LA CUCINA ITALIANA 1936

li LA CUCINA ITALIANA padina posta sopra il fornello, che non ha avuto, da tre o quattro gior- ni almeno, la carezza di un umido strofinaccio e che è tutta annebbiata dal fumo dei calamaretti che hai frit- to per desinare... calamaretti che — lo sento dall'odore — hai lavato nella vaschetta che è sull 'acquaio e che dovrebbe servire soltanto per la ver- dura... Ragazza mia, sai che l'odore va regolarmente in cocci quando, nei- ia fret ta si prende la bottiglia dal- l'armadio... E quei due fiaschi dei vino sono stati risciacquati? Di' la verità... — Nossignora. — Molto maie... tu hai tutto il tem- po necessario per le faccende di cu- cina; sai che i fiaschi non ri- sciacquati subito, fanno inacidire ia .li pesce è disgustoso... sai che tu hai ultima goccia di vino che vi è rima- li catino speciale - per lavare il pesce e sai che devi buttare l 'acqua spor- ca nel gabinetto di servizio e non nel- l'acquaio... Questa volta la ragazza ne con- viene. — Brava!. .. ma toh! lo scolo del- l 'acquaio non funziona bene... Vi avrai lavato l'uva... e qualche pic- colo acino lo avrà ostruito. — Bisognerà telefonare allo stagna- ro... ci vado... — propone Giuspa. — Aspetta... non occorre... L'uva de- ve venire lavata, prima d'essere por- tata a tavola, dentro ad un recipienta bucato, per non correre il pericolo che degli acini otturino l'acquaio... ma adesso basterà buttarvi giù una piccola quantità di acido muriatico... Giuspa, è nell 'armadio della farmacia, in una bottiglia che ha il teschio dei veleni e un'etichetta gialla!... Bra- va!... Grazie!... L'acido muriatico di- strugge subito l'acino... Ecco fatto! Rimetti subito la bottiglia a suo po- sto. Continuiamo. Rosetta, tu non hai lavato questo spremi-limoni di vetro!... E' vero, signora, ma vi debbo spremere il limone per la maionnese di stasera. — ... e non ti sei detta che i resti del limone, ohe vedi qui attaccati al vetro, rapidamente diventano di una acidità che comunica un cattivo sa- pore... e neppure hai cambiato, avan- t i e r i — domenica — le tovagliette nell'armadio. Eppure, vedi... leggi su questa tabella che ti ho qui appeso: « giovedì e domenica mutarp gli stro- finacci, domenica mutare le tova- gliette nell 'armadio di cucina... »; e, adesso che guardo, tu non hai fatto ne l'una nè l 'altra cosa... — Mi parevano pulite.. — E non lo sono; qui c'è una bella macchia di fichi, ed un piccolo resi- duo che incomincia ad ammuffire... e, in Quanto agli strofinacci, tu non devi discutere, ragazza mia... devi soltanto obbedire a quanto è scritto sulla tabella, a quanto ti ho ordinato io. Gli strofinacci non debbono essere messi in bucato, troppo unti... ricor dalo anche tu, Giuspa... altrimenti perdono nel lavacro troppo... intenso, la loro morbidezza. Vedo poi, che sot- to al la bottigl ia, dell'olio, nell'arma- dio. non bai il piattino di alluminio, ma uno di ceramica. E non è lo stesso? — domanda. la fidanzata Non è lo stesso: quando Rosei ta adopera l'olio, ne lascia sempre colare aualéh» goccia: l'olio p appic- cicaticcio, si « attacca » al piattino che vi è messo sotto, piattino che sta... che poi, richiedono dell'acido muriatico e doppio lavoro per fare scomparire il cattivo odore, o vanno a rischio di inacidire dell'altro vino, quando non vi si faccia attenzione e lo si metta, senza odorare il fia- sco... Vedi, Giuspa, sono piccole cose, a cui ogni padrona di casa ed ogni domestica debbono dare tutta la loro attenzione!... Seguitiamo... Fa uscire dal tavolo la tavola su cui fai la pa- sta all'uovo... Male, male! ieri hai fat to i gnocchi di patate e non l'hai j lavata... come pure non hai lavato il matterello, che ha ancora della pasta appiccicata! Porta tutto sul balconci- no e fal lo stasera! Rosetta immusonita obbedisce. — Apriamo adesso la piccola ghiac- ciaia. Come mai vi trovo quattro te- ste di pollo, otto