LA CUCINA ITALIANA 1937

10 »-Kiil» eua . 10 LACUCINA ITALIANA 1" Luglio 1937-XV CONSIGLI A ROS A Ho saputo da Rosetta che una cer- ta sposina, al ritorno dal viaggio di nozze, ha avuto la sorpresa di trova- re nella cucina della sua nuova casa, attaccato al muro a guisa di arazzo, un quadrato dii tela recante una scrit- ta, ossia un monito espresso in forma un po' ingenua ma pieno di signi- ficato. La scritta, ricamata a mano, con filo vermiglio, da una suocera molto esperta delle cose della vita, dice: « La luna di miele passa, ma la massaia rimane. Se di cucina non sa: al marito più non va ». .La sposina, in un primo momento, è rimasta mortificata. Ha creduto che la suocera avesse voluto rivolgerle un, rimprovero indiretto per la sua inesperienza in cucina. La cosa, anzi, ha messo un po' in subbuglio il pa- tentato dei due giovani coniugi. Sup- posizioni, insinuazioni e timori, a guanto pare, privi di fondamento. La suocera si è giustificata. — Rimproveri. Nemmeno per so- gno! — ha detto. — Quando presi marito io, mia suocera attaccò nella mia cucina un cartello con una scrit- ta identica per darmi un avvertimen- to del quale le fui grata. Divenuta suocera a mia volta, mi sono creduta in dovere di girare a mia nuora quel- l'avvertimento. Se non lo vuole, pa- zienza, Si stacca la tela dal muro e non se ne parla più. Ma, essendo stato raggiunto l'ac- cordo fra le parti... contendenti, la tela con la scritta è rimasta al suo posto, muto, ma eloquente incitamen- to al buon volere della sposina. 1 Son capitata da Rosetta mentre es- sa esprimeva « il caso » ad una gio- vane signora che era venuta a farle visita. Nel commentarlo, la mia vi- cina si mostrava solidale con la suo- cera lungimirante. --- I mariti — diceva — anche i me- no esigenti, a mangiar benino ci ten- gono: magari cibi semplici e comu- ni, ma cucinati a dovere e presen- tati con garbo. Specialmente gl'im- piegati che passano le giornate tra quattro mura e appetito ne hanno ben poco, desiderano di trovare a tavola, qualche bocconcino buono, piacevole all'occhio e dal profumo stuzzicante. — Per fortuna — concluse — il mio, dei mariti, è abbastanza contento del- la sua cuochetta. Quando gli condi- sco la pastasciutta còl sugo d'umido, fatto cóme mi ha insegnato la mia Vicina... M'inchinai col sussiego d'una « ma- dre nobile s> sulla scena. — ... Cochì dice, per celia, che nes- sun cuoco sarebbe capace di prepa- rare un sugo buono Come quello. Mi parve che l'amica di Rosetta si trovasse un po' a disagio. Forse sul- «Se dì cucina non sa...» l'azzurro del suo orizzonte coniugale si profilava l'ombra di qualche pa- stasciutta mal condita. Ebbe la presenza di spirito di. dare un diversivo alla convei-sitzione. — Secondo lei — mi domandò — una donna cuoca può competere in bravura con un uomo cuoco? — Altro che! — risposi. — Vi forse un campo nel quale una donna intelligente e volenterosa non sia in grado di procedere di pari passo con l'uomo? S'immagini se in quello della cucina, aperto fino dalle epoche più remote alla sua attività, potrebbe ri- manere , addietro ! E come spesso, at- traverso il tempo, questa attività ha culminato in prodigi registrati anche dalla storia. Regine, principesse, du- chesse, scrittrici, favorite di re, quan- te donne celebri si sono dedicate con entusiasmo e con successo alla cuci- na! E questo con buona pace di un certo filosofo brontolone, passato da molto tempo nel numero dei più, il quale, nel suo feroce antifemminismo negava alla donna ogni