LA CUCINA ITALIANA 1936

* LA CUCINA ITALIANA 1° Novembre 1936-XV mandorle sbucciate e pestate fini. Mescolate il tutto e riempite con que- sto composto la pasta frol la (125 grammi di far ina, 110 grammi di zuc- chero, 1 uovo ed 1 torlo) disposta a guisa di torta, ricoprendo con un'al- tra sfogl ia e dorando col rosso di uovo. Poi si cuoce in forno. Questo dolce di gusto squisito dev'essere ser- vito freddo e spolverizzato di zucche- ro a velo. Per la pizza alla napoletana , la co- sa più semplice è di fare un impasto di acqua, sale e farina, come per fare la pasta da pane. Si dispone in una tegl ia da forno questa pasta ste- sa in una sfogl ia sottile, e la si guar- nisce di mozzarella, pomodoro crudo, acciughe, pepe, sale e molto regano. Poi si cuoce al forno. Gli ingredien- ti della pizza possono cambiare ad libitum. La pizza è buona con qua- lunque condimento. Ed eccomi al la panna col latte. Si lascia riposare il latte in una cati- nella larga, per una notte intera. Si leva, dopo, il così detto «capo di lat- te » che è la parte più- densa e più gustosa del latte. Si può mangiare condita con zucchero e polvere di cannella, oppure montata. Per montarla bisogna battere e ri- battere la panna con un mestolo (ci sono degli arnesi ad hoc ) finché non diventi una densa spuma, quindi si f a riposare. La parte sierosa che re- sta nel fondo della catinel la si to- glie, perchè inutile, poi si torna a battere leggermente la panna, mi- schiandovi zucchero e zucchero di vainiglia. Se si vuole f are il latte- miele, si mescola la panna col miele in una catinella profonda, e s'agita col frul l ino finche divenga spuma soda. Si condisce con coriandoli e cannel la in polvere. Mariii. — L'arte di dorare non è faci le. Intanto Lei non mi dice che cosa vuole indorare. Se si trat ta di rame, ci vogliono, in generale, delle composizioni a base di cianuro di potassio, che sono velenosissime e per ciò estremamente difficili a pro- curarsi ed estremamente pericolose ad adoprarsi. Una buona doratura di oggetti di rame può ottenerla appli- cando, a freddo, un liquido composto di: un litro d'acqua; 30 gr. di clo- ruro di sodio (sale da cucina); 30 grammi di potassa; 30 gr. di Prus- siato giallo; 6 gr. di cloruro d'oro. Se invece si tratta di oggetti di ferro o di acciaio, le consiglio que- sta soluzione, che è però velenosa: sol fato di rame gr. 5; acido solforico gr. 2; acqua gr. 1000. Tuf fati che ab- bia in questo liquido i suoi oggetti metallici, che avrà però, prima, ben puliti, f a scaldare quest 'altra misce- la: acqua gr. 75; soda cristallizzata gr. 25; cloruro d'oro gr. 6. Potrei darle altre ricette, per do- rare oggetti di argento, etc. Ma bi- sogna che Lei mi spieghi bene di che cosa si trat ta. O-hiottona. — A me non piace: ma riconosco con Lei che un bel pezzo di gorgonzola macchiato, quando è macchiato naturalmente, ed è di pa- sta burrosa, morbida, possa essere appetitoso. Mi pare però che sia un cibo da raccomandarsi... ai mariti. Purtroppo in commercio è più fa- cile trovare del gorgonzola ammuffi- to artificialmente, che non quello naturale. Se vuole accertarsi della genuinità delle macchie le dò io la ricetta. In generale quelle macchie verdi si fanno iniettando nel formag- gio dell'anilina bleiu, o dei sali di rame. Se si t rat ta di anilina, s e ne accorge subito, osservando le mac- chie, che diventano verdi. L a muffa naturale è a contorni precisi, netti: dove c'è la muffa, il colore è verde; dove c'è il formaggio sano il colore è giallastro, caratteristico. L'ani l ina iniettata f a invece delle macchie che sono più intense al centro, e sfumate ai bordi. Che invadono, cioè, anche il formaggio, un po'. Se si vede una sfumatura, c'è trucco. Quanto alle macchie fat te con sali di rame, ba- gni il verde con acqua satura di cloro. I funghi veri scompariscono a quel contatto: il verde ottenuto col rame rimane. Massaia viaggiante. — Grazie dei francobolli: saranno spesi per opere buone; un'al tra vol ta però scriva me- glio il mio indirizzo. Vuole avere un po' d'aceto buono quando è in viag- gio? Usi l 'aceto in polvere. Ecco co- me si f a: si bagna con aceto forte il cremore di tartaro polverizzato e si