LA CUCINA ITALIANA 1936
1° Agosto 1936-XIV LACUCINA ITALIANA 1 7 " Pesce che nutrisce e vino che rischiara « Aveva pensato a una frittata di bianchet ti come li avevo visti in piaz- . cambiai opinione e scio- rinai all'oste i he non mi conosceva questa lista dì vivande per la mia colazione : Senta,- lei mi porterà prima, come principi di tavola, delle acciughe del- la Gorgona, qualche funghetto sott'o- lio- e tanto così di ventresca di tonno. Se. le accìunghe le avessere pescate intorno alla Meloria, me le porti lo stesso. Ho visto un cappone fiammeggian- te; con quello, testa compresa, ci farà il brodo per una minestrina delica- ta. Badi, quindi, a, non impepaila troppo, ma ci metta, si capisce, an- che un po' di pepe. Poca minestra: tant'acqua da farne un paio di sco- delle. Mi frigga poi tre o quattro triglie; lessi quel denticiotto che ho veduto in quel piatto di natura morta pri- ma-, che ca.piti uno dei tanti pittori che ho 'visto in giro, e mi faccia, ar- rosto, sulla gratella, anche quei tre totanetti che mi sembrano fuor dì stagione. — E' solo? mi domanda l'oste sba- lordito. — Solo, ma faccia conto ch'io man- gi per due. In realtà, con tutta quella roba c'era da mangiarci in quattro facen- do una mezza indigestione, ma l'a- mico che mi racconta l'episodio insi- gnificante, trattandosi di un man- giatore della sua forza, non correva questo pericolo. Rammento d'avere assistito wi gior- no a un suo desinare rappresentato da un mezzo chilo di pastasciutta, una casseruola colma di staccafiisso ch'e- gli aveva fatto arricchire di pinoli, uva, secca, capperi e olive e da una bistecca di trecento grammi con cui si sarebbe satollata una famiglia di sei persone. Beveva poeo t ma un mez- zo fiasco dì vino a pa^ta, lo dige- riva. Non dovete immaginarvi un obeso. Beppe Sfondàti, come lo chiama- vano in paese con un soprannome che gli si addiceva, era invece ma- gro, lungo spighilo. E' morto tre o quattro anni fa che aveva scavalcato l'ottantina. Faceva i? macellaio, ma odiava la carne che insanguina le mani, di- ceva, intorpidisce le arterie e il Cer- vello, che il pesee, al contrario, nu- trisce e il vino rischiara... Faceva 'il macellaio, ma non era un uomo co- mune, tanto che scriveva qualche volta dei brutti versi. Era un cliente assiduo della trat- toria della Sdorata, nota in paese per l'arte con cui ammanniva i cac- ciucchi, ma se gli veniva l'estro di cucinare da sè superava l'ostessa. E' a lui ch'io devo le mie modeste cognizioni in materia, che ho appreso mangiando alla sua stessa mensa. Era un raffinato. — Che ne dici — Antò — di que- sti fer ret t ini al polpo? — Mi sembrano buoni. Eh la Sdo- rata quando ci M mette... — Infatti, sono buoni. Ma io, vedi, avrei dato al sugo lo stesso sapore, senza dargli questa densità che t'im- pasta la bocca. Sono buoni — su que- sto siamo d'accordo — ma la pasta- sciutta sul pesce t'ha da scendere In gola fluida. Bastava un pomodoro dì meno, come sarebbe bastato che a un certo punto avesse allungato la salsa con un mezzo bicchiere d'acqua cal- da, tenendola al fuoco per altri cin- que minuti. Ma è sola, povera donila, e la bot- tega, stamani, e piena di gente che non sa mangiare. Insegnava così. E .accadeva, se c'era al fuoco un nasello che bolliva nella pentola, ch'egli s'alzasse da ta- vola par paura ohe passasse di cot- tura spappando la carne, « si mettes- se lui, davanti al fornello, a p i l o t a- re una triglia, «che se l'avvampa u fiamma invece del sapore di scoglio senti in bocca le scarne bruciate-». C'incontì'ammo l'ultima volta, sei unni fa, non piii nella trattoria del- la Sdorata che s'era decisa, quell'e- state, a gettarsi in un pantano della maremma a guarire dei reumatismi che l'avevano mezzo stroncata, ma nell'osteria di Teresa di Marnino, un donnone con un viso di pasqua fe- lice che t'apriva l'appetito a guar- darla, davanti a un cacc iucco di tut- to bestino, eh'è pesce di foresta da spellare e un rocchio di tonno come non l'ho piii mangwto d'allora. Il tonno è pesce che sa di bestino anche lui, ma Teresa l'apevq «'mbriacato» dì vin bianco asciutto e l'aveva poi fatto rosolire appena nell'olio, in una gloria d'alloro da far- ne un poema. Se rinasco, mi disse, faccio il trat- tore. Questo tonno è un capolavoro. Te- resa l'ha cucinato come le avevo det- to- lo, e ha fatto un'opera, d'arte. Era meglio forse cucinarlo in una casse- ruola piti, grande ma rimane un capo- lavoro lo stesso. Inspira. E l'indomani mi venne incontro per leggermi una poesia dedicata a Teresa della, quale quasi ottantenne, s'era invaghito come un ragazzo d vent'anni. GIACOMO PAVONI c a l c io e tuente pei c omb a t t e re la debo l ezza gene r a l e, il d imag r imen t o, il nervos i- smo, l ' a n emi a, il l infatur f to e 'esaurì* men to o r gan i co. Si prende primo o subito dopo il pasto t an cucchiaio gli adulti ; mezzo cucchiaio i fanciulli. Curo completa ; 6 flaconi mf .di da L 14.45 oppure 3 grandi do i*. 27, IÙ In vendita nelle buone farmacìe e presso la Farmacio G A B B I A N I Vìo Patini. * A. GABBIANI - Vìa Carlo Poma. 6i MILANO
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