LA CUCINA ITALIANA 1936
1, Giugno 19SS-XIV LA CUCINA ITALIANA v 7 Consigli a Rosetta L'AFFLEIZION ID "UAN SPOASIN (DLA VE)RO Rose t ta è dietro a preparare una finanziera economica per un piccolo f iano al la crema. Questa ca ra figliuo- la che diciotto mesi or sono, quando l 'ho conosc iuta io, si me t t eva in pen- siero per f a re il sof fri t to, ora ha ac- quistato la disinvol tura e lo spirito d' iniziat iva d'una cuoca sper imentata. Ment re mi schia col ' sugo d'umido pezzetti di f egat ino di pollo e di fun- go, spicchi d'uova sode ed altri in- gredient i, io la guardo. L ' ammi ro e gl ielo dico. Lei, pronta, r ibat te: — Tut to mer i to suo. Graz ie a quel- lo che mi ha insegnato ed a quello che ho imparato vedendola cucina- re, oggi sono in grado di fare, a mia vol ta, da mae s t ra a chi ne sa tanto meno di me. L a guardo sorpresa. — Da mae s t r a? L a biondina s' impettisce, cer ca dì darsi ar ia d' importanza. — Anch ' io ho un al l i eva! — Un ' a l l i eva? E chi è? — Si ch i ama Liana. Ha vent ' anni ed ha sposato il mese scorso un vec- chio camera ta di mio mari to. E ' una ca ra donnina dotata di tutte le vi rtù possibili ed immaginabi l i, meno quel- la di saper f ar da mangiare. E la mort i f icazione che ne prova è tale da amaregg i ar le ja dolcezza del la lu- na di miele. E il mar i to che cosa pensa di questo stato di cose? — Quando vede la sua mogl iet ta tanto disperata, cerca di confor tar l a: 1 l'o, le dice f r a una carezza e l'al- tra, mang io volent ieri tut to quello che mi prepari. — Ora... è pan di nozze* — Iersera i due sposinl sono venu- ti da noi. E così ho potuto sentire dal la stessa bocca del la s ignora Lia- na la storia delle sue molte peripe- zie: una storia... cfuasi gial la, di ten- tat ivi, d' insuccessi e di mortificazio- ni che l ' interessata mi ha narrato con le lacr ime ag l i occhi. •— Pov e ra sposina! — Mi f ac eva pena. Ma in certi momenti duravo f a t i ca a star seria. — Oh, Rosetta! . .. — Sfido io! Chiunque avrebbe riso di tut ti que l l ' infor tuni. St ia a senti- re. Una mat t ina la signora L i ana si leva col desiderio di cuocere per il desinare un pollo lesso. — Per lessare un pollo, dice f ra sè, non ci vor rà la sapienza d'una cuoca di cartel lo. Lesta, lesta va al mercato, compra un pol lastrel lo giovane, e, appena ar- r i vata a casa, lo sbuzza al la megl io, lo l ava e lo met te al fuoco in un pentolone pieno d' acqua: Bol li, bol l i .. sa come andò a finire? Al momento di portare il ga l l et to In tavola, Lia- na tirò su dal la pentola una carcas- sa con gli st inchi at taccat i. L a poi pa era r imas ta In fondo al la pento- la, do v i f u r ipescata con la schiu- marola. Qualche giorno dopo, nel deside- rio di riabi l i tarsi da quel l ' insuccesso, la. brava spos ina volle provarsi ad ar- rost ire un piccione. Lo f ece rosolare da tut te le parti e a mezzogiorno lo portò in tavola gloriosa e trionfante. Ah imè! Il piccione, dentro, era cru- do e pieno di sangue. Pe r paura di f ar lo cuocere troppo, come le era accaduto col gal letto, L i ana l 'aveva tenuto ai fuoco troppo poco. Così, per quel giorno, la pietanza se la mang i arono i gat ti del cortile. — Oh, non dubiti!., mi di ceva ieri sera... l ' infortunata. Prove, in cuci- na, non ne f acc io più. Spendere per but tar via tut to? No davvero. Sa che cosa si mangia, ora, in casa mi a? Pas t as c i ut ta bi anca e uova, ma t t i ni e sera. E' un regime asf issiante! Mio mar i to segui ta a f a rmi coraggio: ma non ne può più, lo vedo. Ha perso l 'appetito. E io mi s t ruggo: mi struggo. — C'è da compat i r la — commenta, mentre Rose t ta che ha r i fer i to con la consueta f oga le parole del l 'aff l itta sposina, riprende fiato. — Per for tu na ha t rovato una maes t ra che si occuperà di lei con t anta premura! La risposta è spontanea. — Oh, sì. Gl