LA CUCINA ITALIANA 1937
4 LA CUCINA ITALIANA 1" Dicembre 1937-XVT CONSIGLI A ROSETTA Tramonto senza luce Le condizioni di salute di Rosetta non permetteranno ai miei vicini di recarsi a passare il Natale con lo zio del Chianti. Il quale ha fatto come Maometto. Non potendo la montagna andare a lui, è venuto lui alla monta- gna. Nonostante i reumatismi, l'affan- ni ed altri malanni, egli ha coraggio- samente affrontato un viaggetto in automobile per procurarsi la gioia di riabbracciare i nipoti e il bisnipotino. Ero presente quando il sig. Antonio è arrivato senza preavviso in una vec- chia e pesante vettura pilotata da un autista campagnolo. Questi, appena sceso a terra, ha cavato fuori dal ve- nerando veicolo ogni ben di Dio: una gallina e due piccioni pesi-massimi; mezzo capretto, un mazzo di tordi... E poi salsicce fatte in casa: formette di cacio pecorino; un sacchetto di oli- ve; un panierino di uova fresche; un vaso pieno di fegatelli affogati in una coltre di grasso profumato. Una quan- tità, insomma, di cibarie che parevano destinate ad un banchetto pantagrue- lico. Mentre lo zio le offriva i suoi dona- tivi con affettuosa semplicità, Rosetta mi ha rivolto un'occhiata significativa. La cara donnina ,che ora mangia quanto un uccellino, sembrava doman- darmi: — Chi la finirà tutta questa roba? Io, di dietro le spalle del vecchio, le ho fatto sorridendo, un cenno non meno significativo: — Non si sgomenti. Qualche aiuto lo troverà! Folco, povero amore, se ne stava, serio serio, in collo alla donna di ser- vizio (sì, Rosetta ne ha trovata final- mente una di suo gusto). La presenza dell'ospite di eccezione lo intimoriva. Forse il vecchio con la barba fluente] un berrettone « sui generis », un ta- barro dall'ampio bavero di pelle di le- pre, aveva ai suoi occhi l'aspetto mi- naccioso di Nicola di velluto; l 'omac- cione peloso che in Germania la sera di Natale, va, per un'antica tradizio- ne, di casa in casa, in cerca di bimbi cattivi. Ma, appena « Nicola di vellu- to », deposto il berretto e il tabarro gli ha parlato con una dolcezza quasi femminile, il piccolo sì è rassicurato, Dalle braccia della servétta è passato in quelle dello zio, al quale ha Margot- tato tante belle cosine nel delizioso linguaggio infantile. Quando Cochi è tornato dall'ufficio, ha trovato i due abbracciati in una affettuosa intimità. Cochi non credeva ai suoi occhi. Che sorpresa! Lo zio è calato dall'e- remo! Per quanto tempo 3 Per poche ore soltanto. A settanta- nove anni il signor Antonio non ha mai passato una notte fuori del suo letto: un letto monumentale — cosi mi dice Rosetta — con tre materasso- ne di lana e così alto che per salirvi sopra ci vuole una sedia. In un altro letto il signor Antonio non potrebbe riposare. Idee da vecchi; da poveri vecchi attaccati alle consue- tudini della loro monotona vita. — Mettermi in viaggio — h a detto il signor Antonio — mi è costato uno sforzo non indifferente. Eppure que- sto sforzo l'ho compiuto con tanta gioia. Rivedervi! Non sognavo altro. Da quando vi ho avuto per qualche giorno con me, la solitudine della mia vecchia casa mi opprime. L'estate è passata alla meglio. Il sole scaccia tante malinconie! Ma ora, quando so- no solo nello scrittoio, mi trovo sgo- mento, quasi disperato. Darei quel po' che mi resta per sentire nel corridoio i passi di r.osetta o la vocina di Folco. Invece, non c'è che silenzio. Ed om- bra. Son venuto a cercare un po' di sole f ra voi per portarmelo, chiuso nel cuore, all'eremo. Inoltre mi preme- va di recarmi in