zampe ed i greci l i? — Sono dei polli che ha. portato il fattore — risponde la ragazza, che questa volta si trova « in fal lo », e appare mortificata. — ... ma li ha portati otto giorni fa! Ormai sono da buttare! Che pec- cato! — Scusa, Matilde, a che avrebbero potuto servire? — A ottenere dell'economica e squi- sita gelatina. Bas tava che Rosetta li avesse ben lavati, avesse tolto ai col- li ed alle teste ogni residuo even- tuale di sangue, li avesce fatti bollire in una piccola quantità ài acqua con sale e molti odori... vi avesse unito un cucchiaio di marsala... Poi avrebbe potuto pestare sul tagl iere le creste, quel po' di carne at taccala ai colli, ed i grecili e per usufruir- ne in due modi: per farne un soufflé di uova, oppure incorporandoli in una puree di patate per farne delle croc- chette fritte, Te lo avevo insegnato parecchie volte, vero, Roset ta? — Sì, signora... ma per carità, non guardi - altro! mi fa fare brutta fi- gura... — No, guardo fino in fondo tutto.. Vedi che non ti rimprovero... so cha sei giovane a inesperta... anche -'e tu ti credi ormai un portento! No. il resto è in ordine; dimmi, però, in coscienza, se meriti un aumento. — Nossignora... ma io dicevo per- chè il 20 è l'onomastico della mam- ma ed io... — E tu volevi mandarle un pic- colo dono. Sta tranquilla; glielo man- deremo insieme. Non ti dò un aumen- to, ma un « premio di incoraggia- -iento » Ti va? Signora, ella è troppo buona!.. * * « - Vedi. Giuspa, — fa Matilde, quan- do torna in salotto, al la cognatina — vedi l'efieLto della mìa mancata sor- vegl ianza della scorsa settimana. Cre- di che quando si ha una sola dome- stica e quando questa non è un vero portento, la padrona di casa devo sorvegliare, sorvegliare, sorvegliare... Non credere Rosetta peggio delle sue coileghe... vorrei che ognuna del- le nostre amiche facesse l'ispezione che ho fat ta adesso, e vedrebbe... molto di peggio di quanto abbiamo visto noi! U torto è di noi padrone- Ricordi quella tavoletta che trovai su quel vecchissimo libro?... — Veramente no... — Una padrona vedeva che tuuo, in casa sua, andava a rotoli e chiese consiglio ad un saggio. Questi le die- de una cassettina chiusa, con l'or- dine di portarla tre volte al giorno in cucina, in dispensa ed in cantina. La signora obbedì, potè constatare sopì usi, spreco, disordine e mettervi riparo; soddisfatta, riportò la casset- tina al saggio che gliela aperse sotto gli occhi e le consegnò una striscio- lina di carta che conteneva e su cui vi era scritto « sorveglianza! sorve- glianza! sorveglianza! ». La fidanzata ride e approva. Un trillo di telefono. — Oh — f a Matilde tutto lieta — siamo invitate ad un ricevimento al Consolato di Ungheria stasera! An- che il tuo fidanzato... molto bene!... Abbiamo pronto un bel vestito, ci di- vertiremo, — E nessuno crederà che donna Matilde abbia fatta, qualche ora pri- ma, una completa ispezione nella sua cucina — scherza Giuspa. —• Bimba mia, quell'ispezione mi innalza nella mia stima e mi innal- zerebbe in quella della ministressa di Ungheria — che è una persona sem- plice e di buon senso — se lo venisse a sapere. Ricorda: una signora sol- tanto mondana sarebbe un grosso guaio per il marito e per l 'andamento famigl iare ; una signora soltanto mas- saia sarebbe un peso pel marito stes- so!... Noi dobbiamo essere l 'una cosa a l'altra, senza credere di scendere di un millimetro dalla nostra scala sociale se ci occupiamo a fondo della nostra casa e dell 'andamento fami- gliare... Poco fa mi hai vista in cu- cina... questa sera mi vedrai... — elengantissima, col vestito di ul- tima moda, eh acchierare in tedesco, se occorre, o in francese o in inglese e dire cose belle e sensate, facendo tuo marito superbo di te... ed io pure — aggiunge Giuspa, superba.... ELENA MOROZZO DELLA ROCCA La domenica leggete : LA VOCE D' ITALIA

RkJQdWJsaXNoZXIy MjgyOTI=