LA CUCINA ITALIANA 1937

1" Set tembre Ì937-XV Una nuova conquista della cucina italiana Se entrate in qualsiasi buon risto- rante francese, e chiedete la lista dei cibi, potete star sicuri che uno dei primi piatti della lista che un bravo cameriere, quasi socchiudendo con malizia gli occhi, vi suggerirà al- l 'orecchio con gli al lettamenti di una tentazione, sarà una buona «cote de mouton » o il « gigot de mouton f ra i - se » cotti ed assaporati in svariatis- simi modi, tutti eccellenti. Fa t te le debite differenze f ra la cucina di là e di quà della Manica, anche in Inghi l terra, troverete che la carne ovina è f ra le più ricercate e fra le più ben cucinate. Anche nella let teratura della no- st ra cucina ital iana abbiamo molte ottime ricette per le costolette di agnello o di castrato, per lo stufa- to di castrato, per l 'arrosto d'abac- chio e così via. Ma se dalla teoria caschiamo nel- la pratica, cercheremo invano, in" due terzi d'Italia, le carni d'agnello o di castrato nella l ista di un ristorante anche dei più modesti che sì rispetti. Mer i ta di essere cercata la causa dì questo deprezzamento, perchè se questa causa è vincibile, come chi scrive ne è persuasa, è addirittura un dovere nazionale del nostro grande esercito delle massaie e dei cuochi domestici o collettivi, di eliminare queste cause d' inferiorità effettiva o presunta, in modo di valorizzare un prodotto antichissimo e naturale del- la terra ital iana, sia per sopperire a quella deflcenza carnea che è ancora •uno degli ostacoli alla conquista del- la nostra indipendenza economica, sìa per arricchire a beneficio dei con- nazionali e degli ospiti d'un nuovo alloro questa nostra cucina italiana, la quale vuole tenere possibilmente in ogni posto la sua aureola di pri- mato nel mondo. Non si può dire che il minor ap- prezzamento delle carni ovine in I ta- lia, a confronto di quelle di Franc ia e d' Inghilterra, abbia giustificazione nella diversa specie ovina allevata da noi. Anche in I tal ia e, specialmen- te in Ital ia, la pecora non viene ge- neralmente al levata soltanto coinè produttrice della lana. Tut te le spe- cie nostrane ed, in modo speciale, quella bergamasca che forse è la più diffusa, ed è la più grossa pecora eu- ropea, sono destinate oltre al pro- dotto lanifero, anche a.l rendimento del latte, del cacio e della carne. Se vogliamo, poi. guardare oltre-irnare alla nuova I tal ia d'Africa, troveremo sia nella Libia, sia nell 'Etiopia e. spe- cialmente in Somalia, l'esistenza di numerosissime gregge, ma delle qua- li la lana non viene neppure utiliz- zata. E ' il loro latte, ed i prodotti dei latte ed il ricavo delle carni che costituiscono la ragione del loro man- tenimento e del loro commercio. La vera ragione di differenza f ra si classici d'Oltre Alpi, consiste sol- tanto nella maggior cura che in punto, nella maggior cura che in Franc ia ed in Inghi l terra si ha nel peparare queste carni. Ivi è impossibile pensare al pas- saggio immediato dell' animale da?, pascolo al macello come spesso av- viene da noi. Ad ogni modo, le carni che per qualsiasi ragione non hanno subito questa preparazione o ner le quali, come sarebbe il caso degli ani- mali vecchi e specialmente delle fem- mine, non si ritiene che valga la spe- sa somministrare loro il vitto spe- ciale qualche giorno prima del macel- lo, vengono vendute separatamente e molto più a buon orezzo, dimodoché non vi è pericolo, come può purtrop- po accade da noi, di dover mangia- re vecchia pecora, per cast rato fino. Probabi lmente una ragione del mi- glior sapore delle carni ovine 'd'oltre Alpe a confronto delle nostre, consi- ste anche nella razione assai più