LA CUCINA ITALIANA 1936
A L P E Z Z O !a sua bella forma rotonda. Le pesche si possono candire tanto col nocciolo quanto senza: alle susine, che sono deli- catissime e si lavorano con difficoltà, p meglio lasciarlo. Ali« pere togliere la onccia ed i semi con un temperino af- filato. Le mandorle fresche da candirsi col loro involucro esterno, debbono es- sere del tutto immature. Trapassandole con uno spillone non si deve incontrare l'ostacolo del' guscio della mandorla in- terna. Dopo la bollitura preliminare, 1 frutti, bene scolati si mettono in reci- pienti di terraglia (questi sono gli unici veramente adatti) e su di essi si rove- scia, bollente, uno sciroppo la cui c sn sità dovrebbe essere fra i • diciotti ed 1 venti gradi. Ma le care amiche dell'A B C. avranno un pesa-sciroppi^ a dispo- sizione che permetta loro di riscontrar* quella densità? La dose in sostanza, è questa. Per uno sciroppo a i8° sciògliere, ad esempio, tre - eentottantatrè grammi di zucchero in set- tecentosessanta gT. d'acqua. Per raggiun- gere i venti gradi la dose è di quattro- centotrentadne gr. di zucchero e setteoen- toventinove ' gr. d'acqua. Supponiamo dunque di dover candire ciliege, albi- cocche e mandorle in erba (catere). Tan- to le catere quanto le pesche gialle, deb- bono essere liberate della lamiggine che hanno sulla pelle con un bagno nel ranno vergine caldo od una soluzione di potassa o di soda. Dopo il bagno si fre- gano con un panno ruvido e si mettono nell'acqua fredda. Le ciliege e le albicocche nelle fab- briche di canditi subiscono la zolfora- zione che porta alla decolorozaione e ciò per ragioni di estet ica: giacché il colo- re, reso poi artificilpiente collo sciroppo, .riesce più unito e più brillante. Ma io, nel mio modesto criterio, ritengo che queste raffinatezze vadano a scapito del sapore tanto più grato quanto più genui no sia. Ritorniamo alle tre qualità di frutta suddette: cioè catere, albicocche ciliege- Sistemate le frutta nel recipiente di ter- raglia e rovesciate su di esse lo seirppo bollente, si lasciano co' fì per ventiquat- tr'ore, durante le quali l'acqua che con- tengono diminuisce lo sciroppo di gra- do. Trascorse le ventiquattr'ore, scolare lo sciroppo . e farlo restringere al fuoco per portarlo ai ventidue gradi -di densi- tà. Allorché ha raggiunto questo grado di densità si mette a freddare. Quando è tiepido vi si uniscono le frutta e si porta di nuovo il recipiènte sul fuoco ma senza farlo bollire. Scuoterlo di con- tinuo affinchè tutte le frutta sentano in modo uguale il calore. Ritirata la cazzarola dal fuoco si co- pre con un foglio di carta e si lascia in riposo fino all'indomani. E quest'ope- razione va ripetuta cinque o sei volte, di ventiquattro in ventiquattr'ore, sco- iando lo sciroppo, facendolo restringere e immergendovi la frutta. Ili ultimo (lo sciroppo dovrebbe aver raggiunto tren- taquattro gradi di densità) si unisce con lo sciroppo un poco di glucosio, per impedire che lo zucchero granisca. Ma durante l'ultima operazione, che dovreb- be portare la densità dello sciroppo ai trentasei gradi, sarà bene far bollire bre- vemente la frutta. Ritirato il recipiente dal fuoco si lascia in riposo per qualche giorno. Se in questo tempo lo sciroppo si mantiene ugualmente denso — se- gno che tutta l'acqua è stata eliminata — si ritirano le frutta una per una. in- filzandole in uno stecchino, e mettendole ad asciugare sor>ra uno staccio. Sarò stata chiara abbastanza ? L'argo- mento è complesso, Nessuna indicazione dovrebbe essere trascurata. Se nella de- IIA CUCINA ITALIANA 1» Agosto Ì936-XIV scrizione dei procedimento della candi- tura fosse rimasta qualche lacuna, le ca- re amiche mi scrivano: ed io completerò la formola. Qualche altra indicazione : I fichi — intatti e U11 P°' immaturi — dopo averli forati con un punteruolo, si fanno cuo- cere in acqua salata (due gr. di sale ogni litro d'acqua) e poi si trattano co- me le frutta suddette. Le pere, sbuc- ciate e. ripulite dai semi, si mettono nel- l'acqua fresca contenente "un po' d'allu- me : si scottano poi in acqua pura, come è stato detto, e, una vòlta scolate, si pas- sano allo sciroppo. I piccoli cedri si lessano e si lasciano poi in bagno per dite giorni, cambiando l'acqua di soven-' te. Dopo, con un cucchiaino si vuotano di tutto il buzzo che contengono: e si passano ad uno sciroppo leggerissimo, e ciò per essere i cedri più duri degli altri frutti e, quindi, meno permeabili. In sostanza, il procedimento della can- ditura, nelle sue linee proicipali, l'ho spiegato. Le brave massaie mettano in opera tutta la loro buona volontà e la loro attenzione. Non potranno ottenere candidi perfetti, tali da appagare anche l'occhio. Ma se saranno preparati bene, PASTA REALE Per alcune assidue della Cucina Ita- liana. — La buona riuscita di questo dolce dipende dalla lavorazione, ossia dalla montatura dei rossi d'uovo con !o zucchero e poi dei chiari. Mi atterrò a una iormola in piccalo: padronissime di raddoppiarla. Dunque: granimi centosettanta di fa- rina finissima asciutta e stacciata e cen- tosettanta di zucchero in polvere o al velo e sei uova. Scorza di limone o arancio grattato. Sbattere i rossi con lo zucchero e la- vorare energicamente e a lungo finché il composto sia ben montato. Poi far cade- re su di esso a pioggia, ossia da .m colino, la farina : lavorare ancora, ag- giungere la scorsa grattata ed in ultimo unire i chiari montati, a parte, in lieve férma. Mettere il composto in uno stam- po unto di burro ed infarinato, riempien- dolo solo p, e due terzi. Far cuocere a forno moderato: Dopo una mezz'ora im- mergere uno steccolino aj centro della pasta e cavarlo subito. 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