LA CUCINA ITALIANA 1937

I o Aprile 1937-XV LA CUCINA I T A L I ANA j 11 L > B «0 DELLA C U CAI N I L F O KNO Signorina N. D. B. - Firenze. La Sua osservazione e giustissima. Nel mio precedente articolino il forno non è ri- cordato come un utensile indispensabi- le all'arrido di una cucina. Debbo dirle però, che un intero pe- riodo è «tato omesso nell'articolo, sia peT sbadataggine mia, nel ricopiare, sia per qualche infortunio tipografico. E appiunto in qiuel periodo dicevo che non si può fare a meno di un piccolo forno per uso domestico, quando si ha intenzione di preparare in cucina qual- che cosa di buono. Un fornirlo più o meno moderno, più o meno perfeziona- to è indispensabile. Certo, dovendo fa- re dei dolci, quanto più il forno è per- fezionato tanto più sicuro è l'esito. Perchè la riuscita dei dolci che deb- bonó rigonfiare e anche della pasta (sfoglia, frolla, o brísée) base delle va- rie preparazioni, dipende principalmen- te dalla cottura, ossia dalla possibilità di regolare il calore del forno secondo il bisogno. La cottura di un dolce di pasta lievitata è, come ho detto altre volte, il « ponte dell'asino'» per le mas- saie, anche per quelle più esperte. Un dolce preparato con la più assoluta fe- deltà alle indicazioni di una data for- inola, anche se è lavorato o lievitato al punto giusto, non rigonfila come do- vrebbe quando il calore del forno è insufficiente o eccessivo. Giorni sono una mia vicina mise a cuocer e nel forno troppo ' caldo delia sua cucina economica una torta mar- gherita magistralmente preparata. Sa che cosa avvenne '( Il calore violento fece solidificare la superficie del composto prima che que- sto avesse cominciato a cuocere e per- ciò a gonfiare: Cosi al riparo di quel- la crosta, la fecola rimase ammassata, e la torta non riuscì davvero di quel- la lievità c h e dovrebbe essere la sua caratteristica. Qualche abbonata si ram- marica perchè, pure avendo preparato secondo le indicazioni dell'A B C ò di qualche altra formóla, la pasta sfo- glia o frolla o qualche torta a lievito non ne ha ricavato un buon esito. Bd io, pur essendo solidale col lóro pic- colo cruccio, penso, in perfetta convin- zione, che il malanno sia dipeso dalla cottura: certa coffle Sono che le dosi e le istruzioni delle mie formóle sono esatte. Per non avere simili dispiaceri, ci vorrebbe il forno di materiale : il vecchio forno in cui i dolci cuociono e gonfiano gradatamente e perfèttamente. Non potendo aver quello, procuriamo- cene uno per uso domestico, nel quale si possa graduare il calore nella mi- sura più adatta alle vari« preparazioni. LA P ANNA MONT A TA Dott. Nicodemo Belfonte - Montesan giacomo. — U latte è bene farlo mun- ger« la sera c lasciarlo tutta la no«« in un recipiente largo e basso. Nel lungo riposo i grumi creinosi contenu- ti nel latte si raccoglieranno alla su- perficie di esso in uno strato denso che è appunto la panna. La mattina dopo la panna si toglie sfiorando con un cuc chiaio la superficie del latte. Quando si è levata tutta, si passa per uno stac cino di seta per togliere i grumi che contiene e renderla più liscia. I Bisognai noltre diluirla con qualche \ cucchiaiata di latte (più o meno se- condo la quantità della panna.) chè, j essendo troppo densa, monterebbe male, | mentre sarebbe ottima per il burro, j Cosi _ passata e diluita, la panna si • mette in una bacinella o calderottino di rame non stagnaio, si porta il reci- piente sul ghiaccio e si comincia a sbattere pian piano con una frusta me- tallica fino a che la massa non sia di- ventata spumosa e soffice come deve essere la panna montata. Ma bisogna stare attenti e fermarsi al punto giu- sto. _ Oltrepassandolo, invece della pan- na si avrebbe il burro. Quando la pan- na è montata s'indolcisce lasciandovi cadere sopra a pioggia, ossia da uno staccino, qualche cucchiaiata di zucche ro al velo mischiato con un pochino di zucchero vainigliato ; e intanto si mescola con tutta la delicatézza possi- bile per fare incorporare lo zucchero senza sciupare la panna, j Volendo esser più sicuri dell'esito, prima di montare la