LA CUCINA ITALIANA 1937

L A CUC I NA I T A L I A NA 1° Apr i le 1&37-XV f u s o ; poi si a g g i u n ga il f o rma g g i o. E ' d ' obb l i go il pe co r i no; non t r oppo p i c c an te po i ché l ' a g g i un ta di pepe ài p i a t to è di r i gore. I l pe co r i no de ve es ser romano; c i oè de l la Ma r emma o de l l ' Ag r o; per chi non a ma i sa- po r i f o r t i è pr e f e r i b i le que l lo di Mon t ega l l o, o di Ca r a s s a i, c he e r a « c a ro a s s ai » (Ni c and ro f a c e va an- c h e dei g i o chi di pa ro l e) a l P a p a S i s to V il qua le na to ne l la non lon- t a na c amp a g na di Mon t a l to Ma r c he S'. i n t ende va non poco di pa s t or i z i a. Gl i s pa ghe t ti a l la ma t r i c i ana, col pomodo r o, si p r epa r ano, s op r a t u t to f uo r i di ques ti paes i, c on l a p a s ta « c omp ra » c ioè di p r epa r a z i one indu- s t r i a l e. L i p r e f e r i v a, ques ti s pa ghe t- ti, an c he il pov e ro Le on c a v a l l o, c h e u n a vo l t a, in un p r ima r io a l b e r go di | Lond r a , sudò u na c am i c ia a f o r za ' d i f a r ge s t i per f a r s i c ap i re dal cuo- co. L e on c a v a l lo g e s t i c o l ava, s i curo d i non esser comp r e so dal c uo c o; a l l a fine de l la pan t omi na, s c o r a g g i a- to da l l ' a r ia impe r t u r bab i le del cuo- co, e s c i amò: «mannaggia gli spa- ghetti... ». E il cuo co di r ima ndo: «S e gnò ' , so' c ap i t e; tu voi li spa- ghe t t i a l l a ma t r i c i a na ». L e on c a v a l lo 10 a bb r a c c i ò; per la s t or ia il cuoco e r a Ca r l u c c io il ma t r i c i a no na to in Ame r i c a da gen i t o ri or i undi di que- s t e mon t a gne. N i c a n d ro an c o ra non c i a v e va ma i s ve l a to il s e g r e to deg l i s pa ghe t t i col pomodoro, ma su pic- co l e sue ammi s s i oni a domande che e s i g e v ano r i spos te c a t e go r i che, lo ri- c o s t r u i amo. Dunqu e: p r ima il guan c i a le a pez- z i ; quando i n c omi n c ia ad « ar roso- l arsi » si a g g i u n ga il pomodo ro (« ce vonno quelli de montagna; so più gentili e più boni; come le patate de qui che danno un sapore!...»). Un po' di « p e p e r o n c i n o» è d ' obb l i go; il s u go deve es sere tirato l ino a un co l o re un po' scuretto, ma a pp e na appena. P e r f o rma g g io b i s o gna sce- g l i e re il pe co r i no; c 'è chi ci me t te 11 p a rmi g i a no; «ma non ce sta'bens; f. una painata... » — d i c e va Ni c an- d r o _ ; una os t en t az i one cioè di sno- b i smo. B i s o g na t o r na re a R om a ; il sole I l l umi na cog l i u l t imi bag l i o ri la ci- m a di P i z z 0 d ì S e v o > c h e s o v r a s ta Ama t r i c e. Ci s i amo d imen t i c a ti di ch i ede re a i f i g l i qua li sono gl i spaghe t ti che g a r an t i s c ono per c o t t u ra e cons i s ten- z a la r i us c i ta del p i a t to ca r a t t e r i- st i co. I n t e r v i ene r ; l l a c onv e r s a z i one il c ompe t en t e: un c u o co ma t r i c i a no c he v i ene da P a r i g i e pa s sa qui sue f e r i e pasqua l i. « N e t so provai. . ianti... ma li mejo de tutti so' li spaghetti ab- ruzzesi e toscani. Mo' ce l'averne pure a Parigi; quanno li possn as- saggià me ce rifiato ». Ma i n t an to chi v i ene a R oma gl i s pa ghe t t i ve ri a l la ma t r i c i ana li può a s s a g g i a re in tut t i il pr inc i pa li r i sto- • r an t i t rad i z i ona l i, tut t i , f onda ti o 1 i- rattì, da « ma t r i c i ani ». E L V A R O L L I DONNE DEL TEMPO DI MUSSOLINI £e M a c s i r e Con questo scritto s'ini- zia sulla Cucina Italiana la pubblicazione di una se- rie di articoli che la Diret- tricie intende dedicale a J l e donne, raggruppate secondo le varie attività che esse esplicano nel quadro della Nazione. " E pare a noi che a nes- suna categoria, megl io ohe a quella delle Maestre ita- liane, spetti il diritto di aprire la serie. Se io dovessi pensare la donna