LA CUCINA ITALIANA 1937
10 LA CUCINA ITALIANA 1 ' Maggio 1937-XV MttM Consigli ex fioseffa CAPELLI BIANCHI — Le piaccio? Ros e t t a, vestita, di nuovo da capo a piedi, si s' irà davainti a me con c on g r a z ia c i vet tuol a. Ha un ab i t i no da me z za s tagione di l ana ch i a ra cospa r sa di pisel l ini sopraocolore. L a gonne l la è suc c i nt a: i l g i ac che t t i no è corto, s t ret to al la v i t a, con le man i che r i sa l enti a co- no sul le spal le. Ma più del ve s t i to a t - tinti la mi a at t enz i one il cappe l l ino di un fonma anc o ra inèdi ta. E ' una biz- z a r r a cos t ruz i one di pag l ia gros sa e l uc i da ohe s ' t ana&à, spog l ia di gua r- nizioni, sul la bionda tes tol ina. Nè un flore, nè un pezzet to di nast ro, nè una pi cco la p i uma. Nu l l a. Eppu re que- s t a nud i tà non disdice. S i c come l ' osservo in si lenzio, Ro- s e t ta mi domanda, un po' inqui e ta: — Non le p i ac c i o? — Mi p l ace tanto, t ant i s s imo! Ma l a f o rma di cot es to cappe l l ino mi di- sor i ent a. — E ' un mode l lo nuovo di Sacca. Eia nov i tà è il suo magg i or pregio. I n mano non è un g r an che. Ma in capo. .. S e lo r ime t t e. — . . .è un amor e. E l e gan te ed ec- c en t r i co! — I cappe l l ini che usano ora — di- c o — sono quasi tut ti eccent r i c i. Spes. so, a vol er essere pedant i, si potreb- be scorgere in ques ta eccent r i c i tà un t ant ino di ridicolo. Ma le s i gnore, in ossequio a l la moda, a c c e t t ano con g i o ia anche 1 model li più impensat i, pronte a nascondere gli occhi sot to l a tesa di una «c l o s c i na» o a met- t ere in ev i denza il vol to, anche se non è ecces s i vamente vezzoso, con uno di quei cestini . .. — Oh! . .. — ... ohe si por t ano a me tà del «sapo. Rosetta sorride. — Son Cestini che r ing i ovani scono prod i g i osamente ! — Secondo! E c c o : lei oggi ha un' a- r i a di monel la. .. r— ? ? ? — ... ohe innamora. Sa quanti anni d imo s t r a? Sedici o di c i asset te. Non uno di più. Ohi direbbe che, sot to codes to aspet to super-giovami le, si na- sconde il senno di una b r a va mam- mi na e di una ma s s a ia g ià na v i g a t a? Oh, Ro s e t t a! L a moda at tua le è mol- to gene rosa con le g i ovani spose al le qua l i perme t te di ves t i rsi Come le adolescent i. Un t empo la va l idi tà del- I ' t ap e gno preso da una donna di- nanzi al S indaco col « si » sacramen- tale, si a f f e rma va anche nel vest ia- rio. P e r una sposina era d'obbl igo il «appel l ino chiuso, cioè l egato sot to il men to con un flocco più o meno vo- luminoso, dal quale un f r e s co viset- to eme r g e va come un bel fiore. Ba- s t a va quel fiocco, simbolo di costr i- zione, per dare ad una spos ina di- c i ot t enne la s a g oma de l la mar i t a t a, che oggi non hanno nemmeno le quarant enni. Ro s e t ta s o s p i ra — Con ques t ' ar ia di monel la, son vecch i a! — Ve c c h i a! — Te r r i b i lment e! Ri do: —• Ohe be l la ve c ch i e t t a! — Ho qua t t ro o c inque capel li bianchi. L a c a ra figliuola posa sopra una sedia la sua cupol et ta di pag l ia e, chinandosi su di me, mi me t te sot to g l i ocbhi la bi anda zazzer ina. — Guardi. — E ' vero. — La. .. mone l la ha qual- che capel lo bianco. L e scompi g l io con l a de s t ra la ch i oma bl onda e morbi- da per ce r car vi i fili d ' argento. Sono più di cinque. Mol ti di più. Ro s e t ta si a l l arma. — Di p i ù? Di ce sul se r i o? Co r re al lo specchio e con un al t ro specchi e t to in mano, alzandolo, ab- bassandolo, g i rando lo da una par te e dal l ' al tra, c e r ca di rendersi conto del la propr ia sventura. Quando v i ene a sedersi accanto a ine è avv i l i t a: — I capel li b i anchi -a ques ta e tà! E pensare che l a mamma non ne ba nemmeno uno! E ' un ' ing ius t i z i a! _ — L a v i ta — le dico — è p i ena di ingiust i z ie simi l i. Vede. So di un