LA CUCINA ITALIANA 1937
W LA CUCINA I TA L I ANA 1" Aprile 1937-XV C o n s i g l i a U o s e f i o , Lo zio di Cochì si è rimesso assai bene in salute. E' un vecchio mira- coloso che, giunto al l imite della vita, riesce a tornare addietro. Questa vol- ta, a quanto sembra, c'è tornato pie- no di vigore e di giovani le energia. Dal le sue lettere si capisce che tiene di nuovo le redini del l 'amministrazio- ne dei suoi beni e che si occupa con r innovato fervore delle faccende ru- rali. Con la lettera ar r i vata ieri a Li- vorno il vecchio annunzia ai nipoti di a.ver tutto disposto per la colti- vazione in grande stilè del filugello. Da qualche anno, stante il disagio in cui erano venuti a t rovarsi gli alle- vatori per il ribassato prezzo dei boz- zoli, lo zio non si occupava più di bachicul tura: e il « Castel lo », le stuoie, le reti e i r imanenti attrezzi r imanevano inoperosi. Ora è venuto il momento di riuti l izzarl i. L a notizia del l ' importante iniziat iva presa dallo zio ha destato l ' interesse di Cochì e di Roset ta. Essi hanno deciso di fare al momento opportuno una scappata nel Chianti per vedere al l 'opera i meravigl iosi insetti che producono un mater iale tessile tanto prezioso. — M' immagino — dice Roset ta — che il filugello sia una bel la bestio- l ina con le ali. — Infat ti — le spiego — il baco da seta appart iene all 'ordine dei lepidot- teri;. Ma le ali le mette solo quando da crisal ide si muta in far fa l l a, ed esce dal bozzolo che, anno per anno, viene lasciato per seme. Pr ima è un bruco... Rose t ta storce la bocca.. Proseguo : — Ma un bruco che riscatta, alme- no in parte, il danno arrecato dai suoi voraci parenti al l 'umana econo'- mia. Esso infat ti dà origine a indu- strie fiorenti e importantissime. Quan- d'ero bamb i na- Rose t ta che, seduta accanto a me, lavora di cucito, sorride. Sa che ogni spunto di colore georgico, ravv i vando i miei ricordi di Campagnola tra- piantata in città, mi scioglie la par- lant ina: e si prepara ad ascoltare, con attenzione cortese, le mie rievocazio- ni nostalgiche delle cose lontane. — Quand'ero bambina — riprendo — m' incantavo vicino alle stuoie su cui migl iaia di filugelli brucavano con uno scricchiol ìo l ieve la fogl ia dal gelso. A quel l 'epoca in tutte le case coloniche si al levavano i bachi. L a loro coltivazione si prat i cava con sistemi primordial i, i medesimi forse usati quando due monaci Greci riu- scirono con l 'astuzia a t ra fugare dal- la Cina — dclVe il baco da seta era conosciuto fino dal 26" secolo avanti Cristo, ma dove il segreto dell'indu- stria ser ica era gelosamente custodi- to —- il seme del filugello e a portarlo a Bisanzio. Dal la preziosa sementa nacque una nuova industria che divenne fonte di grandi ricchezze. La seta in "quei lon- tani tempi, va l eva più dell'oro. Ma anche quando ero bambina io — la seta art i f iciale non era ancora ppar- sa, astro fulgidissimo, sul l 'orizzonte industriale — la seta naturala costa- va un occhio. Quindi la coltivazione dei bachi garant i va ai contadini un ut j le tutt 'al tro che trascurabi le. Ma quànto sacrificio richiedeva! Le mas- saie cominc iavano col f ar nascere i bachi, sia tenendo in seno per una vent ina di giorni il seme chiuso in un sacchett ino, o riponendolo f ra le materasse del letto. E appena nel Bacchettino si svegl iava un fermento di vi ta, quanto daf fare cominc iava per le al levatr ici! E quante cure de- l icate ed assidue richiedevano i ba- chi da