LA CUCINA ITALIANA 1937

Ì2 LA CUCINA ITALIANA 1° Ottobre 1937-XV romana Ottobrata NON CREDETE ALLA GRAFOLOGIA? Provate ugualmente: vi ricre- derete. IL GIORNALE DELLA DOMENI- CA — Settimanale illustrato — Un numero cent. 40 - Abbonamento annuo L. 18 I - = — - società di divertimento ch e avevano 10 scopo di raccogliere dai soci pic- cole quote settimanali e versarle in fondo cassa per l 'ottobre successivo. Simili organizzazioni venivano fatte dalle donne in laboratori e financo nelle lavanderie. Anzi, le lavandaie erano sempre le più chiassose, le più allegre, le più divertenti. Il giorno stabilito, di buon matti- no, le donne indossavano un abito preparato apposta per la circostan- za: tutti di un colore e tutti di una foggia. Salivano sul carro addobbato con festoni di fiori e trainato da una superba pariglia infiocchettata. Do- po un giro per il rione via, fuori di porta. Aria libera e sole; il sole sma- gliante della campagna romana che ritemprava le loro energie insieme al lauto pranzo ed al vino generoso. Dalle tagliatelle al dolce vi era sempre dovizia di portate, ma quel- lo che non doveva assolutamente mancare era il pollo. Non è festa per il romano, se non gli si serve 11 pollo arrosto. A parte il sapore squisito, ma serve anche da diver- sivo il rosicchiare lentamente le os- sa, e l 'aroma del condimento eccita la sete. Tra un lazzo ed un bicchie- re si arrivava cosi all'ora del bal- lo. Al suono dei tamburelli prima, e poi a quello dei mandolini e chi- tarre, si ballava sull'aia o sul pra- to l ' innocente saltarello. L'arte di Tersicore, incoraggiata dagli effetti delle libazioni, dava i a ebrezza e ili lancio ai giri vorticosi e la resistenza ai saltellamenti rit- mici su di un piede mentre l'altro veniva piegato in dietro o disteso in avanti, con grazia o con passione quasi indice dello stato d'animo del- la ballerina. Gli. astanti prendevano viva parte al ballo battendo le ma- ni a mo' di accompagnamento e quando era finito giudicavano l'abi- lità della coppia che aveva ballato. Aria, sole, vino e ballo, l'inebrian- te ballo fino alla stanchezza, fino che il sole lentamente non av.esse accennato la notte e il venticello della campagna romana non li aves- se avvertiti ch e stava per > giungere il freddo. Allora si entrava nell'osteria e si beveva il « bicchiere della staffa ». Poi tra canti spiegati si tornava in città, ma non si rientrava a in casa; si doveva compiere il giro di rito; il carro percorreva le vie principali tra 1'ammirazion.e dei passanti, per il costume dai colori vivaci e dan- do sfogo, l'ultimo sfogo a quella gioia contenuta per un anno intero nel godimento dei benefici dei pic- coli ma costanti sacrifici che era loro costata la gioia di un giorno. Il romano di oggi va ancora in campagna a fare l 'ottobrata ma sen- za carro, senza vestito di parata, e rimanda il ballo al periodo del car- nevale. Va e mangia nella gioia di sapersi ancanto ai parenti e agli amici più intimi e beve con la do- vuta parsimonia, tornando verso il tramonto, non dispiace se i giovani, prima di entrare nell'abitato, can- tino le canzoni di moda. Non è più il tempo in cui si affidava al ven- to il celebre inno dei baccanti: «No i semo l'i seguaci di Dio Bacco ». Tutto è informato oggi ad un in- dirizzo nuovo che vuole essere es- senzialmente equi l ibrio, e modera- zione. Testo e disegni di FILIBERTO GALEOTTI CREDETE alla g r a f o l og i a? Mandate un saggio della vostra scrittura, o di una persona che vi interessa al « Grafologo del " Gior- nale della Domenica „ », e avrete il responso esatto di ciò che la scrittura rivela: pregi e difetti del vostro carattere, tendenze artisti- che, affettive, ecc. Dopo il mare e la montagna il pe- riodo dello svago non è finito: resta ancora « l 'ottobrata » o scampagna- ta del mese di ottobre. Questa tradizionale consuetudine dei romani risale a tempi remotis- simi, ma con l'ultimo ottocento ha perduto la parte coreografica e fol- kloristica. Il romano di allora tene- va moltissimo alla buona riuscita e ci si preparava un anno prima. In quasi tutte le osterie esistevano le . .

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