talento cu- linario: — Le donne —.diceva — non sanno fare nemmeno da cucina. Sciu- pano lo stomaco degli uomini con loro pasticci. Rosetta borbottò: — Insolente! — Oggi — proseguì — l'uomo ha in cucina un atteggiamento più baU danzoso della donna e criteri più me- galomani. Esso esercita il mestiere del cuoco come un'arte ed ha bisogno di agire in un limite vasto in cui il costo sia pure eccessivo, delle sue manipo- lazioni non abbia importanza. La don- na ha meno albagìa, e, casi speciali a parte, manifesta un'innata avver- sione allo spreco che rende la sua opera più accetta di quella dell'uomo a chi è uso a subordinare le neces^ sita della vita all'idea della spesa™ Quando penso che per preparare una buona pietanza occorre tanta at- tenzione e tanto tempo, e che in cin- que minuti il frutto di quello quel- l'apimattimento va in fumo, trovo che è assurdo affaticarsi troppo in .cu- cina! — Ma quei Cinque minuti són be- nedetti — osservai —- dal momento che offrono alle persone di famiglia il mezzo di ristorarsi dalle fatiche del- la giornata. Non è il nutrimento Che deve riparare alla perdita costante, continua dell'economìa animale? 6ó- m,e può, dunque, la madre di fami- glia coscienziosa rimpiangere il tem- po impiegato ad allestire le vivande dalle quali ritrarranno nuova energia le persone a lei care? Essa deve, al- l'opposto, procurare che quelle vivan- de siano gradevoli al gusto dei suoi ed accette al loro stomaco. Per questo terrà conto del gusto dì ciascuno di essi. Se una pietanza non piace al marito o ad uno dei figli, l a sostituirà con un'altra, senza infingardia, senza lamentele, e senza rimproveri inutili. Questo io dico senza dimenticare che, purtroppo, ci sono mariti e fi- gliuoli brontoloni, sempre scontenti, di null'altro desiderosi che di compli- care, con le loro egoistiche pretese, il compito già tanto arduo de-lle po- vere massaie. Giusto ai «piccoli eroi- smi delle donne cuciniere » ha ac- cennato con tanto acume e tanta comprensione la signora Etta Pavesi in un articolo pubblicato nel fasci- colo di gennaio della Cucina Italiana: scritto limpido ed umano che ha cer- to avvicinato alla sua autrice il cuo- re di tante massaie amiche della Ri- vista. Ma di fronte a certi uomini... inde- siderabili c'è — è inutile negarlo — qualche massaia sbadata che non de- dica alla cucina familiare l'attenzio- ne necessaria; che sii riduce a far da mangiare all'ultimo momento e man- da in tavola cibi mal preparati, o cot- ti insufficientemente, tali, insomma, da far più male che bene a chi deve consumarli. Se si potessero interroga- re quelle massaie, sul tema « cucina », esse ci risponderebbero probabilmen^ te che il tempo speso attorno ai for- nelli è tempo perso. E l'anima di quel tal filosofo antifemminista esul- terebbe nell'ai di là. Rosetta scosse, con la mossa abi- tuale, la bionda zazzerina.. — E non c'è stata una donna ca- pace di dare una smentita a quel si- gnore? Ecco: se un uomo, oggi, si, azzardasse a ventilare una calunnia simile io... Risi. — Sentiamo! Lei?... ~ Lo inviterei a pranzo e gli pie- parerei tante dì quelle buone cosine, tante, da fargli prendere un'indige- stione. L'amica rise di cuore. — Badi, Rosetta, che qualche buon- gustaio senza scrupoli, venuto a Co- noscenza di queste sue... bellissime intenzioni, non le tenda un tranèllo! —Sarebbe a dire? —Potrebbe calunniare le donne cu- ciniere solo allo scopo di scroccarle un pranzo! «my nt tJvlDA

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