LA CUCINA ITALIANA 1937
Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV La Mensa alla Mostra Augustea della Romanità Vogl iamo aprir del tutto la porta socchiusa dell'amichevole casa e, poi- ché l'autunno è ancor tepido e so- leggiato, chiedere ospitalità alla men- sa apparecchiata nel piccolo giar- dino? La Mostra Augustea della Roma- nità, che il Duce ha inaugurato il 23 settembre, of fre f ra tutti gli aspet- ti della vita pubblica e privata de- gli antichi, completamente illustrato anche quello sùgcteo del mangiare e del bere. Universalità di documenti, tratti cioè da ogni parte del mondo civi- lizzato da Roma, attestano le pre- ferenze e le golosità dei nostri pa- dri, e le possibilità c h e si of frivano ai cuochi (Dal vicarkis super cocos, il Capo delle cucine imperiali allo schiavo del povero impiegato che a- dempiva a tutte le funzioni domesti- che) per accontentarle. Dalla merendola rurale e modesta, prototipo insieme della sportula che i padroni distribuivano ai clienti (sfilatino, ravanelli e sale, boccetta di vino) e dal fasto agli infimi or- dini di ospiti che Giovenale ci ricor- da (un po' di pescg di fiume pieno di spine, cavolucci ricotti e conditi c o nolio di lucerna, pane vecchio che né i denti né il coltello possono intaccare e deve — per essere man- giato — venir rammol lato nell 'acqua) ai pantagruelici simposii di Trima- lione, alle ghiotte primizie di Lucul- lo, ai pranzi insomma così densi di portate e di cibi sostanziosi che bi- sognava ricorrere agli ermetici per poterli mandar giù. E per un pudico senso di vere- condia i pavimenti marmorei delle apposite sale, già rappresentavano gli effetti degli remetici: sicché quel- l 'ospite ingordo cui tardava il ritor- no alla mensa, era incerto se già fosse disponibile per i nuovi piatti, o se ancora si dovesse liberare dei •precedenti! Pan e e vino: sono le so- stanze dei primitivi pasti repubbli- ani, con un po' di verdura condita con l'olio. Il tutto prodotto del cam- picello famigliare, e preparato in casa: traendo farina ed olio e vino con la mola, la pressa ed il torchio che avevano servito agli avi.. Sarà già fenomeno di particolare lusso il portar sulla tavola pesci pe- scati dallo schiavo nel fiiume o nel- lo stagno, e capretti allevati con te- nera cura dalla damina. Ma verrà un giorno che queste teneri carni serviranno ai poeti per nostalgico richiamo alla parsimonia antica: quando la gastronomia per fezionatasi sotto l'impero, non solo cucinerà ogni tipo di animale, ma li Vogliamo aprir del tutti * trasformerà così da non più rico- noscerli. Ed ai puro e schietto olio di Ve- nafro (l'eccellente per antonomasia) sostituirà, ed aggiungerà, cento ed un ingrediente, oltre a quell ' imman- cabile gamus (sapore) salsa piccan- tissima, ed indispensabile, fatta con gli intestini e con le branchie di piccoli pesci ed insaporita con mol- ti ingredienti; specie con erbe aro- matiche. Si porteranno in tavola i ghiri, ed i pavoni, i cerbiatti, e le grù, si cuo- ceranno cervelli di uccelli e si am- maniranno lingue di pavoni; si tra- la porta socchiusa sformano le uova in ripieni di tordi e rivestite di farina gialla si frig- geranno le mammelle di scrofe in polli. Si curerà insomma più la stra- vaganza che la semplicità della cu- cina, più l 'eccentricità che la schiet- tezza naturale dei cibi. Potremo noi resistere ad un pran- zo romano? Di co la verità che dopo aver vi- sitato le sale dell'alimentazione, del- l'agricoltura, della pesca e della cac- cia, e del pan e e vino della Mostra Augustea, sono tratto a pensare che la genralità della gente (e non solo del popolo minuto) non dovesse sob-
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