LA CUCINA ITALIANA 1937

Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV LA POSTA PI NINA Educhiamo la serva? Una gentile nostra abbonata mi scrive facendomi una proposta in- teressante. Dice, press'a poco, la no- stra simpatica ami ca: « L a Cucina è il giornale a cui noi tutte, madri di famiglia, donne di casa, signorine e future massaie, ricorriamo, per im- parare qualcosa di nuovo sia dal punto di vista dell 'economia dome- stica, sia da quello della gastrono- mia spicciola. Leggiamo volentieri, e seguiamo volentieri, tanto i consigli di coloro che ci insegnano (la paro- la è cattedratica, ma era impossi- bile adoperare il verbo consigliano: sarebbe venuta fuori una frase di questo genere: i consigli di coloro che ci consigliano, e non sarebbe stata punto graziosa. Chiusa la pa- rentesi) a dirigere una famiglia, quanto quelli di coloro che si preoc- cupano della salute dei nostri figli, del la conservazione della nostra bel- lezza, e anche dell'eleganza dei no- stri vestiti. E tutto questo è eccel- lente. Ma perchè non vi preoccupate anche, un pochino, di quel personag- gio importantissimo per ogni signo- ra, di quella specie di deus ex ma- china da cui tanto dipende della pa- ce domestica, che è... la donna di servizio? Perchè non instituite una rubrica, intitolandola come vi pare, facendola lunga o corta, allegra o seria, come Ivolete, ma indirizzan- dola ad educare le domestiche, a con- sigliarle e a guidarle? ». L'idea, lo dico subito, non è cat- tiva. Ci sono, in Italia, degli istituti dove le ragazze, figlie di contadini o di operai, vengano educate, prepara- te al mestiere modesto ma così utile della cameriera o della cuoca? Con- fesso che non lo so. Ma, se ci sono, non devono avere una rinomanza nazionale, chè se no a quest'ora ne avrei sentito parlare da un pezzo. Nè mi è mai capitato, quante volte ho dovuto sottoporre una aspirante domestica all ' interrogatorio di rito: — «Do ve è stata fino ad ora? Che cosa sa fare? Ha dei cert i f i cat i ?», di sentirmi rispondere: — Si figuri! Sono diplomata domestica di prima classe dall'Istituto X e Y! In' generale, purtroppo — (e qui entriamo in un altro argomento, che pur dovrò trattare, un giorno o l'al- tro, perchè interessa la tranquillità e il buon andamento delle nostre case: quello della sincerità delle in- formazioni) — l'aspirante domestica si limita a produrre qualche certifi- cato molto generico, o a dare come referenza l'indirizzo della signora che l'ha mandata via. (E' inutile di- re che io ho telefonato subito a quel- l'indirizzo, che la signora m'ha detto un mondo di bene della domestica li- cenziata... e dopo otto giorni mi sono accorta d'essermi messa intorno una donnaccola sporca, o ladra, o bugiar- da, o ubbriacona, etc. Ma chiudiamo anche quest'altra parentesi). Dunque, istituti veri e propri, do- ve si formi la preparazione profes- sionale delle domestiche, sia di quel- le specializzate, sia di quelle che i francesi chiamano bonnes à tout faire, ciò che molto spesso significa che non sono. bonnes... a nulla, non ce ne sono. Eppure il mestiere del- la domestica è uno dei più delicati e difficili! Avrei dunque voglia di occuparmi dell 'argomento. Ma è difficile spera- re che le cento e cento e cento (que- ste è D'Annunzio puro) mila fante- sche che assicurano, nelle case mo- derne, l'esecuzione degli ordini do- mestici, preferisca l 'articolo di Nina alla passeggiata domenicale con l'in- genuo soldato compaesano, o con lo intraprendente tramviere dai baffet- ti alla Clark Gable. E, d'altronde, l 'educazione di una domestica può voler dire molte cose. La donna di servizio ideale dovrebbe avere una quantità di requisiti: es- ser pulita, prima di tutto; esser sa- na, prima ancora d'esser pulita; es- sere onesta, almeno per quel che ri- guarda la roba e il denaro degli al- tri, chè per ciò che riguarda l'one- stà muliebre, l'integrità fisica e mo- rale nei confronti del problema del- l 'amore è diffìcile pretendere che le domestiche sieno tutte immuni dal- le stesse debolezze le stesse neces- sità e gli stessi errori che af ferma- no così dolorosamente la fragi l ità della carne in tutte le altre loro so- relle in sesso — delle quali anzi esse hanno minori responsabilità, e le grandi attenuanti della scarsa cul- tura, della vita randagia, della soli- tudine sentimentale. Poi, la donna di servizio ideale dovrebhe essere economa; rispettosa; premurosa. Sol- lecita degli interessi padronali — chiamiamoli così — come dei prò-1 pri. Attenta alle proprie mansioni, ri- servata nel parlare, sincera nel ri- j spondere. — Ma — mi disse una volta un mendicante, a cui domandavo, col cuore pronto alia commozione, per- chè si fosse ridotto in quello stato — se avessi avuto voglia di lavorare, se fossi stato istruito e ambizioso a quest'ora avrei fatto il capo divisione, e non il pevero! Se ci fossero delle domestiche che racchiudessero in sè tutte le virtù che noi pretenderemmo da loro, nes- suna di esse farebbe più la dome- stica. Tutte avrebbero trovato chi, apprezzando i loro meriti superiori alla media, le avrebbe elevate di rango. Certo, l 'educazione delle domesti- che merita tutta la nostra attenzio- ne di madri di famiglia. Ma... siamo sicure che qualche ca- meriera più evoluta non scriva alla Cucina Italiana per proporci di... e- ducare le padrone di casa? Perchè — e qui rischio di suscitare un ura- gano di disapprovazioni sdegnose — ci sarebbe tanto da fare, anche in quel campo! Ad ogni modo, l'idea è lanciata. Sentiamo che cosa ne diranno le centomila lettrici della Cucina. Esse possono partecipare come vogliono, alla discussione. Con lettere, o con articoli. Con proposte, o addirittura con lezioni. Credono che sia il caso di fare un corso diffuso e metodico? O credono che basti stillare un de- calogo, nel quale all'imperativo bibli- co ,« non fornicare » sia sostituito un comandamento di più facile com- prensione: come potrebbe esser quel- lo di « ricordati di non far la civet- ta col signorino di casa, se non vuoi esser buttata fuori senza gli otto giorni » ? Aspetto di conoscere il pensiero delle mie lettrici. Gertrude — Ella può abbonarsi da qualunque numero, ossia in qualun- que momento. Naturalmente l 'Ammi- nistrazione preferisce, per semplici- tà, dato l 'enorme numero di abbona- te, una scadenza unica, quella del 31 dicembre di ogni anno: ma cre- da pure, se lei manda le sue 5 lire e 30 centesimi alla sul !od,"S A >•»mi- nisi' azione, anche il 32 di ottobre, quella le riceve e l e spedisce il gior- nale., Credo che anche per ¡ 'anno prossimo il prezzo dell 'abbonamento rimarrà a 5 lire e trenta. Come fac- ciano a mantenere quel prezzo, quan- do tutti gli altri giornali hanno do- vuto aumentare il loro, per il cre- sciutissimo costo della carta e del- l'inchiostro, per le aumentate merce- di operaie, ecc., veramente non so. Una volta ne pi r la! aH' smvv' - '^Ta- tore df l la Cucina, osservandogli che

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