LA CUCINA ITALIANA 1937

Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV origano (maggiorana). Sui pomodori iormare uno strato di fette di lesso: e su quello qualche pezzetto di po- modoro senza buccia nè semi, un al- tro poco di trito di prezzemolo ed aglio e un altro pizzico di maggio- rana. Condire con sale pepe e olio, aggiungere un tantino d'acqua e pas- sare la teglia, per una mezz'ora in forno di calore moderato. + * * • E le polpette? Care, vecchie pol- pette: quando sono ben fatte — rac- comando di metterci la besciamella — sono gustosissimo. POMODORI E CONSERVA Signora Meina Lìguori - Pistoia. — I pomodori per il brodo si conservano bene sotto sale: formando, cioè, in un recipiente di terracotta (un pentolo- ne o un orciolo) uno strato di pomo- dori e uno di sale, fino a colmare il recipiente. I pomodori, che manten- gono così il loro sapore naturale e la loro tinta vermiglia, sono eccellenti: ma riescono tanto salati che non sop- portano aggiunta di sale. I pomodori interi pelati si conser- vano bene senza sale nelle scatole di latta col coperchio saldato e steriliz- zate a bagnomaria. Anche in bottiglie si conservano benissimo senza sale: ma a pezzi. Si scelgono pomodori maturi, intatti, si sbucciano, si aprono, si liberano dai semi, si fanno a pezzi e s' introdu- cono in bottiglie tipo Sciampagna. Tappate ermeticamente le bottiglie si sterilizzano a bagnomaria col siste- ma tante volte indicato e spiegato nell'A B C. Tornarci sopra mi è impossibile. Se vuole avere la compiacenza di sfo- gliare i fascicoli arretrati, troverà tut- te le indicazioni che le occorrono. E con l ' identico provvedimento si può conservare in bottiglie la salsa di pomodoro già pronta, preparata, cioè, con pomodoro bollito a lungo in- sieme con della cipolla e altri aromi di cucina e più passato per staccio. Al momento di adoprarlo si fa bollire ancora con olio o burro e si adopra con esito eccellente. Per gli umidi si può preparare una ottima salsa di pomodoro cotto con i soliti aromi di cucina e passato per staccio. Dopo passato, si f a cuocere ancora 'Con un'aggiunta non eccessiva di sale: e, quando è freddo, si mette in bottiglie © in fiaschetti, riempien- doli solo fino al principio del collo. Da lì in su, olio. Si chiudono le bot- tiglie e i fiaschetti con un semplice sughero e si ripongono in dispensa. PIZZA ALLA NAPOLETANA Abb. 12768 - Voghera. — Dosi; 400 grammi di pasta da pane già lie- vitata; 100 gr. di acciughe lavate, spinate e divise in filetti; 120 gr. di mozzarella napoletana, tagliata in «dadini; 100 gr. di pomodori ben ma- turi sbucciati, senza semi e a pez- zetti; un bel pizzico di origano; strutto, olio, sale,. pépe. Acquistata la .pasta dal fornaio,, metterla in una teglia, oppure sopra una lastra d a pasticceria, unta leg- germente di strutto e col palmo di tutt'e due le mani, comprimerla, stenderla, dandole f orma rotonda. Ottenuto un disco c h e abbia circa 35 centimetri di diametro e mezzo centimetro di altezza, ungerlo lieve- mente d'olio e poi spalmarlo con un pezzetto di s trutto della grossezza di una bella noce. Distribuire sul disco le acciughe, i dadini di mozzarella, pezzetti di pomodoro. Salare é impepare piutto- sto abbondantemente. Completare la preparazione cospargendola di semi d'origano e versando su di essa un altro po' d'olio. Infornare a calore ardentissimo e far cuocere un quarto d'ora. Questa pizza è sufficiente per sei persone. Volendo si può preparare in casa la pasta, che riuscirà più delicata. Procedere così. Intridere 350 gr. di farina con 15 gr. di lievito di birra solido sgretolato in acqua tiepida, ur. po' di sale e u n altro, bicchiere di acqua, pure tiepida." Fatto l ' impaito, tenerlo a lievitare in luogo caldo per due o r e p due ore e mezzo, secondo la stagione. A lievitura completa, prima di formare il disco, lavorare ancora un poco l'impasto. Quindi spianarlo come è stato detto. Chi volesse omettere le acciunghe, può guarnire la pizza di mozzarella e di pomodori soltanto. FR I TTELLE RIGONFIE (BIGNÈ') Amiche della Cucina Italiana -, Vi- to Valentia. — La buona riuscita di queste