p p ' P s f f 0 e E U " e s P a H e ì O è i una falda di OV A T TA CHE Gg-NEHÀ CALORE e d e c o n g e s t i o na i bronchi e i polmoni Trovasi in tutte le Farmacie ! SOCIETÀ NAZIONALE PRGCQir! CHStiCIfi.FARMACEUTICI - KILAKO j Aut. Pielell. MiIsno 62609 • 1934 .XIII una foglia d'alloro ed altri aromi di cucina — sale punto — sono sufficienti. Tolta la carne, costa o groppa che dà, dall'infusione, si ascuiga e si fa roso- lare con burro e grasso, di prosciutto in una cazzarola di terraglia. Intanto si è colata la marinata di vino e si è messa a bollire a parte. Quando è ridotta a metà, si versa sulla carne. Si sala a sufficienza, si chiude il me- glio possibile la cazzarola e si fa bollire pian piano, a pochissimo fuoco, per tre ore almeno, e anche più. Questa specie di carne devi riuscire stracotta. : Più cuoce, più si penetra della marinata ed annerisce. Non so se arriverà a pren- dere quel .nero che.rappresenta un in'ap- pagato desiderio di suo marino. Può dar- si che al ristorante si aggiunga, durante la cottura, qualche speciale sostanza. La cucina regionale ha certe sue speciali ri- sorse che nemmeno gli almanacchi più completi registrano. Per ora proceda co- me le ho detto: e poi mi sappia dire a ohe punto è arrivato il nero. Nel caso dii un insuccesso, cercherò d i attingere nuove informazioni. Si ricordi che lo stu- fato deve esser servito bollente e che l'intingolo va sgrassato. Quanto ai gamberi, lei ne prolunga troppo la cottura, e cioè toglie loro sa- pore. Non credo che riuscirebbero meno insipidi lasciandoli nell'acqua in cui sono etati cotti. Si usa questo procedimento col pesce lessato anche per evitare che la pelle, passando troppo repetinamente dall'acqua a bolloro al contatto dell'aria, si spacchi. Ma per i gamberi la cosa è divensa. Proceda cosi. GAMBERI LERSI Lavati e puliti i gamberi li metta al fuoco con acqua a bollire non troppo ab- bondantemente alla quale avrà aggiunto una piccola dose di sale, un po' d'aceto, qualche grano di pepe, una cipolla, una carota, due spicchi d'aglio ed un po' di prezzemolo. Faccia bollire i gamberi 5 o 6 minuti non più: poi li tolga dal fuoco, li scoli e li accomodi a piramide in un vassoio sopra uno strato di prez- zemolo freschissimo. Se avrà fatto bollire la cipolla ed il resto in antecedenza, al momento di buttare giù i gamberi potrà toglier via tutto con una schiumarola. ABBONATO 67554 (Palermo). — Tolga il fiele con un paio di forbici ai fegatini di pollo ed ogni sua traccia verdastra: ma badi di non spacciare i fegatini. Essi debbono rimanere interi. Si tuffi poi alla svolta in una cazzarolina' e li metta a cuocere in una cazzarolina in un sugo d'umido di carne o di pollo. Può ag- giungersi un tantino di marsala. Dopo qualche minuto di bollore serva i fega- tini, anche come contorno: contorno dl eccezione, tutt'altro economico, ma fi- nissimo e gustoso. Può essere che rie- scano uguali a quelli di Palermo. Glassare un umido significa per riti- rare il sugo, ossia renderlo più denso che sia possibile e sgrassarlo. Sig.na MARIA SABBIATI-GARA. — La ricetta acclusa olla sua lettera non è stata data da me. Il male è stato, a mio parere, che lei abbia fatto scio- gliere lo zucchero col succo delle ca- stagne: lo sciroppo per liquori di qua- lunque specie deve essere preparato a parte, e poi aggiunto allo spirito do^e i frutti sono stati in infusione. Ora io non saprei davvero che cosa consigliarle per rimediare quel malanno. Faccia una nuova prova, se crede, regolandosi secon- do le indicazioni da me date nell'A. B. C. dei fascicoli arretrati sul modo di fare i liquori. FRIDA " mix s^-.-.^-^yjxTTcj: agrgrr;jr: -w.siCTmjHma L'abbonamento a LA CUCINA ITALIANA per l 'anno 1936 ( XIV; costa L- 5 . 3 0 Pubblicheremo nei prossimi nu. meri i nomi delle amiche abbo- nate che ci .avranno procurato il maggior numero di Adesioni
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