LA CUCINA ITALIANA 1937

Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV La novella de a La Cucina Italiana 99 ^^ TI PORTO IN A . O . Proprio così, bambina mìa, e que- sta volta dico sul serio: torno a casa. Oggi ho consegnato il mio autocan'o ad un camerata giunto freso fresco dall'Italia, e m'è sembrato di lasciare un vecchio amico. « Tienilo di con- to — ho detto al nuovo venuto •— ha fatto tutta la guerra anch'esso. E' un veterano ». E mi è dispiaciuto vera- mente lasciare il mio sei ruote che ha ruzzolato con me su tutte le strade dell'Impero, da Adi Ugri a Gondar, da Adua a Macallé, a Dessié, ad Harar. Ho guardato per l'ultima volta quei segni che me lo faranno sempre ri- conoscere fra mille: le tappe e le date della conquista scalfite con un chiodo sui parafanghi, qualche ammaccatura di palla di fucile sul cofano, e la fo- fotografla del Duce e la tua incollate in un angolo del parabrise. Poi ho voltato le spalle un po' commosso. * * * Dunque tórno in Italia. Questa se- ra una littorma mi deporrà a. Mas- saua, domani all'alba m'imbarcherò, e dopo un bel viaggetto sarò a casa. Vedi, piccola mia, a questo proposito ti dirò che andrebbe tutto bene: il mare, il viaggio su un bel piroscafo tutto lindo• e la gioia di rivederti, ma c'è quella faccenda del canale di Suez che guasta tutto. Tu forse non sai come stanno le cose, ma va presso a poco così. A Suez ti fermano la na- ve e salgono a bordo alcmrì signori i quali, in altri termini, fanno al capi- tano questo discorsetto: «Caro lèi, molti anni fa un nostro grande avo ebbe la fantastica idea di dividere le sorelle siamesi Asia e Africa con un bel taglio netto, e mise il mare al po- sto della terra abbreviando enorme- mente la strada usuale per comodità dei naviganti, cioè sua, caro capitano, e dì tutti quelli che lo precedettero e che lo seguiranno. Mercè alcuni pezzi di carta chiamati azioni noi abbia- 1 mo ereditato da quel sant'uomo i diritti di passaggio, perciò ora le pe- siamo il piroscafo con il suo conte- mito di merce, le contiamo gli uo- mini che ha a bordo, e lei passa alla cassa e ci paga in oro tanto a ton- nellata e tanto a testa. Se le garba così bene, egregio signore, perchè noi le diamo via libera e può chia- marsi fortunato, altrimenti si prende la sua bella nave, torna indietro fa- cendo il giro dell'Africa e arriva a casa fra due mesi ». • Bella cosa, no? Ti tirano il ccitlo, e mangia questa minestra o rifai ta strada di Caboto a senso inverso. Ma vedrai che qualcuno ci penserà a li- berare il mondo da questo nodo scor- soio senea sapone. M'imbarcherò, ma non saluterò questa terra cobi un ultimo sguardo di addio. Perchè te lo dico subito: ci ritornerò, anzi gioia mia, ci por- terò anche te. Si è così, ci ho pen- sato lungamente e non posso fare in altro modo. Non appena il curato ti avrà detto che in qualità di mo\glie : dovrai seguirmi ovunque, io vada, verrai come ine quaggiù. Ecco tutto. (E sapessi tu che gioia mi dà il pen- sare che a Suez pagherò per due, mentre invece saremo in tre. Sei d'accordo con me, amore mio che passeremo in tre?). * * * Ho veduto vicino a Gondar una valletta tutta verde. C'è qualche oli- vo selvatico, un fiumiciattolo con gli eucaliptus accanto, a tutt'intorno cor- re un bosco di cedri: un piccolo pa- radiso, un angoletto come quelli che si vedono talvolta sulle cartoline il- lustrate o su qualche film america- no. E' lì che andremo a stare e che costruiremo la nostra casa, sul pog- giolo, quasi al limite del bosco. E lavoreremo tanto, e avremo tanti fi- gli. Sì, tanti figli, perchè voglio di- ventare un patriarca, un Madariaga» dell'Etiopia (non quello della Socie- tà delle Nazioni, bimba, ma ricorda quello dei « Quattro Cavalieri » di Ibanez, che in Argentina mise ai mondo un piccolo popolo). E già lo vedo questa minuscolo esercito dì bimbi per i quali ci vorrà un auto- carro al giorho ,di pane, di latte e generi diversi; un refettorio per far- li mangiare e una camerata per met- terli a letto. Li vedo crescere e farsi robusti, fare a pugni e correre come diavoli, su biciclette a gasolina, per tutte le strade dell'Amhara. Andran- no a scuola e quando il maestro par- lerà loro della tale battaglia della campagna d'Africa uno di essi dirà sottovoce al compagno di banco: « Mio padre quel giorno mise in fuga più di mille abissini, e se non ci credi mi ridai le palline e i pennini che ti ho dato ieri ». * * * E passerà tanto tempo. Si faranno grandi i nostri figliuoli e ognuno prenderà la sua strada. Noi, avanti con gli anni, andremo a visitarli, uno ogni domenica col treno popolare. Cominceremo da Maurizio, direttole dì banca ad Addis Abeba, poi verrà Michele, procuratore a Gondar, poi Giacomo, pilota all'idroscalo del Ta- na, Antonietta, insegnante a Debra Tabor, e così via. E la nostra vec- chiaia passerà tranquilla e serena tra l'affetto dei figli cresciuti nella nucwa terra e ogni sera ci guarde- A Suez ti fermano la nave.. remo negli occhi contenti del lavo- ro compiuto. Forse un giorno, al- l'angolo di una strada troverò spos- sato ed esausto un vecchio autocar- ro. Sarà alla fine: il suoi cuore stan- co non potrà più battere e le. sue

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