LA CUCINA ITALIANA 1936

* LA CUCINA ITALIANA 1° Novembre 1936-XV vola più eleganti, fece un piccolo mi- racolo di buon gusto. Stamani, per tempo eccoci di nuo- vo al l 'opera! Quante cose abbiamo avuto da fa- re! Ora, però, se Dio vuole, tut to è pronto. F r a poco l 'ospite sarà qui. P r ima di andarmene, vogl io dare un'ul t ima occhi ata di control lo ai fornel l i. Il brodo non aspet ta che di esser ver sa to nelle tazze. In una candida tegl ia pirofi la al cune trigl ie di sco- gl io, di proporzioni iperbol iche, gro- giolano dolcemente nel la classica sal- sa vermigl ia. Il profumo del l 'arrosto, che finisce di rosolare nel tornino a gas senza bisogno del la sorvegl ianza del la cuoca, si mi schia s impat icamen- te con quel lo appet i toso dei porcini. Non c'è proprio niente da prepa- rare. Penso, e con soddisfazione, cne Rose t ta potrà f a re con digni tà al commendatore gli onori di casa. Eccol a, Roset ta. Es ce di camera più graz iosa del consueto, con un bel vest i t ino così adat to al la circostanza. E ' s tata a met tere Fo l co a nanna. Sper iamo che quel birichino fac- cia un bel sonno. E se si svegl iera, pazienza! L'ospi te non sarà malcon- tento di vedere la brava massaina nelle sue funz ioni di mamma. Rose t ta mi domanda: — Le pare che tut to vada bene? — Benone! Sente, eh? che buon odore mandano le sue pietanze! Son s i cura che il commendatore non pro- verà a f f a t to la nostalgia dei mani- caret ti del la sua cuoca. — Ah, Ros e t ta — dico, dopo una pausa —. Mi pare un sogno che lei sia diventata tanto brava! Cominc io a credere che ne sappia più di me. Se l ' argomento non fosse così pede- stre direi col Poe t a: « Credette Cimar bue tener lo campo.... Rose t ta protesta ridendo. Le mando un bacio sul la punta dei- Ma qualcuno è ent rato in casa. E' Cochi con l'ospite.... — Ciao, Roset ta. Buon appetito. le di ta e me la sv i gno dal giardino. F R I DA L ' À . B . C DELL j?* C U C I N A Marrion candi it e ghiacci iat Per ttn'abbonaia napoletana, — Lei non immagina certo quanto siano difficili a candirsi i marroni a causa della loro friabilità. Questa canditura richiede tan- to tempo e tanta pazienza che lei non può accingervisi da soia. Mobiliti le per sone di famiglia capaci di aiutarla con garbo nella delicata bisogna. La preven- go, però, che un terzo dei marroni per 10 meno andrà perduto, a causa, 1« ri- peto, della loro friabilità. Scelga un kg. di marroni belli ' e sani e. con un coltellino adatto tolga loro la prima buccia, ma senza intaccare la seconda: cosa tutt'altro che agevole. Quando li ha sbucciati, li metta al fuo- co m un paiolino con acqua a bollore in abbondanza. _ Sarebbe opportuno aggiungere all'ac- qua qualche manciata di semola (cru- sca). Ma in tal caso bisognerebbe met- tere i marroni in un panierino di vi- mini involtato in un pezzo di tela, e ciò per impedire alla crusca di venire a contatto con essi. Se non vuol ricorre- re alla crusca, si serva pure di acqua eemplice. Ma, durante la cottura, l'acqua, con o senza semola, per l'arione dell'acido tannico annerisce. Lei perciò dovrà cam- biarla. Tolga il paiolo da', fuoco, lo in- clini da una parte per far scolare l'acqua scura, e contemporaneamenc» dall'altra parte faccia versare nel r e c i n . a ' - q u a pulita e a bollore. Poi rimetta .. paiolo al fuoco. Dopo una mezz'ora di cottura, prenda uno dei marroni e lo fori con uno spil- lo. Se lo spillo entra con difficoltà, la- sci bollire ancor-" : diversamente comm ci a levare ai marroni, con tutta la de- licatezza possibile 1 1 seconda nelle r 11 metta uno ad uno nello sciroppo slà pronto e freddo in una teglia bassa piatta dove essi possano stare bene ste- si. Questo