bam- bino di nove anni ohe è g i à canuto! — E chi è ques t ' inf e l i ce? — E' il figliuolo di un ' ass idua del- l 'A.B.C.; una c a ra s i gnora che mi apre l ' animo suo a t t r ave r so la g r a ta di un pseudonimo. Ha t r ent aaua t t ro anni e mol ti capel li bianchi . .. — Po v e r e t t a! — . . .dei qua l i si duole. Ma special- mente l ' angus t ia il t imore di essere s t a ta lei a con t ag i a re con l a propr ia canizie, la t es ta del suo bamb ino: I capel li bi anchi sono i n f e t t i? — mi domanda con un ' i ngenu i tà commoven- te. — Il pi ccolo si serve qua l che vol- t a del mio pett ine! . .. — Ec co come dono le mamme! Anche nel le proba- bi l i tà più inveros imi l i, t rovano una rag i one di t o r t ur a! — E lei ohe cosa le ha r i spos to? — Che il suo t imore non ha fonda- mento. I cape l li non imbi ancano per contagio, ma per una causa interna. Es s i sono, in genere, uno dei segni es ter iori meno gradi t i, de l la vec ch i a i a: ma la cani z ie può esser precoce. Se- condo un biologo ce l eber r imo ques to gua io è dovuto al l ' az ione di e l ementi v i venti (cel lule) di s t rut tori del pig- men to colorato dei cape l li e perc iò ch i ama ti c romo f ag i, ossia mang i a t ori del colore. P a r e che una sensaz ione nervosa, improvv i sa e viol enta, spec ie dì spavento, possa r i sveg l i are repenti-» namente l ' at t i v i tà dei c r omo f ag i; e ohe essi s i ano capaci di di s t ruggere, in pochi i stant i, la sos t anza co l orante dei cape l li anche in un sogge t to gio- vani ss imo. — B i s ogna conven i re — os serva Ro s e t ta — che si t r a t ta di cel lule di pes s imo c a r a t t e r e! E d i ca: la signo- r a del l 'A. B . C. non ha mai pensato a t i nger si i cape l l i? — CI ha pensa to: ma non osa. Anzi mi h a interpe l l ato in proposi to. — Che casa le ha cons i g l i a t o? — Non si possono dar cons igli in una quest ione come ques ta ohe è una quest ione di sent imento. L ' i dea di comp l i care il nas t ro s t a to civi le con l ' argento dei capel li ci s pa v en t a? Si r i cor re ad uno del mi g l iori — ins ì sto nel compa r a t i vo — pr epara ti che si t rovano in commerc i o, e. se ne f a un uso inte l l igente e discreto. L a que- st ione dello S t a to Civi le ci l asc ia in- d i f f e r en t i? S i t i ra innanzi coragg i o- samente r i sparmi ando tempo e da- naro. Sul l ' oppor tuni tà dì usare o no t inture per cape l li hanno sol tanto il di r i t to d'i di scut ere ma g a r i in con- t radi t tor io, gl ' igi eni s ti ed i produt tori di s imi li preparat i. Gl i a l t ri debbo- no lanciare a l la gen te la l i be r tà di regol arsi secondo il propr io cr i ter io. Un solo avve r t imen to si può dare ad una buona ami ca di condi z ione modes ta che si r ivol se a noi per con- s igl io: — R i f l e t t e re a lungo pr ima di f a r e acqui s to del le boocet t ine ihi raco- lose. T i nge r si i capel li d i venta una abi tudine al la quale non è f ac i le ri- nunz i are. Se a t rent ' annì, per una donna ancor f r e s ca e pi acente, è una ma l inconia incanut i re, a c inquant a, è una di speraz ione dover r inunz i are a un' i l lul s ione di g i ov i nezza mantenu- t a per tanti anni, anche a costo di sacr i f ici, at torno ad un vol to g ià de- vas t a to d a l tempo. * * * Ques to dovevo dirle, c a ra « A N I R » per scrupolo di cosc i enza; e gl i e lo di- co, ment re le r i camb io con s i nce ra ami c i z ia, l ' abbracc io che mi ha in- v i ato. FRIDA N. B. — Mi perdoni la signora Mar- gherita Marcoaldi se, involontariamen- te sono stata trascinata a trattare alla buona un argomento che investe più precisamente la rubrica che ella tratta con tanta competenza. Ma gli accenti disperati di questa madre mi hanno commosso, e non ho potuto fare a me- no di dirle una parola di conforto.
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