m una mansione diversa da quella del- la madre, vorrei pensarla insegnante. Premesso che, anche la madre è largamente rappresentata nella clas- se delle maestre, trovo che la donna, come insegnante ed educatrice, è an- cora quella che è meglio al suo posto nei vari ruoli che è chiamata ad oc- cupare nella vita moderna. Non c'è mansione che ella esplichi con più nobiltà, con più spirito di sacrificio e con più abnegazione. Accanto ai bambini che Dio non concesse al suo destino ella è più che la madre: è il primo delicatissimo strumento attraverso il quale si for- gia l'anima del fanciullo, che vede di- nanzi a sè schiudersi — sia pure in embrione — gli orizzonti della sua vita futura. * » * Alla classe degli insegnanti hanno appartenuto in ogni tempo i più bei nomi della scienza, dell'arte, della po- litica: ma basterà, ricordare il nome di Uno solo, perchè i maestri italiani debbano andare sempre orgogliosi della loro missione. Tuttavia non vo- glio parlare oggi di queste eccezioni. Voglio parlare delle creature più umili: delle maestre, che iniziano a diciott'anni la camera fra i banchi delle scuole, e lì la concludono dopo avere per tutta ima vita, esplicato la loro alta missione di educatrici, senza che sia venuta meno in loro, anche per un solo giorno, la passione con la quale si sono prodigate in ogni senso per il bene di migliaia di crea- ture. Esistono piccoli paesi sperduti jra le nostre montagne dove la vita del- le maestre assume il significato di un simbolo. Ella rappresenta non so- | lo colei che impartirà agli alunni quelle nozioni che saranno la base del loro sapere, ma colei che infonderà lo spirito dell'Italia nuova in bambini che al di là del loro borgo non hanno alcuna conoscenza del vasto mondo che si prepara ad accoglierli: colei che insegnerà ai piccoli il significato di una bandiera, il suo simbolo, il suo valore sacro, e dirà loro che cosa aspetta lei Patria dalle loro giovi- nezze. Sarà lei che metterà nelle loro anir me bambine il germe di quello che saià il soldato e il cittadino di do- mani, e farà di questi piccoli esseri lontani dal mondo, individui già par- tecipi della vita e della gloria del- la Nazione. Sarà lei che farà entrare nel cer- chio di questa vita nuova le famiglie, valorizzando l'opera del Regime che, in ogni campo, per la via più diretta, cerca di arrivare al cuore del popolo. Nulla può essere paragonabile alla, nobiltà di questa missione. * * * Basterebbe ripensare al contributi dato dalla scuola alla difesa nazio- nale nel periodo delle sanzioni: la carta, i rottami di ferro, l'oro, i prò-, pri risparmi, tutto fu offerto dai pic- coli, con ardente entusiasmo a quella Patria che già li chiamava a parteci- pare alle sue battaglie e alle sue glorie. I balilla che hanno escogitato me> zi rocamboleschi per andare a fare la guerra in Africa, e il balilla che nel- l'anno s cor so ha meritato il premio della Notte di Natale per un atto di bontà, sono ragazzi usciti dalle no- stre scuole, e soltanto in minima par- te l'origine dei loro sentimenti deve ricercarsi nell'educazione familiare o in un loro proprio istinto. Alla bellezza e all'ardimento essi sono stati iniziati giorno per giorno dal paziente amore e dalla calda pa- rola delle maestre, alle quali essi deb- bono spesso tutto l'indirizzo della lo- ro vita. * * * Nelle maestre del tempo fascista noi salutiamo la donna nella mia più alta e delicata missione, espletata in circostanze che la mettono talvolta nella luce dell'eroismo. La Cu c i na I t a l i ana che ha il vanto di aver combattuto fin dall'inizio del- le sue pubblicazioni, per una più alta coscienza della donna italiana, è fiera di annoverare fra le molte migliaia d-~3 sue amiche e abbonate nume- rose maestre, ed è motivo di alto compiacimento per noi, avere da que- ste creature elette, la ,-nllahorazienr, e l'appoggio. F A N N Y D E S I

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