LA CUCINA ITALIANA 1937
G12 IA CUCINA ITALIANA 1» Novembre 1937-XVI CONSIGLI A ROSE Scelta della donna di servizio Roset ta è nell'imbarazzo. Ha biso- gno di una donna di servizio e non sa decidersi a sceglierne una f ra le molte che da vari giorni vengono « a mo- stra > da lei. Vorrebbe esser sicura che la scelta cadesse sopra una ra- gazza dotata di tutti i requisiti che « Nina » ha elencati nella sua « Po- sta » del fascicolo d'ottobre della Cu- cina Italiana»: cioè salute, puliz.ia, onestà, amore al lavoro, rispetto ver- so i padroni ecc. eco. Disgraziata- mente lo strumento di precisione atto a misurare il gra4o delle qualità mo- rali delle domestiche, non è stato an- cora inventato: e poiché non si fida nè delle apparenze nè delle referen- ze, la mia vicina rimanda in pace tut- te le « candidate » che bussano alla sua. Berta. Così si va avanti senza concludere nulla. — Cerne mai penserà qualche letetriee — Rosetta, tanto flora delle sue prerogative di massaia, cerca, lo aiuto d'una domestica? La cerca perchè è sofferente: della più grave e sacra sofferenza. La cara donnina, aspetta un bambino. Fr qual- che mése sarà madre per la seconda volta. 1} « fatto enuovo » ha creato in casa dei miei vicini un'atmosfera di tenera aspettazione. Sono ricomparsi i mi- nuscoli, soffici ed eleganti indumenti che formavano il corredo di Folco, e che ora, lavati, stirati, completati, for- meranno quello del nascituro, Ed eccoci tutte e due, Rosetta ed io, a far castelli in aria e pronostici at- toreno alla creaturina assente — ma- schio o femmina? — così presente al nostro cuore. Roset ta sospira: — Quante sofferenze mi ha già dato questo flgliuolino! Povera la mia Rosett ina! E ' smun-r ta, pallida, spossata. I disturbi cau- sati così di frequente da un piccolo essere che, da lgrembo materno re- clama il suo diritto alla vita, si sono fatti per lei tanto insistenti ed acuti che il medico le ha vietato qualsiasi strapazzo. Ed ecco la necessità di metterle al fianco una brava ragazza che possa accudire alle faccende domestiche e star dietro a Folco, sempre più fru- golo e birichino. Ma dove trovarla una domestca che impersoni l'ideale di Roset ta? Questa dimostra una diffidenza invincibile verso l'intera classe ancillare. Lei, do- mestiche non ne ha mai avute, nem- meno quando era ragazza. Ed il pen- siero di dover ammettere nella sua intimtà familiare una persona estra- nea — un'intrusa! ,— la sgomenta e la turba. Mi ^ice: — E se mi trovassi in casa, come è capitato a Nina, una donnaccia spor- ca, o ladra, o qualcosa dì peggio? — Eventualità poco piacevoli dav- vero —i le rispondo. -— Ma, nel mo- mento attuale, è inutile discutere sul- la capacità a delinquere delle perso- ne di servizio: capacità che, del resto, non ha caratteristiche sue proprie, ma rientra nel limite, così vasto, della fallanza, umana. Lei, Rosetta, scelga la ragazza che le va più a genio delle Itre: e s prepari a guidarla con sag- gezza, e con piena coscienza, non solo dei suol diritti di padroni, di casa ma anche dei suoi doveri verso di essa. Roset ta si fa ancora più attenta. — E questi doveri sarebbero? — La cortesia, la bontà, il compati- mento e soprattutto un inalterato sen- so di giustizia, La giustizia, cara Ro- setta, è il più sicuro, il pjù valido fat- tore di disciplina che possa agire sul- la volontà di una domestica. "Una co,sa è ben fat ta? I l consenso della padro- na (il termine è antipatico ma ormai è sanzionato dall' uso) sia pronto, spontaneo ed espresso con dignitosa sobrietà. La domestica merita una sgridata? E efaccaimogliela, senza ma ¡trascendere e mantenendosi rigo- orsamente obbiettivi. Riconoscere i meriti di uija persona di servizio