LA CUCINA ITALIANA 1936
| 1' Novembre 1936-XV T,ACUCINA ITALIANA a LA POSTA DI NINA Piatti regionali, poesia paesana Bisogna aver viaggiato in terre lontane, o aver dovuto mangiare per mesi e mesi i... f rut ti delle cucine degli alberghi, dove purtroppo pare che gli chefs si ostinino a f ar ger- mogliare soltanto gli scipitissimi piat- ti all 'uso francese, per apprezzare in tutto il suo valore, non soltanto gu- stativo, ma direi perfino sentimenta- le, una porzione di un buon cibo nostrale, paesano: di quelli che han- no nel sapore, nell'odore, nel la pre- sentazione, le caratteristiche della terra nostra. Un grande, eroico generale fioren- tino, luminosa figura di soldato au- dace e buono, che tutti i combatten- ti della grande guerra ricordano con venerazione e ammirazione — parlo del compianto generale Sante Cec- cherini — aveva avuto l'idea di far- si mandare, al fronte, un sacco di fagiuoli toscani, e un barilotto d'olio delle nostre colline. I fagiuoli sono dei far inacei che si mangiano in tut- t i i paesi, e l'olio, più o meno buo- no, per condirli, si trova dapertutto. Ma i fagiuoli toscani lessati al la fio- rentina, cotti a lungo a piccolo bol- lore, con uno spicchio d'aglio e qual- che fogl ia di salvia, — e conditi poi generosamente con l'olio del Chianti 0 della Val le della Sieve — che serba intatta la f ragranza un po' amara delle olive, non sono sostituibili da • alcun ersatz. O si tanno, in quel mo- do, con quegli elementi, o... non son loro. E quando qualche ufficiale, qualche corrispondente di guerra, qualche uomo politico, si spingeva fino a quel punto della prima linea ch'era tenuto dalla eroica 3 a Bri- gata Bersagl ieri, accolto sempre con paterna bontà dal decoratissimo ge- nerale, se l'ospite era toscano e se era di quelli a cui Ceccherini voleva più bene, era sicuro di sentirsi dire: i— «Uno di questi giorni, se non sono occupato cogli austriaci, vieni a mangiare un bocconcino con me. C'è il mio attendente che ci prepara 1 fagioli fat ti al la maniera de' nostri posti ». — E bisognava vedere — mi rac- contava, col suo largo sorriso il po- vero grande Soldato, — come veni- vano anche da lontano, sfidando 1 bombardamenti che naturalmente hon ci venivano mai risparmiati. E bisognava vedere qual 'era la gioia di quei ragazzi, quando sul tavolino fat to talvolta dì casse rovesciate, ammonticchiate dietro il muro sven- trato di qualche casa in rovina, sot- to la minaccia nemica, compariva un ¡ grande vassoio di fagiuoli inconte- stabilmente fiorentini. Era come ss un po' della nostra ci ttà ci fosse ap- , parsa davanti, con tutta la sua bel- lezza divina... Un piatto un po' vol- gare, ma un ricordo sublime... ». * • » Purtroppo, dicevo, i grandi alber- ghi si ostinano a f are una cucina in- ternazionale, non rendendosi conto del fat to che i francesi, i tedeschi e persino gli inglesi e gli americani, che vengono in Ital ia, non ci vengo- no certo per mangiare piselli di sca- tola cotti insipidamente nel burro, o pezzettini di pollo intrisi di una stu- pida crema, come da loro, ma sareb- bero ben fel ici di assaporare final- mente un buon piatto di stoccafisso al la genovese, una f ragrante pizza al la napoletana, o un brodetto mar- chigiano!, odoroso di mare. Questi pensierini gentili, invece, ce li han- no, purtroppo, certi cuochi stranieri all 'estero: e Dio solo sa che cosa vi riserba di sorprese un piatto di « Macaronis à la napolitaine » man- giati in un restaurant dei boulevard?, di Par igi: pasta che sembra prepa- rata per attapcare dei manifesti, su- go ribollito e senza sapore, formag- gio groviera al posto del nostro buon parmigiano... • • » Eppure, quale