LA CUCINA ITALIANA 1937

1« Set tembre 1937-XV LA CUCINA ITALIANA 9 impurità. L'acqua deve esser rinnova- t a ogni giorno. La purga deve durare due giorni almeno. V * * Ragazze di Venezia. — La mia ri- aposta potrebbe intitolarsi: romanza senza parole. La illustrazione che ri- produco non ha, difatti, bisogno di... illustrazioni verbal i: eccovi una bella tavola signorile, apparecchiata senza tovaglia, ma con un'aria di distinzio- ne che può benissimo farvi risparmia- re la tela damascata. Naturalmente si può apparecchiare graziosamente una tavola anche senza le candele. * si: * Abbonata n. 495 - Bologna. — L'ar- gomento sul quale ella ha chiesto no- tizie alla Cucina riguarda proprio me: sono gli argomenti di carat tere gastro- nomico, invece, che non riguardano Nina, e che la costringono a. continue incursioni nel campo che dovrebbe es- ser riservato a Frida, la regina dei buoni nsigli di cucina: fortunata- mente che alla Cucina Italiana queste invasioni nei terri tori altrui non dàn- no luogo ad incidenti diplomatici. Ve- do di qua, con gii occhi della mente, la sua bella caset ta nel vicentino: ros- sa di un rosso cupo, che risal ta sul verde così dolce della campagna ve- neta, opima di frutta. E son felice di darle qualche consiglio. Intanto, per per le tende escluda risolutamente non solo la seta, ma anche le stoffe ope- rate. Cerchi del buon cretonne, o del- la tela grezza: più rustiche, semplici, modeste nella linea e nel colore, sono le tende, e meglio è. Per i mobili del- la sala da pranzo, non esiti nella scel- t a : mobili di castagno, massicci, pe- santi, al l 'ant ica: una madia come l'a- vevano i signorotti toscani, e i loro contadini: delle seggiole a spalliera piena: una tavola da pranzo che dia, nella linea, e nella massa, già l'im- pressione patriarcale. * * * Loretta - Bari. — Io conosco al- meno quattro o cinque modi di utiliz- zare le susine. E non ho nessuna dif- ficoltà ad indicarglieli: ma lei perchè non partecipa un po' più alla vita del- la Cucina Italiana, mandandoci qua! che buona carat terist ica ricetta pu- gl iese? Eppure la sua è una regio-ie magnifica dove si mangia (mi dico- no) cose eccellenti! Ad ogni modo • eccoLe i suggerimenti :. si può fare siroppo denso, e si versa questo si- cuociono con un po' d'acqa, e la metà del loro peso di zucchero. Un chilo di susine, mezzo chilo di zucchero. Si schiumano, si tastano -per sentire se sieno divenute molli, e quando sotto la pressione del dito cedono, sì mettono in un vassoio. Poi si fa bol- lire ancora il sugo, fino a ridurlo un siroppo denso, e si versa questo sci- roppo sulle susine - che sono deli ziose. Si possono ridurre a marmel lata: si taglia-io ir 'lue. si liberano dei noe cioli, si fann s bpllire a lungo. Zucche- ro, metà del pe^o. Si opera come per le nlt're marmellate. Si l'anno « alla Mar ia ». Le prune o susine «a l la Ma r i a» sono una mescolanza di susine e di pere, nella proporzione di 2 terzi di susine e un terzo abbondante, e magari 4/10, dì pere. Qualunque genère di pera è buo- na: anche quelle che sono cadute da- gli alberi, nel frutteto, e che una vol- ta sbucciate, e pulite della parte am- maccata, o bacata, possono essere uti- lizzate benissimo. Si lavano le susine, si privano del noccioli, Si mettono in un recipiente insieme ai pezzi di pera e a dei pez- zetti di limone trinciati fini. Un' li- mone di grossezza media dovrebbe servire per 4 kg. di susine: dunque un quarto per 1 chilo. Si aggiunge la. metà del peso totale di zucchero e un pochino d'acqua: e si fa cuo- cere a fuoco dolce, per 4- ore. L'at- tenzione della massaia deve essere volta soprattutto ad evitare die il composto si at tacchi al fondo della pentola. Agitare spesso, con un. me- stolo, ma agi tare con garbo, piano piano. Dopo 4 ore di cottura, la con- fettura alla Maria è pronta: si met- te in vasi, di .cristallo che si „cuopro- no immediatametne. I l contrasto f ra il sapore, e il profumo delle pere e quelli delle susine fa di questa mar- mel lata una, còsa squisita, che • può essere utilizzata, oltre che per man- giarsi sul pane, anche per riempire dei past iccini' di pasta sfoglia o di | pasta dolce. Finalmente, si possono mettere le susine sotto spirito, come le ciliegie. Prefer i re le Regine Ciatidie, o quelle chiamate volgarmente