for- te dì sale che viene fin da piccoli somminlsli-ata agli o^ini, con aumen- del macello. to ulteriore negli ultimi giorni prima Sì dirà che tut te quéste buone re- gole prat icate altrove e non prati- cate da noi, riguardano l 'arte dell'al- levatore e del macellaio piuttosto dell'arte nostra al la , quale sono de- dicate queste pagine. M a io credo che il giorno nel qua- le gli albergatori ed i cuochi e le massaie si troveranno d'accordo nel reclamare anche in questo campo di essere serviti secondo le esigenze mi- gliori del nostro compito, perfino an-i cora prima che questa rappresentan- za dei consumatori venga formalmen- te istituita in formale corporazione (integrando, così il sistema corpora- tivo vigente), potremo trovare ascol- to e negli enti di sorveglianza e pres- so le Categorie del produttori, che nel nostro maggior consumo, trove- rebbero anche un miglior compenso per i loro prodotti così qualitativa- mente avvalorati. Quanto abbiamo sopra detto circa le specifiche qualità delle carni in parola, ci rende attenti sulle cure che dobbiamo prestare a queste car- ni dopo avel ie ri t irate dalla macel- leria. Si affaccia, anzitutto una prima difficoltà. Se non si t ra t ta proprio di carne d'agnello lattante, la carne ovi- na ha innegabilmente bisogno dì un giorno o due di frol latura dopo la macellazione. Ma, quando tale frol- latura non sia avvenuta nel frigori- fero dei macellaio, e non siamo prov- visti del locale adatto o di un « fri- gidaire», dobbiamo vegliare perchè in questa frol latura non si verifichino i soliti danni della carne oltrepassata ed in più — quello specile fenomeno di faci le inacidimento del grasso pe- corino, che dà quel caratterist ico sa- pore ingrato alle carni alle quali è mancata questa cura. Quindi anche per faci l itare la di- gestione dei grassi, è utile ricorrere agli specifici elementi di emulsione dei grassi: l'aceto, il limone, il buon vino bianco ricco di alcool e , se si vuol fare dei lusso, anche qualche bicchierino di liquore alcoolico. Questa preparazione, d' accompa- gnamento, può avvenire sia tenendo le carni ovine in salamoia, sìa ac- compagnandola con la cottura, sìa sposando in tavola questi paitti con le insalate o con un bicchiere di più di vino. E proprio una delle tante ingiusti- zie sociali alle quali si può e si deve mettere rimedio, il fat to che sieno destinati oggi a l consumo esclusivo di carni pecorine, i pastori che, ge- neralmente, sono condannati ad es- sere astemi per forza economica. Al momento di servire in tavola, ricor- diamoci che anche queste carni per essere ben gustate e meglio digerite, reclamano il trat tamento di tutti gli alimenti ricchi di grasso: portarli caldissimi dalla cucina, e servirli su piatti ben caldi. A tìtolo di curiosità, e per finire, prima di dare l'indicazione di qual- che r i cet ta preparata con i criteri su- detti, voglio- ricordare un piatto al la ant ica cucina gotico-francese che tro- trov&i sul libro di cucina « Le livre de la cuisine de da tante Colette ». Si t ra t ta del « Gal imafreé à la mosco- vite ». Si tagl ia l a polpa di montone in pezzi della grossezza di una noce. Si mettono in casseruola con un mezzo bicchiere d'olio di oliva ed il sale ed il pepe e il mazzetto di erbe sapori- fere e odorifere a volontà. Appena quel preparato comincia a scaldarsi v' si versa sopra addirittura mezzo l ' trc di buona acquavite e vi si dà fuoco. A quanto pare ne riusciva un piatto da principi, ma 1 giorni che corrono ci prezzo attuale dei liquo- ri è meglio ad un piatto simile pen- sarci piuttosto oh» tentarne In prova. •AMALIA PISCEt. Ass. Sanitaria

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