asciuga a forte calore ripetendo l'operazione quattro volte. E si serba questo cremore di tartaro, divenuto violentemente acido, in un vasetto. Al momento di servirsene, per esem- pio in campagna, cinque o sei gram- mi di tale polvere disciolta in mezzo litro di vino bianco dànno un ottimo aceto e dopo cinque minuti il cremo- re di tartaro insolubile precipita al fondo. E il vino... è diventato aceto. Novella sposa. — Appena due mesi di matrimonio e già è disperata per ia servi tù? Scenate? Non le sembra che ia padrona debba comandare ai domestici sempre nelle forme genti- li?, è il miglior modo perchè le per- sone di servizio non dimentichino mai il rispetto che devono ai loro padroni. Sia calma e sopra tutto si curi, vedrà che appena riconquistata la salute e la forza tutto andrà me- glio. Le consiglio per la cat t iva di- gestione e come ottimo calmante la infusionie di salvia. Signora di Pescara. — Vuol pulire bene la sua argenteria e tutti gli og- getti inargentat i? Immerga e freghi gli oggetti nell 'acqua dove sono state cotte le patate, vedrà scomparire le macchie solfuree che lasciano le uo- va: è un mezzo molto economico. Per la pulizìa delle mani adopri del- le mandorle pestate, un po' d'acqua, 2 centigrammi di storace secco ed un po' di miele bianco. Formi una pasta omogenea e ne cosparga con una piccola dose le mani. Abbonata inesperta. — Gradisco sempre moltissimo le parole gentili delle abbonate: le sue poi mi hanno veramente ral legrata. 10 abbonamen- ti tutti in una volta! Ringraziamenti e congratulazioni. Per levare le mac- chie di ruggine dalla biancheria, si spreme il succo d'un limone in un cucchiaio, possibilmente d'argento, lo si f a scaldare sopra una fiamma e poi si lava la macchia nel liquido caldo. La macchia scompare comple- tamente senza danno della bian- cheria. Abbonata di Genova. — Si lamen- ta perchè le cornici dorate dei qua- dri, delle incisioni, degli specchi, han- no per nemici le mosche e la polve- re; c'è rimedio anche a questo: il liquido più inoffensivo è l 'acquavite. Facc ia sciogliere un po' di sapone bianco, nella proporzione soltanto di un grammo per 30 grammi di acqua- vite. Si adopra questa soluzione sa- ponaria con uno straccio di tela vec- chia, passandolo su e giù sulla cor- nice. Per al lontanare le mosche pas- si uno straccio imbevuto nell'olio di lauro o anche in un decotto di porro ma questo processo ha l'inconvenien- te di spargere nel l 'appartamento un odore disgustante di porro cotto che le consiglio evitare. Gina cara. — Del la fonduta, o fon- dila in dialetto piemontese (il piat- to è originario di lì) la Cucina Ita- liana si è occupata già abbondante- mente. Mi pare che le abbia dedicato anche un articolo il nostro collabo- ratore comm. Gino Massano. Si f a sciogliendo lentamente nel burro a fuoco dolcissimo un formaggio non fermentato chiamato fontina, e in- corporando nel composto tartufi bianchi tagl iati a scagl ie sottilissime, rossi d'uovo e, credo, anche grùyere grattugiato. E' un piatto un po' trop- po costoso per una massaia ed io... voglio insegnare alle mie giovani let- trici l'economia domestica. Al tro che tartufi! i Ines O. S., Milano. — Ecco qui una cara amica lombarda che ha dei bei mobili stile 400, per la sala da pran- zo, e mi domanda come intonare il resto dell 'arredamento della stanza. Intanto io direi di non f ar mettere la car ta alle pareti, ma di f ar tin- gere i muri di un colore uniforme, giallo-avorio o calce, col sistema det- to « a spugna ». Se vuol proprio met- tere la carta, adoperi allora un tipo semplicissimo, di una tinta tenue, giallina, uguale, senza disegni. Se può spendere, facc ia fare invece alle pareti quegli alti zoccoli (mi dispia- ce di non poter dare i nomi dei pro- dotti, ma non posso fare la réclame grat is!) imitanti i lambris di legno. Le tendine alle finestre saranno in seta, di un colore pallido appropria- to al la tinta delle pareti. Crema, di- rei. In fondo alle tendine una bella frangia. Tappeti, di stile, colore, di- segno antichi. Sulla tavola da pran- zo, una striscia di damasco rosso o giallo, contornata da un pizzo o » antico.

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