cosce di mona- ' ca. Si fora ogni susina con tuia for- chetta, e si tuffano un momentino solo nell 'acqua bollente,. e. poi un al- tro momentino nell 'acqua fredda. Si sgocciolano, e si mettono subito in un va'so di cristallo. Per un chilo di susine, bisogna pre- parare 250 grammi di. zucchero, che si fanno bollire con acqua, fino a farne uno sciroppo di media densità. Si versa questo sciroppo sulle susine, | in modo che metà di esse rimangano ; immerse nel liquido. Si aggiunge un litro e mezzo di acquavite, o di grap- pa, o anche soltanto mezzo litro di alcool purissimo. Ma è meglio l 'acqua- vite. Si tappa il vaso ermeticamente, e si lascia stare il tutto per due me- si. Sono eccellenti. Bisogna fare ogni Cosa molto rapidamente, perchè le susine non amano, diciamo così, di esser molto maneggiate. * w * Maruzza. — Cara e bella amica, la vita è cara dappertutto, e all 'estero è molto più cara che da noi. Ma lei ha la fortuna di vivere in riva «1 mare, e il mare è un meraviglioso produttore di cibi sani, nutrienti, pre- ziosi, e di poco costo. E ' certo che. se lei. pretendesse di offrire al suo maritino aragoste colla maionese, o ombrina arrosto, lei non potrebbe pre- tendere di cavarsela con u na lira. Ma quanti pesci ci sono, che cos t a lo po- ",o c sono ugualmente salubri e buoni! Prenda ad esempio le sardine. Non so perchè molte signore considerino quel bel pesce argentato come un prodotto disprezzabile. Ma le sardine, che si pescano in quasi tutte le sta- gioni, e si trovano freschissime in tutti i paesi costieri, sono èccellenti, e costano pochissimo. Lei può prepa- rare le sardine in vari modi: in tot tiera, per esempio, ossia fat te con acqua, aglio, Olio, pepe e sale: si met- tono in un tegame, si cospargono di pangrattato, e si fanno cuocere a fuo- co lento, con un po' di fuoco anche sui coperchio del tegame, se non ha un forno: oppure si fanno arrosto, su un bel fuoco di;, brace calda, ma già ricoperta della propria cenere: una gratella, come per le bistecche, qual- che minuto di cottura, una goccia d'olio su ogni sardina, quando sono deposte nel vassoio, e il giuoco è fat- to. Ma c'è un piatto provenzale, che ho voluto provare, e che mi ha dato, ed ha dato ai miei cari, la più gran- de soddisfazione gastronomica. Pren- da una ventina di sardine piuttosto grossetté, le apra, le pulisca della te- sta, degli intestini e della spina, le lavi e le me t t a' dentro un canovac- cio pulito, ad • asciugare; Intanto fac- cia cuocere della cicoria, che, dopo bollita, ; t r i terà finemente/ quasi a ri- durla una puree. E poi met terà a rin- venire nell'olio, mentre preparerà una salsa di midolla di pane inzuppata nel latte, sale, . pepe, odor di noce moscata, uno spicchio d'aglio schiac- ciato." Mescoli il tutto, leghi cori un torlo d'uovo, aggiunga, una acciuga salata, tagl iata a pezzettini, faccia cuocere e insaporire la cicoria e tut- to il resto, mescolato insieme. A que- sto punto ricoiripaiono le sardine, di cui, lei riempirà la pancia colla purée ancora calda. Prenda poi un' piatto di quelli che resistono al fuoco, io strusci con un po' ' di cipolla, ci met- ta un po' d'olio crudo e vi deponga le sue brave sardine ripiene. Un po- chino di pangrattato, ancóra un po' d'olio sparso sopra, fuoco sotto e so- pra, un quarto d'ora di cottura... E grida d'entusiasmo dai pubblico. Finalmente. .. le confesserò, una ce- sa: nulla vale un bel vassoio di sar- dine pulite, infarinate, e gettate in una padella in cui l'olio deve fuma- re, ma non bollire. La sardina è cosi gentile che, appena cot ta da uria parte, si rivolta da sè dall 'altra par- te, per esser sicura di poter dare la massima gioia ai buongustai. Non tema mai di disturbarci, e chie- da tutto quello che vuole: anche il modo di accapponare i galletti, o di smacchiare un tappeto. Ma dove mi sembra, d'essere inesauribile è nell 'ar- te di preparare il pesce. Perchè io sonò una entusiasta del mare, e dei suoi prodotti. E perchè penso che gli italiani, gente marinara, debbono a sè, alla salute propria e dei figli, * anche all 'economia nazionale, di man- giare pesce il più possibile, e di .lar- sciar stare il più possibile la carne che dà l'uricemia... anche al portar monete. Tanti cordiali saluti. NINA

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