LA CUCINA ITALIANA 1937
22 - LA CUCINA ITALIANA 1» Set tembre 1937-XV Considerazioni sul le nostre cucine », che costituiscono anch'esse un nostro patrimonio. TS ho già detto dianzi che tratteremo ancora il problema. pollo alla " diavola Ma come si fa a intraprendere una opera di... rieducazione su così vasta scalaf Bisogna aiutarsi da sé, integrando l'azio-ne che per la verità, svolgono in questo campf), in Italia, anche nei più piccoli centri, i pro-loco. C'è qui, come vede, un altro problema che non è senza importanza agli stessi fini turistici, e che meriterebbe un più lungo discorso. Lo faremo La questionò è già stata trattata m questo stesso ' giornale con una certa larghezza, ma toneremo sul- l'argomento al quale dovrebbero ap- passionarsi proprio i nostri' trattori, visto che gli osti d'oltre confine ci interessano meno o non c'interessa- no affatto: Dobbiamo difendere la nostra cucina per non dire di pegr gio d,a tutte le infitrazioni : « tutte Quanto all'aiuto che possiamo dar- vi da noi la coso, è molto semplice. Sila aveva chièsto un pollo arro- stito sulla gratella e glie lo han ser- vito che «sembrava fritto»? Dove- va rimandarlo indietro, troncando qualunque discussione. 0 andarsene. Salvo a tornarvi l'indomani per chie- dere allo stesso cameriere se il cuo- co era in vena pei un pollo alla dia- vola di quelli che ti si incidono nella memoria come un fatto memorabile. Il cameriere, che non è mai sciocco, le avrebbe certo risposto che i pólli, si, l'« indiavolavano » anche loro, buoni come si mangiari sulla gratel- la, ma, che quell'arnese, inteso in un senso primitivo, in cucina non c'era. — Vuol provare? Le assicuro, si- gnora, che «indiavolato» al forno come lo fa il nostro cuoco, pare quel- l'altro. g. p. V. ' ' i s t i nto del la ma t e rn i tà Il pollo alla « diavola » che Te han servito in una trattoria di moda, el- la doveva mangiarlo a casa o in una di quelle trattorie di campagna, dove la cuoca è quasi sempre una donnetta senza pretese che non co- nosce i misteri della cucina e non fd dì lingua. Nelle trattorie di moda; o in certi « ristoranti » di « classe », coi quali distinguiamo anche noi, alla france- se, la trattoria dalla «gargotta, non bisogna mai chiedere cose elementa- ri ma complicate. Si chiaman «ri- storanti » per questo, con una parola che li solleva di botto su tutte le osterie e li nobilita, per cui non è escluso che lo stesso avventore sì senta meno borghese. Ma torniamo, signora, al nostro primo discorso. Son considerazioni, queste, che fa- remo, se mai, un'altra volta. Io dunque non affermo che in tut- te le trattorìe il pollo alla diavola si faccia sulla gratella al forno della cucina economica, che può, suppo- niamo, essersi impregnata dell'odore di un dentice arrostito un momento prima con lo stesso itema, o in tutte le trattorie la famosa bistecca che puoi ancora mangiare come tale in Firenze e in quasi tutt'i paesi della, Te,'¡calla, sì cuocio elettricamente o al fumo del gas. Dico soltanto che a farsi venire coleste voglie in certi locali, può capitare, appunto, di mangiare il pollo alla diavola che « sembrava fritto » il che non esclu- de, signora, che glielo abbian pro- prio arrostito nella padella. E' lo scherzo che in molte tratto- rìe e in molti « ristoranti » di grido certi cuochi intelligenti, per i quali l'avventore non sa mai cosa. mangia, fanno con la bistecca o il rocchio di filetto che arrostiscono tranquilla- mente in un ,tegamino e... ti servono alla griglia Inconvenienti, signora, che capita- na con molta frequenza. Già: il cameriere, quando ella faceva osservare, cortesemente, che il pollastro dovevano averlo cotto su tutt'altra gratella, ha poi risposto con garbo, ma con fermezza che più alla diavola di come glie lo avevan servito c'era da morire... Succede. E un po', forse, la menta Utà di tutt't cuochi e di tutt'i came- rieri, dell'universo, per i quali, ripe- to l'avventore capisce fino a un cer- to punto quello che mangia.
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