non significa, pome tanti affermano, sti- molarne la vanità e 4w! e u n concetto troppo elevato di sè stessa: serve, in- vece, ad infondere in lei la certezza che la persona capace di valorizzare quanto c'è di buono nella sua umile eppure tanto necessaria opera, è inca- pace di rivolgerle un rimprovero im- meritato. La questione sù cui Nina ha richia- mato l'interessamento delle lettrici della « Cucina Ital iana » ha quell'a- spetto bilaterale che Nina stessa le ha riconosciuto. Educhiamo, sì, le do- mestiche per portarle all'equa com- prensione delle loro possibilità morali e materiali: al tempo stesso, però, ri- cordiamo alle padrone che le dome- stiche, non sono, come si riteneva in un passato tutt'altrp che remoto, il prodotto di una sottospecie dell'uma- nità! ma che, eccezioni a parte, sono creature coscienti e suscettibili di ri- forma. Una ventina d'anni fa una vecchia signora parlando delle persone di ser- vizio, soleva dirmi: — Sonq i nostri nemici pagati! Roset ta sospira, — Mi contenterei di trovare una ra- gazza sopportabile, da potersi guida- re senza troppa fatica. Perchè, /ede, inesperta come sono in proposito, te- mo di essere troppo debole. Una pa- drona di stoppa!....: — No, no. Lei deve trovare invece l'energia necessaria per farsi p'aja.r.dir re, E per giungere a questo, pur mo- strandosi cortese e buona, 4eve fare il possibile di mantenere una '>erta di- stanza fra lei e la sua servetta. Si ri- cordi che le domestiche sono come il fuoco per il <pale si dice: Nè trop- po vicino nè ti'oppq lontano: Cercare di compatirle, di comprenderle, di aiu- tarle ad ascendere verso il nostro li- vello.... sta bene. Ma scen4ere poi fino a loro... questo poi, no. Non è raro il paso 4i. padrone che pren4ono la loro domestici: a confidente dei loro crucci materiali « spirituali, e la fanno an- che giudice dei loro bisticci familiari, sciofinando così sotto il suo naso quei metaforici panni sporphi che avrebbe- ro invece tanta necessità di rimanere nasciati. E poi, se la domestica, per njeoscienza o per cattiveria, mette a parte il vicinato dei più delicati inte- ressi dei padroni, ci si arrabbia, si sbraita e si ritorna alla teoria dei «Nemici pagat i»! Nelle famiglie dei ricchi, dove grazie alla vastità degli ambienti e ai sistemi aristocratici, la servitù vive una sua vita a parte, la distanza fra. padroni e domestici si stabilisce automaticamente. Ma nelle nostre casine ristrette, do- ve la domestica, sia pure involontaria- mente, ha un orecchio in salotto ed uno nella camera da letto dei padroni, ci vuole giudizio per impedire infram- mettenze spiacevoli, delle quali la di- stanza fra noi e persona di servizio sarebbe 4iminuita a tutto scapito del- la nostra dignità. E quante, quante cose, Rosetta mia, si potrebbero acco- ra dire su questo argomento, gliele 4irò quando lei avrà t rovato- Rosetta m'interrompe: — L'albero per impiccarmi comfl Bertoldo. Ride; ma non senza amarezza. — Eppure bjspgna che mi decida — prosegue malinconicamente. — Questa cattivane di figlinolo non mi dà pa- ce. Non è ancora nato e comincia già a fare il despota-, E che frugolo! Senta qui. Le poso con delicatezza una mano sul ventre, entro il quale la nuova vita si annunzia con un palpito ga- gliardo. Ascoltiamo tutt'e due, l'animo so- speso, il richiamo del piccolo essere, chiuso ancora nel mistero della stazione. Rosetta dimentica le sue sofferenze, le sue preoccupazioni ancìllai'i. Una luce d'amore le splende nei begli occhi languidi, sul visino smagrito. E' tra- sfigurata, La matenrità canta in lei le sue gioie, le sue estasi le sue spe- ranze. ' La guardo commossa. Poi la bacio, FRIDA
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