iel 'ho promesso. Do meni ca L i ana ve r rà con suo mar i to a pranzo da noi: ed io ne approfit- terò per darle la pr ima lezione teo- r i co-praaca sullo stracot to o sul la f r i t tura. Scuoto il capo — Cara Rose t t a: ce ne vorranno parecchie, lezioni, per... al lenare nel- l 'uso delle pentole e delle cazzarole un' al l ieva che può aspi rare al titolo di campionessa dell 'inesperienza, cu- l inaria. Certo si t rat ta di un caso poco comune. Massaie inesperte ce ne sono tante, ma non fino a questo punto. Comunque le peripezie... quasi gial le di questa sposina novèl la, ser- vono a r i a f f ermare la necessi tà, che le giovani hanno di non arr ivare al matr imonio del tutto impreparate ad •uno dei compi ti pfù complessi incom- benti ad una massaia. Una ragazza che sa di sposare i;n uomo di con- dizione modestissima, non deve crearsi troppe illusioni. In un l imite finanziario tanto ristretto la nuova massaia, non potrà fare assegnamen- to che sulla propria at t ivi tà, sulla propria capac i tà ed il proprio senso d'economia per mandare avanti - R baracca senza troppe preoccupazioni e senza debiti. Sape* comprare, cu- cinare e t r ar prof ì tto dal ie minime 'cose, significa — e questo non si ri« peterà mai ababstanza — aumenta- ra il potere d'acquisto del proprio danaro. Se poi la promessa sposa potrà contare sul l 'aiuto d'una dome- stica, bi sognerà bene che ai met ta in condizioni di saper la sorvegl iare e guidare con criterio, questa dome- st ica e di valersi della propria su- per ior i tà come di un f at tore di sti- ma e di disciplina. Chi non sa fare non sa comandare. Vede, Roset ta. In un'epoca non troppo remota, cer- te fami g l ie abbienti e di nobile li- gnagg io non Sde gnavano affidare, a turno, alla figlie più grandi la, "<«:'- vegl ianza del la cucina. Ass i stendo al- le manipolazioni del cuoco o della cuoca e qualche vol ta partecipando- vi, le volenterose, donzel le -acquista- vano un' esperienza di cui si sarebbe- ro valse, in un futuro pia o meno prossimo, quando si fossero t rovate al governo d'una casa. L a vi ta moderna che distoglie, col suo ri tmo frenet ico, tante madri e tante figlie dalle dolci cure domesti- che, ha interrot to quel la Sacra il sanza. Ma l ' idea ha trovato una più l arga e più prof icua real izzazione nel- le scuole di cuc ina c.":e fioriscono nel le grandi metropol i. Quelle scuo- le sono aperte a tutte le donne d\ buona volontà a qualunque classe ap- partengano. Ed è da notarsi che f ra le f requentat r i ci più assidue si no- tano mol te dame del l 'aristocrazia de- siderose non solo d' imparare l 'arto della cucina, ma al tresì di appren- dere per loro propria scienza quan- to può essere ragione di economia per il bi lancio domest ico o di benes- sere mater iale per la famigl ia. E ' un grave errore lo ripeto, per una don- na met tersi al governo d'una casa nelle condizioni d' inferiori tà in cui si t rova questa sconsolata signora Liana. Al la quale, svani te le ebbrez- ze della luna di miele, non manche- rà certo il biasimo del marito. — Ma noi — dice Rose t ta in un generoso slancio d'altruismo, noi fa- remo il possibile perchè, vinto il pri- mo scoraggiamento, r iesca a cavar- sela discretamente. Rido. — No i? Pa r la al plurale come 1 sovrani? L a birichina mi guarda e mi die« con voce dolce ed insinuante. — Noi... ossia lo e Lei... Lei che non vor rà certo disinteressarsi i i quella povera figliuola. Anzi sono si cura che le insegnerà tante cose, che le darà tanti buoni consigli... — Il pr imo che le dà per suo trà- mite è... Guardiamo se c' indovina. Rose t ta aggrot ta le cigl ia e rima- ne un momento soprappensiero. Poi scuote la bionda zazzeret ta e tri l la una delle sue più gioconde risaie. — Ho capi to! — esclama — il con- sigl io è questo. 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