frittelle — le uniche adatte per essere riempite — dipende dalla lavorazione. Mettere al fuoco, in una cazzarola a fondo concavo, 250 gr. d'acqua, 50 grammi di burro e un a presina di sale. Appena l 'acqua bolle ritirare là cazzarola dal fuoco e gettarvi den- tro, tutti in una volta, 150 gr. di fa- rina doppio zero. Dimenare forte forte con un cucchiaio di legno per unire alla svelta il composto; quin- di, sempre dimenando di continuo, rimettere la cazzarola al fuoco e far bollire per qualche minuto. Nel bol- lire ,la pasta si stacherà dalle pareti della cazzarola e si ammucchierà al centro di quella a guisa di globo Seguitare a lavorarla fino a che un leggero crepitìo non avverta che è venuto il momento di togliere la cazzarola dal fuoco. Un po' di sosta per far perdere alla pasta buona parte di calore, quindi tornare a la- vorarla e mischiarvi, un a alla volta quattro uova intiere. Intridere il se- condo uovo solo quando il primo è già stato incorporato. E così di se- guito. Lavorare ancora a lungo, senza stancarsi, per ottenere un impasto liscio e vellutato. Quando comincerà a formarsi in esso qualche bolla di aria, mischiarvi, sempre mescolando, un cucchiaino di zucchero e la scor- za grattugiata di un limone. Ciò fat- to lavorare ancora un poco, quindi coprire la cazzarola con un panno umido a più doppi, e lasciare in ri- poso per una mezz'ora. Trascorsa la quale mettere al fuoco una padella colm ad'olio o di strutto, e, prima che il grasso bolla forte, lasciarvi cadere delle piccole porzioni di pasta presa dalla cazzarola con la punta d'un cucchiaio da minestra. E' ne- cessario che da principio le frittelle abbiano un calore moderato, che do- vrà andare mano a mano aumentan- do, m a non troppo. Chi frigge deve agitare di continuo la padella in senso circolare. S e il grasso è in quantità sufficiente, l e bignè si ri- volteranno da sè stesse senza che ci sia bisogno di toccarle con la me- stola. Friggerne poche alla volta. Rego- lare il calore aff inchè esse riescano di un colore dorato. Pr ima di met- tere giù l a pasta far perdere al gras- so un po' di bollore. Farle scolare sopra un a salviettina e poi spolve- rizzarle abbondantemente di zucche- ro al velo mischiato con zucchero vanigliato. Signora H. Frigerio Marelli - Mi- lano. —• Troppo tardi mi è perve- nuta la sua richiesta perchè potessi rispondere nel fascicolo di Settem- bre. L e ripeterò quello che ho detto ad altri abbonati. E' difficile ch<3 persone inesperte nell'arte della can- ditura ottengano risultati soddisfa- centi. Certo è più facile candire le scorze che i frutt i :. comunque l ' im- presa non è agevole. Si comincia col mettere l e scorze, tagliate a pezzet- ti, in condizione di esser penetrate dallo zucchero. Si fanno cuocere per- ciò in acqua semplice, o lievemente acidulata. Poi sì scolano, si passano in un ampio recipiente di terraglia, e su di ess e si rovescia, bollente, uno sciroppo di s equa e zucchero piutto- sto leggero, preparato* cioè, nella proporzione approssimativa di due parti di zucchero su tre parti d'acqua. Si lasciano le buccie in riposo per 24 ore, dopo le quali si scola lo sci- roppo, si mette al fuoco in un altro recipiente, sempre di terraglia, con un'aggiunta di zucchero e si fa bol- lire fino a che non si s i a un poco addensato. A questo punto si uni- scono le bucce c o n lo sciroppo e si fanno bollire insensibilmente per una mezz'ora. Quindi, altra sosta di 24 ore, durante le quali l 'acqua conte- nuta. nelle buccie diluirà un poco lo sciròppo. Bisogna scolarlo di nuovo, aggiungervi ancora un po' di zuc- chero, tornare a farlo bollire da solo e poi con le bucce. E, per ottenere una canditura discreta, queste ope- razioni dovrebbero essere ripetute fino a che dalle bucce non uscisse più una goccia d'acqua. Ma, trattan- dosi di candito da usarsi c om e ag- gregato della dolciaria casareccia, si potrebbe semplicizzar e il procedimen- to, facendo bollire piano piano le bucce, non già una mezz'ora, m a il tempo c h e occorre per ridurre lo sci- roppo al l a densità dovuta.

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