panna, se ne pren- de una cucchiaiata vi si scioglie un pizzico di gomma adragante in polve- Te, quindi si riunisce questa piccola quantità di panna col resto. Poi si pro- , Cede come ho detto OS P I TI A T A VOLA ! Per « Un'abbonata di Livorno t>. — Mi rendo benissimo cont D dello stato di trepidazione in chi U113 giovane sposa si _ trova la prima volte che deve acco- j gliere alla propria mensa qualche ospi- • te di riguardo. La scelta delle vivan- de, l'assegnazione dei posti, il servizio di tavola sono pei essa causa di non lieve preoccupazióne. E fors e di queste tre questioni, la più imbarazzante è quella della precedenza da accordare agli invitati nel servizio di tavola. Si fa cosi preste, ad urtare la suscettibi- lità delle persone, anche di quelle che, i pur ostentando in proposito molta in- differenza, sono più delle altre orgoglio- se delle proprie prerogative. Ciò premesso le dirò che, se l'invita- to più ragguardevole è un uomo, il suo posto è a destra della padrona di casa-, se è una signora, dovrà stare a destra del padrone di casa. Se poi fosse un Prelato, ha diritto al posto d'onore con la padrona di casa a destra. Ma, se c ' i una Signora di età rispettabile, starà lei a destra del Prelato e la padrona di casa a sinistra. Gli ospiti sono tutti uomini? La cameriera servirà per pri- ma la padrona fii casa per tutta la du. rata del pranzo : passerà poi il piatto all'invitato più importante seduto al'ln destra di quella e poi agli altri com- mensali. C'è anche qualche Signora? La cameriera comincerà il giro dalla Si- gnora che emerge sulle altre per essere la _ più anziana, o la più nobile o ia più altolocata. Quindi passerà subito il piatto alla padrona di casa e poi alle altre Signore. Se nessuna di queste ha ineriti speciali per emergere, la carne-" riera comincerà ogni volta il giro da un'invitata differente, poi servirà la pa- drona di casa e poi le altre invitate. Gli uomini debbono essere serviti per ultimi e ultimo di tutti il padrone di casa. E' necessario che la persona incari- cata di servire a tavola si faccia, die- tro la guida della padrona, un concetti ben chiaro sulla precedenza da accot» darsi ai vari invitati. Cosi, eliminate !« incertezze che talvolta spingono i com mensali a reclamare, per eccesso di cof> tesia, di essere serviti gli ultimi, il ser- vizio procederà ordinato e spedito, cosa essenziale per la buona riuscita di un pranzo. Lei mi chiede ricette di pranzi cari- ni gustosi e non troppo costosi. Amica mia: quando s'invita qualche persona di riguardo col desiderio di far buo- na figura, in fatto di spesa si sa dove si comincia e non si sa dove si va a finire. Preparazioni fini,, poco comuni, squisite e di bella apparenza ce ne sono tante che possono variare piacevolmen- te, a tutta gloria della padrona di casa, la minuta « Tipo », cogli antipasti caldi (facoltativi) il pesce lesso, il piatto forte di carne di vitella o di vitellone, l'arrosto con insalata, un ortaggio di primizia, i formaggi, inclusi oggi anche nel pranzo con precedenza sul dolce, il dolce e la. frutta. Potrei darle la ricetta di schiume de- licatissime. di pasticci di fegato e di caccia ed altri rifreddi col leitmotide del tartufo, cosi caro ai buongustai, ripetu- to a sazietà, e pasticci d'altro genere; soffiati boHentisaiifti, preparazioni a base di finanziera^ e noce di vitello e filet- to di bue in vari modi con tartelette per contorno, ecc.. Scelga lei le pie- tanze delle quali desidererebbe la ri- cetta ed io gliela invierò. Del resto sfogliando i fascicoli della nostra divista potrebbe trovare una mi- niera di ricette, specie nella rubrìca di quel luminare della gastronomia che è il Cav. Uff. Amedeo Pèttini, nostro impareggiab il e collaboratore. Le dico fin da ora che quello che conta molto nella compilazione di Uña minuta è la varietà. Evitare le ripeti- zioni; due pietanze di carne della ate», sa specie, una pietanza di pollame • una a_ base ri rigaglie, e magari pol- lame in due maniere sono prova Si cattivo gusto. Questo bisogno di varietà

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