ricchezza di cibi re- gionali offre il nostro Paese! Una volta questo giornale deplorò che, sulle traccie di quel giornalista te- desco Barth, il quale in Osteria ave- va tracciato un' interessante guida del perfetto bevitore, illustrando tutti i luoghi d'Ital ia dove si poteva bere il vino più buono, non si facessero delle vere e proprie guide gastrono- miche, nelle quali coi vari locali pub- blici dova si può megl io mangiare la cucina caratteristica folkloristica, delle varie regioni italiche, fosse de- scritta la maggior quantità possibile di piatti paesani. Naturalmente nessuno pensò a col- mare efficacemente la lacuna: I po- chi tentativi letterari che ci sono stati non danno certo un' idea tota- litaria e precisa del panorama ga- stronomico italiano: nè le innume- revoli pubblicazioni pratiche, dall 'Ar- iosi al Re dei Cuochi per finire agli innumerevoli libri che sono comparsi in questi ultimi anni ci dicono tutto quello che si mangia, nel Veneto o in Sicilia, in Sardegna o in Pugl ia. E invece, quale tesoro di ricette gu- stose ci sarebbe da raccogliere! E quante sane tradizioni culinarie, fi- nora circoscritte al la gente di una regione o sepolte f ra gli usi di una sola val lata, si potrebbe diffondere! • • « Io pensavo a tutto questo, in que- sti giorni, mentre leggevo la lette- WML&W. "ÉlZ^mWStw.'is rina che una abbonata calabrese mi ha mandato, per chiedere a me, nata sulle rive dell'Arno, la ricetta per fa- re la pastera al la napoletana, la pizza con le alici e, pazienza!, perchè quel- la si f a in lutti i paesi, la panna di latte. La pastera a me! Io rispondo, qua sotto, all 'abbonata calabrese, come so e come posso: ma perchè tutte le nostre abbonate, che sono, mi dice la Direttrice, più di 90.000, e sono sparse in ogni terra d'Italia, oltre, che all'estero, non ci mandano le ricette dei piatti più cu- riosi e caratteristici del loro paese natale? Coraggio, venezianine dal dolce ac- cento armonioso, e voi, Marmtte del Friuli ubertoso, e voi, liguri industri e piemontesi cortesi! Coraggio, belle romagnole che sapete f ar così bene la tagl iatel le al prosciutto, e voi, placide romane specializzate nell'ab- bacchio e nella mozzarella in carroz- za! E voi pure, pugliesi gentili, voi siciliane che fate la pastasciutta con l'aglio, il basilico e il pomodoro a pezzi, e voi, piccole massaie di Sar- degna, operose e frugal i! Mandateci tutte le vostre ricette, svelateci i se- greti della vostra cucina. Noi siamo qui, pronte a registrare e a eternare, nel marmo... di tipografia, tutte le bellezze gastronomiche che le vostre mani alacri creano per la gioia delle vostre famigl ie! Fa te che il risotto alla Milanese possa mangiarsi an- che a Palermo: e non sia quella por- cheria che ci danno in certi risto- ranti della grande ci ttà siciliana! * * » Abbonata calabrese. — Vediamo se sono bene informata. Per fare il dol- ce di grano oila napoletana, pastera, bisogna prima di tutto procurarsi... il grano. Bastano 200 grammi di fru- mento, che occorre f ar bollire in molta acqua, finché non cominci a spappolarsi. Bisogna allora scolarlo e rimetterlo al fuoco con 125 gram- mi di burro, e 3/4 di litro di acqua, lasciandolo bollire finché l 'acqua non sia evaporata, e il grano non sia di- ventato denso come un risotto. Si f a poi una crema con mezzo bicchie- re di latte, 50 grammi di zucchero, 20 grammi di farina e un uovo, e quando la crema è cotta ed ancora bollente vi aggiungete un rosso di uovo, e le si dà l'odore di scorza di limone o di vanigl ia. Unite quin- di alla crema 50 grammi di ricotta, acqua di flore d'arancio, cedro, delle
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