quando nascevano, sottili come punte d'aghi e lunghi solo qual- che mi l l imetro, a quando, avvolgen- dosi nel filamento setoso che usc iva loro dal la bocca, si chiudevano nel bozzolo! I sistemi moderni avranno certo sempl icizzate ed al leviate le f a- tiche della bachi cul tura: ma a quel tempo esse assorbivano la maggior parte della laboriosa giornata di chi aveva l ' incarico di provvedere al la scrupolosa pul izia delle stuoie, di go- vernare i bachi, di proteggerne le lunghe « dormi ture » con la più vigi le attenzione. Chiuse a notte le finestre, si creava attorno ai dormienti una atmos f era di quiete assoluta. Proibi- to qualunque rumore: proibito di toc- care le stuoie. Mai sonno d' infante f u così risolutamente di feso in una casa colonica come quello del filugel- lo che dormiva « la grossa ». Ai ba- chi era r iserbata perciò la stanza più appartata, la più areata ma al tempo stesso di fesa dal le correnti d'aria, l 'unica spesso che avesse i vetri alle finestre e il tetto in buono stato. La fami g l ia del contadino dormiva per lo più in tetre stamberghe mal ripa- rate dal vento e dal l 'acqua. (Oh! con- fortante visione delle belle caset te co- loniche sorte g ià per v i r tù del Duce ! ). In quegli abi turi non di rado, nelle notti piovose si doveva stare a l e t t o- sotto l 'ombrello. Ma i. bachi avevano bisogno di un riposo ovat tato per prosperare e produrre l 'aurea mèsse di bozzoli che veniva a concludere tante assidue, pazienti e trepidanti fat iche. Poi quel ramo d' industria Casarec- cia venne a decadere con l a progres- siva diminuzione del prezzo della se- ta: diminuzione dovuta specialmente alle mene degli speculatori. Le mas- saie dicevano: — Mette conto sop- portare tanto disagio se la ripresa è inferiore al la spesa? — E per que- sto senso di scoraggiamento da cui erano invasi gli al levatori, reti, ca- stello e stuoie dormivano anch'esse... la grossa! Ma il Governo Fasc i s ta nel suo ir- resistibile andare verso l 'autarchia economica del la Nazione, non poteva t rascurare questo ramo del la nostra industria tessi le che ha un' importan- za enorme anche nei riguardi della esportazione. Il provvedimento at to ad arginare la speculazione è in corso con un de- creto che rende obbl igatoria la con- segna della seta ag l i ammassi ad un prezzo equo stabi l ito dal Governo e da questo garant i to per la val idi tà di cinque anni. Questo saggio provvedimento viene non solo a tutelare gli interessi dei bachicul tori, ma ad ass icurare la flo- ridezza del l ' industria serica, del la qua- le l ' Ital ia detiene in Eur opa il prima- to da secoli e secoli... Non ho creduto necessario riporta- re le domande che Rose t ta mi ha ri- volto, mentre parlavo. Una però mi r iguarda troppo di ret tamente perchè io possa lasciar la nel la penna: — Sarebbe disposta — mi ha detto, la cara figliuola — a veni re con me e Cochì a vedere i bachi? Per Lei sarebbe come un tuf fo nel passato. L' invi to mi tenta. Mi si r i af facc ia al la mente, nitido, preciso, il ricor- do di un « Castel lo » di stuoie sul le quali migl iaia di filugelli, g ià saturi di seta, a l zavano il capo cercando — meravigl ie dell ' istinto! — un ap- poggio per f a re il bozzolo. Al lora le massaie si a f f re t t avano a preparare un bosco di fasci di st ipa su cui i filugelli ¡iltessevano la loro aurea pri- gione. Rose t ta mi ripete: — Verrebbe con noi? Ed io rispondo: — Sì, sì. FJtKDA
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