sciroppo deve essere stato fatto a caldo, con novecento grammi di zucchero a zolili o a quadretti ed un litro d'acqua. La sua densità misurata coi pesa-sciroppi, dovrebbe essere di venticinque gradi. Mentre bolle ne sfiori la superficie con una mestola bucata per asportarne la schiuma bianca che viene mano a mano formandovisi. Per aro matizzare lo sciroppo vi unisca una mez- za stecca di vaniglia. Disposti i marroni nella teglia, met- ta questa al fuoco e la porti gradata- mente all'ebollizione : ma, appena na staGcato il bollore, la ritiri dal fuoco, la 'cuopra e lasci li tutto fino all'indo- mani. L'indomani .inclini da un lato la teglia per fare scolare lo sciroppo, sen- za però toccare i marroni. Raccolga lo sciroppo in una cazzarolina, lo metta al tuoco, vi aggiunga due belle cuc- chiaiate di zucchero in polvere e io lat- ria bollire per qualche minuto affinchè si addensi, dovendo riuscire più fitto del primo. Quindi lo rovesci bollente sui marroni e lasci star li tutto per al- tre \\<<»'iquattr'ore. La stessa operazione deve e-i&ere ripetuta il giorno seguente per far ristringere ancora più lo scirop- po che deve acquistare una consistenza gommosa. Dopo altre ventiquattr'ore 'li sosta tolga con molta precauzione, e servendosi di una forchetta, i marroni dallo sciroppo e li faccia scolare bene. anzi, potendo disporre di un forno ap- pena tepido, ce li tenga per una diecina di minuti. Nel frattempo prepari la ghiaccia. Può servirsi, se crede, dello sciroppo avanzato dall'infusione dei mar roni: ma dovrà aggiungervi una buona dose di zucchero fine iniim-'dito con l'acoua, dovendo la chiacrin esse-e cosi abbondante da ricuoprire i marroni. Met- ta dimane io sciroppo al fuoco in un -ecipiente Wsro e basso e lo faccia bol- lire fino a che. asportandone una nic- cola ouantità con l'indice è il noi 1 ice ^acnàti, e slargando le due dita non venga a formarsi fra di essi un filo abbastanza resistente. Allora tolga la te- glia dal fuoco, ci accomodi dentro con delicatezza i marroni, la cuopra e la tenga per una ventina di minuti vicino a.1 fuoco, in modo che lo sciroppo, del quale i marroni debbono permearsi gra- datamente, non si raffreddi. Trascorso questo tempo, rimetta la teglia su tuoco debolissimo. I marroni non debbono bol- lire, ma soltanto scaldare. Intanto lei vigili per cogliere il nomento giusti» della ghiacciatura. E sa come ? Passi di | continuo una forchetta sul bordo i-nter no della teglia; quando ved e che sotto la forchetta si forma come una spuma bianca, è segno che la ghiaccia è fatta. Si affretti a ritirare il recipiente dal fuoco, e a togliere da esso uno ad uno, sempre con la forchetta, i marroni che metterà a scolare sopra un a gratella di ferro stagnato. L'indomani potrà siste- marli nei cestellini di carta (pirottini) che si trovano in commercio. E cosi la fatica sua e delle sue aia- tanti sarà finita. GHIACCE Slg.re Elena e Maria Denza - Napoli. — Naspro è termine napoletano che cor- risponde alla parola i'a'iana ghiaccia. Non so con precisione di quale specie di ghiaccia loro intendono parlare: ma immagino si tratti della ghiaccia reale che, per quanto sia stata, in genere, so- stituita da! fondente (migliore assai di essai si usa ancora per rivestire certe specialità di dolci, fra i quali forse so- no compresi quelli da loro ricordati. La preparazione della ghiaccia reale è semplicissima. In sostanza non si tratta che di un impasto di albume d'uovo e di .¿uccne- • o a] velo, montati assieme. Tirto sta nel montarli a dovere. Per ocni ch'aro d'uovo la dose dello zucchero al velo è di circa duecento p-rammi. Si comin- cia a sbattere il chiaro iti una tazza

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