LA CUCINA ITALIANA 1937

Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV PER L'AUTARCHIA ALIMENTARE Come allestire le carni di agnello castrato, capretto e capra L'articolo; del precedente numero di Cucina Italiana nel quale invitavo all'uso delle carni ovine, ebbe l 'onore di essere valorizzato, su la pagina di riscontro, da due saporite — lo dico perchè le provai — ricette, di quel mago della cucina che è il comm. Pet- tini, .« Due rognoni ami c i» e « Co- scetto d'agnello alla S. Bartolomeo ». Dimostrato che il cuoco di S. M. il Re, tiene in valore tale tipo di car- ne, gioverà a sfatare l ' idea che l'uso della carne ovina alla propria tavola, sia un uso troppo plebeo. Non lo è, ma se lo fosse e giovasse perciò al- l 'autarchia nazionale, dobbiamo dalle colonne di questo giornale, amico del- la massaia italiana, saper vincere e far superare così infondati rispetti umani. Il precetto dì servire la carne mol- to calda; su piatti riscaldati, va spe- cialmente osservato per le carni ovi- ne, il cui grasso, rapprendendosi fa- cilmente, diventa segoso, di lenta di- ' géribilità e di poca appetenza. Dell 'agnello od abacchio e del ca- strato noi usiamo tutte le parti, come di ogni altro animale macellato, cioè il muscolo o carne e le frattaglie. Il grasso negli ovini, si amalgama meno al tessuto che in altri e tende a riu- nirsi alla superficie; a tapezzare le cavità; questo ci permette di levarlo con facilità sciogliendolo a parte con un po' d'acqua, conservandolo come ogni altro grasso sciolto ed usandolo assieme ad olio per elevare il suo grado di fondibilità. Quando tali gras- si sono crldi, mettere dei pezzi di ci- polla che si possono, poi, anche riti- rare. Sento muovermi l'obiezione su l'o- dore che presenta tale carne, questo, è la vecchia pecora che lo Sa e se sempre la compera della carne è con- sigliabile la faccia la padrona esper- ta, in questo caso la raccomandazio- ne dovrebbe essere avvalorata, perchè appunto l 'occhio che sa giudicare, ve- de subito l'animale troppo, grasso o dalle fibre oscure, grosse fibrose. La buona carne di montone ha il colore di quella del manzo, le fibre devono essere sottili, pastose, morbide. Nella città grande è difficile sa- perne la provenienza; dato che il ti- po di pascolo ha grandissima impor- tanza per il gusto della carne; è da preferirsi pe rà sempre l'animale te- nuto in montagna ed anche qui vi sono località più o meno adatte. Per esempio nel Trentino, dove io abito il miglior pascolo è sugli altipiani di Folgaria nella zona de Cornetto a oltre 1.500 metri. Vedrete che anche i fornitori se i clienti s'interessano da dove viene la merce, preferendo quel- la di origine migliore s'abitueranno a questa scelta nelle derrate, conside- reranno il consumatore « essere » in- telligente, che tutela il proprio inte- resse e per il quale vale la spesa di prendersi delle brighe. Nel mettere a fuoco le carni ovine bisogna essere parchi nel condimento e toltone alcuni tipi di cottura, là fiamma deve essere dolce, in modo che vada lentamente nel primo tem- po e così ne uscirà il grasso sovrab- bondante, che a seconda' del quanti- titativo, si può togliere o lasciarlo riassorbire. Il latte, meno grasso del- l'olio e burro, è utile nella cucina di carne ovina; e raccomandabi le è il vino, agente digrassante. Anche a ta- vola l'uso del vino è consigliabile. Per l'agnello, abacchio, capretto, carni tenere che si possono mangiare dopo un paio di giorni ed anche pri- ma, la frollatura ha poca importan- za, mentre per la carne di montone il coglierla in giusto punto, non è sempre facile. Meglio usarla in anti- cipo, perchè se oltrepassasse sarebbe facile si sviluppassero i mali aromi del grasso pecorino. E' carne che si presta mblto bene alle concie. Nel Mezzogiorno e nella Sardegna, dove la capra è largamente allevata, vi saranno speciali preparazioni della sua carne, saporite, ma che non co- nosco, sarebbe anzi intéressante, se abbonate di quelle regioni, mandas- sero a Cucina, le ricette; io, non so presentarla, che in salamoia. E qui, per un ricordo di bambina, faccio un punto ostico contro la car- ne di capra. La mia mamma aveva un gran cuore, in montagna ad una povera vecchia: la, « Marangona » ; po- vera in canne, la capra che temo per età, dasse dei punti alla padrona, ro- tolò da una rupe, ammazzandoci. Era l 'unico avere, ed il suo latte, il prin- cipale alimento della vecchietta. Gli altri montanari, pur compiàngendola, non potevano aiutarla e la mamma la comperò intiera, e così la « Maran- gona'» ebbe le 30 lire per ricompen- sarsi una capretta. La carne... Dio mio, doveva essere un elefante di Pirro, perchè, messa in salamoia, non finiva mai. . Non dunque una capra intiera neanche se è per fare un'opera buona, ma una coscia, in concia a tipo di sel- vaggina, è buona. FR I TTURA DI CAPRETTO OD AGNELLO Quella che noi diciamo « piccaia », insomma tutte le frattaglie: cuore, coradella, fegato di agnello o capretto van tagliate sottili, tenendole divise. In una padella, non tanto grande, si metta un po' di olio e di mezzo etto di burro, la metà; biondeggiànti si metta della cipollina affettata sottile, non molto, poi la corada su la quale si farà passare un po' di pepe, il cuore e per ultimo il fegato, che pas- sa subito, unire il burro rimasto che farà una bella schiuma; salare ed unirvi dei dadolini di pane, rosolato prima in olio o burro, tenuto al cal- do, nella, quantità press'a poco della frittura. Rimescolare, servendo cal- dissimo. FEGATO DI CASTRATO Riesce molto bene, ravvolgendo le fette grossette, leggermente impepate e salate in retina di maiale, disposte a freddo in padella, strisciata con burro; foglie di salvia, facendo an- dare a buon fuoco; rivoltare, salare, aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco, coprire, servire nel tegame, con polentina ben calda e tenera. Il fegato di castrato è più tenero di quello di manzo, sul tipo di quello di vitello, solo più oscuro, costa molto meno. Ci cuoce anche affettato alla veneziana o alla giudia; oppure il pez- zo intiero od a parte. ROGNONCINO DI CASTRATO AI FUNGHI Aprire a metà due rognoncini, but- tarvi sopra l 'acqua bollente, dopo tre o quattro minuti si leva, si passa in acqua fresca e si affetta piuttosto piccolo nella farina bianca si dispone a freddo in padella con olio e burro, pepe e si fa andare moderatamente, quando roste, e la farina prende co- lore, si aggiungono tre cucchiaini di cipolla pestata fine, si rigira si met- tono tre cucchiaini di prezzemolo ed appena questo frigge, un mestolo di brodo caldo, coprendo. Dopo un mi- nuto si mescola, si stacca dal fondo, si sala e si aggiunge ancora brodo caldo, facendo cuocere dolcemente per cinque minuti. A parte si saranno preparati dei funghetti freschi, por- cini od altri o mosti, messi a cuocere tutto a freddo con olio, burro, pepe, sale, prezzemolo, aglio con aggiunta

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