LA CUCINA ITALIANA 1937
6 tì A CUCINA ITALIANA 1° Giugno 1837-XV CONSIGLI a R O S E f i a l e t t a in c a t t i i a m m e f i f i c m e Siamo seduti, Coehì ed io, sotto la pergola del mio giardino. Cochì è di cattivo umore. Avrebbe bisogno di sapere, per ragioni sue particoalri, in che mese e in che gior- no sua moglie pagò una certa som- metta di danaro. Fu di marzo? O di aprile? I due sposi non se ne ricor- dano. Dal libro dei conti questa spesa non risulta. Rosetta si è dimenticata di segnarla; e Cochì se ne rammarica. — Da qualche tempo — mi dice — in fatto di contabilità domestica, la « mia signora » è piuttosto trascurata. Ed io: — E' il pupo che la distrae. E' così innamorato della mamma che non le dà un minuto di pace. — E la mamma è cosi innamorata del pupo che, per giuocare con lui, ritorna bambina. Sente? La voce di Rosetta risuona nel giar- dino. — Cucù! Cucili Si è nascosta f ra i piselli, e Folco non riesce a trovarla a. causa dei di- versi passaggi che essa fa, carponi, da un filare all'altro. I l pupo va sii e giù per la viottola tutto imbronciato. Da quei piccolo de- spota che è non sopporta che la mam- ma si burli di lui. Si china peir, pren- dere sul margine di una proda un stanca. Ecco perchè mi dimentico di tante cose. Ma il senso dell'economìa non l'ho perso. E' vero, signora? La rassicuro. — No, cara. Lei è un tesoro di don- nina, piena di buona volontà, giudi- ziosa, semplice e senza pretese." — E chi dice il contrario — ribatte Cochì piccato.., — Constato solo in mia moglie una manchevolezza... — Occasionale — osservo io, pron- ta — ...che mi rincresce: e* mi limito ad esprimere il desiderio che essa torni ai nostri vecchi sistemi ammi- nistrativi, basati sul controllo rigoro- so dell'uscita giornaliera. E' inutile parlare di bilancio se qualche ci fra resta nella penna. Ed io al bilancio ci tengo. Quando non si dispone che di un'entrata limitatissima, bisogna vigi- lare, armata manti, contro il pericolo, sempre incombente, del deficit. E l'ar- ma più valida è la penna. Traducen- do le necessità della vita in cifre, la penna ce le tiene presenti in una lücu dì realtà che disperde in noi il mi- raggio delle illusioni. Approvo. Poi soggiungo: — Vede, Cochì. Dal momento che Rosetta è troppo presa dalle sue re- sponsabilità di mamma, dovrebbe as- sumerselo lei, l'incarico di se?;-".'re, • i sera per sera, dietro la guida della robusto gambo di cavolo e lo punta — «-„i-u verso ì piselli in atto di minaccia. Ma, appena Rosetta esce dal nascon- diglio di frasche, Folco butta via il torsolo e le tende le braccia. E al- lora, baci, piccoli gridi di gioia, e ri- sate squillanti. Cochì scuote la testa. Vorrebbe, fa- re il burbero; ma, in fondo, è intene- rito. Quando Rosetta viene a sedersi co] pupo sotto la pergola, le dico in tono di scherzò: — Cara figliuola. lei è in contrav- venzione! Mi guarda sorpresa. — Io? — Proprio lei. ti « suo consorte » l'accusa di non segnare con sufficien- te esattezza l'uscita giornaliera. Rosetta, subito rannuvolata, si ri- volge al marito. — Senti, Cochì: non mi mortificare più. Ormai ouello che è stato è stato.. Del resto — prosegue- sempre più accigliata — un pochino dovresti com- patirmi. E' questo frugoietto che mi lega le braccia. Scrìvo, e lui vuole la penna. Cucio, e lui mi prende il ditale. Volto l'occhio, e lo vedo ritto sopra una seggiola. Non lo posso la- sciare un minuto. E il dover sorve- gliarlo di contìnuo mi disorienta, mi sua moglfettina, le spese giornaliere. Cochì torce la bocca. Evidentemente la proposta non gli va a genio. Cerco di. persuaderlo. — Che ci vuole? E' l 'affare di pochi momenti. Se di giorno non può, se ne occupi la sera. Anch'io, prima di an- dare a letto, dedico un buon quarto d'ora alla contabilità. Faccio somme, e osservazioni, e confronti, che mi rie- scono utilissimi. Rinunziando a que- sto lavoro mi parrebbe di alterare l'equilibrio della mia. economia fami- liare. Per . talune donne, invece, met- tere un po' dì nero sul bianco, in qual- i|i|| i Iliii Un'amica di hjfra le sere? l ' o l i i m a Cream "Giocondal " p ! jjìj: CREMA ¡I GIOCOAND L IS li¡I L A N E M I C A i ¡ ¡ D E L LE R U G H E ! !| :::: siasi ora del giorno, riuscirebbe fasti- dioso. Conosco una signora che tutti gli anni, alla fine di dicembre, si pro- cura una bella Agenda fornita anche di un cospicuo ricettario gastronomi- co. Per una quindicina di giorni la signora, ci scrive cifre, e appunti an- che privi di importanza: — Oggi pio- ve. — E' venuta la signora Tale. — Mio marito si è fatto tagliare i ca- pelli. Poi il diario s'interrompe, e l'Agen- da va a raggiungere, in un cassetto, quello dell'anno precedente Uri'cJtra signora, per quante esor- tazioni le abbia rivolte, si ostina, a non voler tener conto dell'uscita gior- naliera. Tanto — dice — segni o non segni, i denari sfumano nello stesso modo! E' tutto tempo sprecato! E così ise ne va alla deriva ile! « mare magno » delle spese familiari, in una barca che comincia a fare acqua. Essa ride di questa manìa di « segnare », che mi ruba, ogni sera, un quarto d'ora di tempo. Ed ' io invece, sono tanto contenta di perderlo, quel. tempo, per segnare nel mio brogliazzo, la traccia di tutto ciò che avviene, giorno per giorno, nel ristretto ambito della mia casa. Anzi... Con le ciglia aggrottate mi ricon- centro in me stessa. Un guizzo mi ri- schiara la mente. — Rosetta,.., Il giorno stesso che lei pagò quel conticìno, io ricevetti da Milano un pacco postale con assegno. Ricorda ? Sì, Rosetta ricorda. La data che ì miei vicini hanno dimenticata del tut- to si può l'orse rintracciare fra i miei scarabocchi. C'è, infatti: 12 marzo — Speso L. 8S.60 per riti- rare iin pacco di articoli fotografici, Obchì. è soddisfatto di poter avere finalmente!, l'indicazione che gli sta. tanto a cuore. Comunque, si volge alla moglie con un po' di sussiego: — Vedi, eh, Rosetta? Quanto è utile mettere il nero sul bianco a tempo opportuno ? ! Per paura che Rosetta si rannuvoli da capo, faccio la vocè grossa: —• Basta, eh. Cochì? L'argomento è esaurito. Stop!, Poi chiamo: — Folco! Il pupo che si balocca con la ghiaia, viene da me ttittó HdeMé. Lo prendo ih braccio, — Amore belio — gli dico; — fife 1 un badino al babbo ed alla inali!ma Lui si protende verso i genitóri cliè sì sono avvicinati a. noi e li stMnfé tutti e due nel medesimo abbiacela. E da quella innocente strétta là pace fra I. due sposi, è sanzionata, F B Ì tAt S
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