LA CUCINA ITALIANA 1937

1» Gennaio 193-7-XV LA CUCINA ITALIANA 13 carni • meno riarse, grazie ai vapore acqueo che ricade su di esse: anzi se, nonostante questo, risecchissero troppo, aggiungere via, via, una cucchiaiata di brodo caldo o d'acqua pure calda. La'' cottura degli 'arrosti di carni rosse va regolata secondo il gusto di chi deve mangiarli. C'è chi ha ribrezzo delle ' car- ni sanguinoleùti, c'è chi invece le ' pre- ferisce:. Su certe case si inette la bi- stecca' sul la gratella al .momento di an- dare' a tavola: in altré, a forza di te- nerla' al fuoco, si riduce in un pezzo di legno. ! Quindi una regola fissa non c'è. Di sicuro c'è che gli arrosti debbo- no esser cotti a fuoco - vivissimo," in modo che alia superficie deile carni si formi subito una crosta sottile che im- pedisca ai succhi di disperdersi. . È', un criterio sbagliato'quello' di far e l'arrosto a fuòco debole, con la convinzione che le carni debbano cuocere prima 'all'in- terno che rosolare all'esterno. La cot- tura ' lenta ' favorisce la dispersione di quei succhi che debbono invece essere coagulati e conservati. Tutto ciò. è stato già detto nell 'A B C, pure. credo opportuno ripeterlo nel- l'interesse di c'erte massaie che, in fat- to di arrosti, hanno ancora molto ' da imparare. , . - ' • ' . Lei dunque, cara piccola, regolandosi al proprio gusto e. a quello dei suoi, faccia l'arrosto nel minor tempo possi- bile e a fuoco vivace. Si ricordi che in certi casi « il buon fuoco fa onore al cuoco». Ci sarebbe ancora da parlare degli siamo al bollito. arrosti di gratella: ma per oggi pas- I t i g l i migliori per il lesso sono la razza, il girello, lo scannello, il cima lino e, per chi ama la carne molto morbida, la sorra. Per avere un brodino discreto calco- lare un litro e mezzo d'acqua ogni mez- zo chilogrammo di carne.. La massaia economa può, se crede, aumentare, ma r.on troppo, la dose dell'acqua. Generalmente si calcola che due ore di bollore lentissimo bastino a cuoce- re cinquecento grammi di lesso. So di certe massaie che, per sbadataggine, a forza di fare bollite il brodo, lo ridu- cono alla metà di volume, e poi riem- piono la pentola d'acqua. Ciò e tutto a «capito del brodo. . ' . E queste donne ci sono, sia detto in- cidentalmente, che incapaci di evitare Che il latte nel bollire vada di fuori? In cucina, non lo ripeterò mai abba- stanza, la più piccola disattenzione ha le sue immediate conseguenze. Per lessare un pollo giovane e suffi- ciente un'ora e un quarto di cottura, calcolando dal momento che la pentola stacca il bollore col' pollo dentro. Non v'è nulla di più mortificante per una massaia ch e tirare su dalla pentola un pollo troppo cotto, con le cosce che si staccano dal tronco. Anche coi capponi ci vuol giudizio. Hanno la carne tanto gentile che cuociono presto. Quindi, per un bel cappone, due ore di bollore con- tinuo e regolato bastano. Con le gal- line, quando non se ne conosce... !<> stato civile, si deve essere previdenti Se ci capita una... «nonna» del. poi;, laio occorre protrarne la cottura oltre le tre ore. Anticipiamoci perciò, a met- terla al fuoco, e siamo pronti, a tirare la gallina, nel. cuocere, si dimostri più giovane di quanto si sarebbe creduto. Queste sembreranno minuzie, prolessità superflue.. Eppure superflue non sono E' capitato anche a massaie 'esperte- <B vedersi .amareggiare le gioie delia men- sa natalizia p pasquaJ-e da un cappone in sfacelo o da una gallina mal cotta. . Ed eccomi al pesce lesso. Quello di mare si mette al fuoco con acqua fred- da. Se è piccolo, conviene far bollire prima l'acqua, in quantitS limitata, coi soliti odori di cucina e un poco d'ace- to; questo ha la proporiètà di far coa- gulare l'albumina contenuta neL pesce, ch e perciò riesce più nutriente. Se l'aceto non piac^, s i -può sostituire con ifièzZò bicchiere di vino bianco secco. L'acqua, deve essere colata, lasciata freddare e poi rimessa al fuoco col pesce. Se questo non oltrepassa il mezzo chilogrammo cinque minuti di bollore pianissimo -— insisto sul superlativo — bastano alla cottura. Oltre il chilogram- mo, la durata del bollore deve aumen- tare in proporzione del peso. Segn 0 si- curo della giusta cottura l'occhio ap- pannato e in rilievo ' come una pallina. Mai bucare il pesce con la "forchetta; mentre 'cUofce: m,a premerlo sul dorso lièvemente con un dito. Se quésto, af- fonda un poco nella carne, affrettarsi a levare il recipiente dal fuoco, lascian- dovi il pesce per qualche minuto pri- ma -di servirlo. Nel prossimo fascicolo tornerò siill'ar- gomentò che l'interessa. Darò intanto qualche indicazione sulla COTTURA DEI FAGIOLI Bambolina• — Dunque lei crede che cuocere i fagioli sia la cosa più goffa di questo mondo ? S'inganna. Tutte le 'donne li cuociono; poche sanno man- darli - in tavola quali dovrebbe essere, cioè morbidi ma non disfatti, saporiti e senza buccia. Lei dirà. C'è forse un segreto per la cottura di questi banalissimi legumi secchi? 