persona a prender notizie del bisnipotino che è per la via e a darvi il mirallegro. Coraggio, figliuoli. Dopo questo un altro; e poi un altro ancora. Rosetta ha sorriso. — Troppa gra- zia!... • Il vecchio ha ripreso con voce acco- rata: — Dodici figli ,piuttosto che trovar- si soli in vecchiaia, come mi trovo io. Soffrire tutte le pene morali e mate- riali possibili, partecipare con ogni sacrificio alla lotta pe'r l'esistenza, piuttosto che arrivare al traguardo col senso dell'inutilità della propria vita. Che cos'è stata in sostanza la mia vi- ta? Una continua prova d'egoismo. Se mi volto indietro a guardare il passa- to, mi par di vedére una pianura de- serta, brulla, così arida che nemmeno un agnellino potrebbe trovarci l'erba sufficiente per sfamarsi. Ho lavorato, sì, e volentieri. Ho cercato di strappa- re alla terra tutto l'utile che poteva rendermi. Ma il frutto del mio lavo- ro non l'ho diviso con nessuno. Solo, sempre solo, nel disprezzo delle gioie che per voi sono ragione di vita. Solo, e contento di essere solo, nell'appaga- mento dei desideri più materiali. Man- giar bene, bere del buon vino, andare a. caccia... Niente altro. Ho sempre avuto vicino persone che mi hanno venduto i loro servizi a Un tanto il mese: che non hanno provato per me nessun affetto come io non ne ho pro- vato per loro. Se fossi morto avrebbe- ro e crollato le spalle: — Chi muore •giace! — Se fossero morti tutti, avrei esclamato come dice il priore: — Par- ce sepultis! Il mio cuore ha sempre dormito la grossa. Rosetta l'ha svegliato. Un don- nino così piccolo, pare fino impossi- bile! mi ha tutto cambiato! Quando poi siete venuti al mio eremo col vo- stro bambino, e per qualche giorno mi avete dato l'illusione di trovarmi in mezzo ad una famigl ia mia, questo pazzerellone di cuore si è messo a far l'esigente. Ha cominciato a chiedere affetto... Rosetta, che nell'ascoltare il vec- chio, si era commossa, come ci erava- mo commossi tutti, gli ha preso una mano: — Noi gliene vogl iamo tanto, del bene, caro zio! Il signor Antonio ha scosso il capo: — Lo so, ma siete lontani. Io non posso staccarmi dalla terra dove son nato, alla quale sqno abbarbicato con le prime radici dell'esistenza: voialtri non avete il coraggio di trasferirvi lassù... Quindi niente da fare, per ora. Immaginando che lo zio avesse da comunicare ai nipoti qualche suo pro- getto, me ne sono andata. Son tornata a salutarlo al momento della partenza. Col berrettone ed il vecchio tabarro impellicciato, il signor Antonio aveva ripreso l'aspetto preoc- cupante di spaventa bambini. Ma Fol- co non aveva più paura. Si lasciava accarezzare e baciare dallo zio che nel dolore del distacco non aveva più parole. Ci ha stretto la mano in silenzio. Dopo esser salito in automobile ha ri- trovato la favella. Ha detto: — Il giorno di Natale pensate tan- to a me, che sarò solo! Le lacrime — lacrime di uno scon- solato rammarico — gli scendevano sulle guance rugose. Con la mano ci ha fatto un ultimo cenno di addio. Poi, la vettura ha ripreso la via dell'eremo. Sì, povero vecchio. Il giorno di Na- tale penseremo tanto a te ed a tutti quelli che al loro traguardo anelano come te, alle gioie che essi medesimi si sono negate. Che, voltandosi, dopo una vita di solitario egoismo, a consi- derare il loro passato, lo vedono co- . me una pianura brulla e così arida che nemmeno un agnellino potrebbe trovarvi l'erba sufficiente per sfamarsi. FRIDA Massaie, leggete IL GIORNALE DELLA DOMENICA
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MjgyOTI=