LA CUCINA ITALIANA 1937

28 LA CUCINA ITALIANA 1 ° Agosto 1937-XV PARIGI, luglio. La gastronomia è diventata un'ar- te applicata. Ogni popolo, come ha la sua arte, la sua espressione let- teraria, i suoi caratteri ben definiti, ha, con la cucina propria, una som- ma di particolarità che lo rivelano anche all'ochcio meno attento. Tutto questo è provato dall'importanza che la cucina ha presa all'esposizione in- ternazionale di Parigi. A fianco di ogni padiglione, che rappresenta le realizzazioni più moderne e più si- gnificative di un dato paese, ecco un ristoratore ch e praticamente offro la gamm a delle invenzioni gastronomi- che, realizzate con i prodotti più di- versi. Lunga sarebbe una rassegna com- pleta: il ristorante tedesco, dall'alto della monumentale terrazza, offre le tavole quadrate, robuste come le sal- siccie affumicate, i crauti acidi, i grandi bicchieri di birra schiuman- te; una grassa barca piatta, pochi passi più in là, vi porta, senza che va ne accorgiate, sulle rive del Re- no; è il piccolo padiglione di Colo- nia, dove trovate, con la cucina più raffinata della Germania occidentale* il vino dorato, servito in sottili calici azzurri come iris, e profumato dal sol e delle colline del fiume sacro, an- Il Ristorante italiano al Padiglione dell'Esposizione di Parigi (al «mezzanino» sotto l'insegna dèlia bandiera) una grande terrazza sul fiume. Le tende colorate si muovono al vento, e ricordano altri ristoranti, Roma, ed il già « Castello dei Cesari », Ge- nova ed il Righi, Napoli e Santa Lu- cia, La visione delle città care è au- UNA VITTORIA della cucina italiana cora impennacchiate di castelli dalle più tenere e fosche leggende. La Romania, presenta la ricchezza armoniosa della sua terra ferace, i suoi polli teneri, ed il caviale del Mar Nero; l'Ungheria, i vini di Tokai, gagliardi come i ritmi di una « tzarda », e i prepotenti « goulasch » a grandi pugnalate di paprika; l'In- ghilterra i saporosi e monumentali arrosti di bue, serviti con un accom- pagnamento tremolante di gelatine di mirtilli, i prosciutti rosei del York- shire, i pudding indigesti come le nebbie londinesi; in un'altra barca, chiarissima nel decoro bianco ed az- zurro, l'Argentina serve delle costa- te pantagrueliche, alla « gaucho », se- condo la moda e lo sperpero delle genti della pampa che uccidono un bue, solamente per mangiarne il fi- letto, ed accompagna la digestione con dei ritmi di tango, unendo' la prosa sostanziosa del cibo alla poesia evanescente della musica. Ma in questo torneo internazionale, in cui mancano, per esempio, le crea- zioni raffinate e perfette della cucina russa, il primo posto deve essere dato all 'Italia, al nostro paese. Il quadro: mentat a dalla musica di un'orchestri- na che ritmo le nostre vecchie can- zoni e condisce di ossigeno nostal- gico ogni sano boccone. Ma quella che trionfa, in questo decoro perfet- to, è la cucina. Tutte le regioni d'I- talia si sono adunate per orchestrare la sinfonia perfetta.- Venezia invia gli scampi del golfo, Napoli le tri- glie, ed i suoi frutti e le insalate, Bo- logna i suoi cappelletti, i poemi della sue tagliatelle, con Zamponi e mor- tadelle, Milano i suoi risotti gonfi in t>gni chicco di condimento prèlibato, i panettoni, i salami; Roma i suoi abbacchi teneri, le sue ricotte, i suoi polli destinati a morire nel pomodo- ro a pezzi saltato nell'olio ancora tut- to profumato dell'olivo dei colli ro- mani. E trovi tutto, tutto quello chp la cucina nostra 'ti ha lasciato nel cuore, con un ricordo ad, ogni bocco- ne: il caciucco dei livornesi, i ravioli del Piemonte, i formaggi dell'Emilia e tutta un'adunata di vini, del Ve- neto, della Romagna, della Valle Pa- dana, dei Castelli Romani, di Orvie- to, di un oro delicato come quello che indora 'e aureole dei santi della sua cattedrale, Sansepolcro, patria di Piero della Francesca, la sede del più antico pastificio meccanico del mondo manda a gara col suo figliolo ultimogenito modernissimo di S. Maur i celebri spaghetti che fumano al- l'ombra della Torre Eiffel. Frutta? Ecco gli aranci di Paler- mo, di Sorrenti, le noci del Nap^f-. letano, le fragole di bosco del lago di Nemi, che giungono ogni giorno in aereoplano e respirano ancora l'aria d'Italia. E, dinanzi alla tavola bandita, con la musica discreta che ti accarezza gli orecchi e il fischio dei battelli della Senna, non suffi- ciente a rompere l'incanto, ti sembra di esser e in un mondo irreale e di sogno, in Italia. » * * La vittoria della nostra cucina sul- le altre lo dimostra un fatto: ogni sera il ristorante dell'esposizione de- ve rifiutare gente. Se non prenoti una tavola tre o quattro giorni pri- ma, non trovi posto. Non "vale pre- gare, supplicare, essere autorevole, non serve a nulla raccomandarsi: — Sa io sono amico dell'ambascia- tore... — Io sono un giornalista... Inesorabile lo spazio non permette di accogliere più gente. Ed allóra i ritardatari, restano un istante con- fusi, ammirano la bellezza delle ta- vole, ascoltano i ritmi della musica, e se n e vanno con l'acquolina in bocca. — Cenare al padiglione italiano... E' come l'espressione di un sogno, la prova ch e l'Italia con la sua cu- cina, all'esposizione di Parigi del 1937 ha battuto tutte le altre nazioni, in una tacita gara gastronomica. A . MISSAN Le giosetr gastronome ich al'l Esposizeion di Parig

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