11 segreto è di farli cuocere ri- stretti, in un recipiente adatto, ossia in una pentola di terra panciuta e con la bocca stretta. Per un mèzzo chilo di fagioli una pentola della capacità di due litri. Lei mi chiede se è necessa- rio metterli in bagno la sera per cuo- cerli l'indomani. Non è necessario. Ani- mollati cuociono prima : secchi, hanno bisogno di una cottura molto prolun- gata: quattr'ore almeno ad un bollore debolissimo, che non li scuota, non ii frantumi, non li lasci mai in secco. Un'accorta massaia li mette al fuoco appena levata. Quando sono per stac- care il bollore si aggiiuuge un pizzico di bicarbonato di soda. Passata l 'ef fei- vescenza del bicarbonato si tappa .'a pentola con una terrinetta piena di acqua. Mano a mano che l'acqua dei fagiuòli si. consuma, si sostituisce con quella bollente della terrinetta. A mez- za. cottura si sala. Si può aggiungere uno spicchio d'aglio e una fogliolina di salvia: ma non è necessario. La pen- tola deve sempre bollire pian piano: cosa facile per chi cucina col gas. Chi fa uso di carbone, ricuopr« il fuoco, torno torno al recipiente con cenere o spolverino. * • * U11 tempo a Firenze, in una stradet-. ta prossima a Via Calzaioli,. c'era una rinomata gargotta, dove a mezzogiorno conveniva una clientela mòlt 0 distinta: Professionisti, artisti, avvocati ; uomini d'affari che approfittavano d'un ritaglio di tempo per correre a mangiare un boccone, alla svelta. Le pietanze erano quelle che si servono in tutte le gar- gotte: ina più di tutte avevano pregio i fagioli bianchi d'una bontà superla- t iva: teneri, ma 'non disfatti, saporiti, .e senza buccia. E sa com e erano cotti ? In una panciuta, enorme pentola di ter- ra che la sera veniva messa in un for- no ancore caldo. Durante la notte i ' f a- gioli cuocevano adagio adagio; e la mattina "avevano " tutti quei pregi ' che davano tanta rinomanza alla gargotta. Ho voluto riaffermare con questo e- senipio la necessità di far cuocere 1 fagioli a lungo e con bollore appena sensibile: norma, che non tutte le mas- saie sono disposte ad osservare. Sig.ra Teresa Peviolo Petterla. — Quando il guaio da lei lamentato si verifica sulla biancheria, si elimina la- vando la parte abbronzata con acqua tiepida e poi versandoci sopra il succo d'un limone strizzato. Se le tracce del-' l'abbronzatura sono superficiali, sparisco- no. Ma quando il ferro caldo ha in- giallito un tessuto di lana, la faccen- da. si. fa seria. Il limone altera quasi sempre il colore. Tuttavia se questo è' resistente e l'ingiallitura non è troppo marcata si può tentare di farla sparire con ripetuti lavaggi di acqua tièpida. Diversamente si dovrà ricorrere all'abi- lità di un tintore, che, al corrente di tutti i piccoli segreti della chimica, po- trà riparare al malanno. Comunque in-, dagherò per trovare un rimedio più ef- ficace e, se ci riesco, glielo insegnerò, perchè lei possa" valersene in un nuovo jeventilate., infortunio, che non le au- guro, davvero. Signora O. P. — Gli utensili di al- luminio si lucidano sfregandoli con un batuffolo di cotone od uno straccetto ' di lana morbida inzuppato in una so- luzione preparata faoendo sciogliere ' nell'acqua trenta grammi di borace e aggiungendovi qualche goccia di alcool e di ammoniaca. L'alluminio nòn si la- va con la soda. Prima si »grassa con l'acqua calda: poi si asciuga, si strofi- na con un cencio bene strizzato ed in- - saponaio. Si risciacqua quindi abbon- dantemente. Lo strato nero che si forma nei reci- pienti d'alluminio per la prolungata e- bollizione dell'acqua e che è del tutto innocuo sparisce o, per lo meno spa- risce, se in quegli stessi recipienti si fa bollire del latte. F R I DA TOSSITE? A p p l i c a t e sul peno e sulle spalle una falda di TOERMOGfN OVATTA CHE CENERÀ CALORE e d e c o n g e s t i o n a i bronchi e i po lmoni Trovasi In tutte le Farmacie SOCIETÀ NAZIONALE PRODOTTI CHIMICI & FARMACEUTICI - MILANO Aul. Prefell. Milano 62609 • 193 4-XIII <

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