LA CUCINA ITALIANA 1937
1» Dicembre 1937-XVI LA CUCINA ITALIANA 5 £'A. Ì3. e. delia Guaina mm. Nata Un'abbonata della « Cucina » mi pre- ga di darle la ricetta di una gelatina economica da includersi nel pranzo di Natale. In quella solennità alcuni pa- renti si riuniranno alla sua tavola: ed essa vorrebbe farsi onore con una pre- parazione che, pur uscendo dall'ordi- nario, non fossp troppo dispendiosa. — Non creda — prosegue l'abbona- ta — che mi dispiaccia spendere per un senso di esosa taccagneria. No davvero. Io trovo che si può festeg- giare in letizia il Natale facendo solo un piccolo strappo alla regola di so- brietà che una massaia, deve imporre alla propria famiglia nella compren- sione di quel dovere di economia e di risparmio sul quale si basa la difesa economica della nostra Patria. Dun- que... Un buon pranzetto, una tavola ben messa, affettuosità f ra 1 com- mensali, allegria... E niente sperperi. Gran brava donnina è quest'abbona- ta che nella propria convinzione ri- specchierà certo il pensiero di tutte le amiche della « Cucina Italiana ». Per appagare il suo desiderio le dò la formola di una gelatina casalinga, senza tartufi nè gli altri ingredienti consueti, ma che potrà fare una bellis- sima figura in un pranzo di famiglia. TACCHINO CON GELATINA Procurarsi una quantità di tacchino proporzionata al numero dei commen- sali, farlo a pezzi, con taglio netto, quindi metterlo a cuocere con poca acqua in una cazzeruola con una o due zampe di vitella da latte, secondo la quantità del tacchino, divise a me- tà; aggiungendo qualche carota ben spellata, alcune costole di sedano del- le più tenere, liberate dai loro filamen- ti e sale a sufficienza. Quando il tac- chino è cotto toglierlo dal fuoco e ac- comodarlo in un vassoio grande e fondo. Togliere pure dal brodo le co- stole e le carote, e, se sono cotte, an- che le zampe di vitella: altrimenti la- sciarle bollire ancora pian piano. Al momento giusto ritirare le zampe dal fuoco, disossarle, tagliarle a quadret- ti e con tali quadretti inframmezzare i pezzi dì tacchino In modo da formare un solo strato nel vassoio. Su questo strato disporre le costole di sedano e le carote tagliati a pezzetti della stes- sa grandezza: quindi versarci sopra il brodo accuratamente sgrassato e co- lato attraverso una salvietta. Naturalmente questo è un piatto che va preparato oggi e mangiato do- mani, a meno che non si possegga una buona ghiacciaia. Più semplice di così la gelatina non potrebbe essere: ma è buona lo stesso. Saporitissima. ABBONATA 1930 La carne della selvaggina (e que- sto termine si -r i fer isce agli animali a pelo ohe vivono ^-llo stato naturale nei boschi e vi si moltiplicano) è dura e legnosa: U n tempo prima di cuocerla, si faceva frollare in modo eccessivo, e talvolta dannoso alla salute. Oggi alla carne del cinghiale, del daino ed anche della lepre si fa subire un marinaggio più o meno prolungato. Il cinghiale, lavato, rasciugato e li- berato dalla cotenna — che si può lasciare soltanto se si tratta di una bestia molto giovane — si mette in un bagno aromatico fatto con due bicchieri di vino ed ut} mezzo bic- chiere di aceto, bolliti per qualche minuto con un trito di cipolla, ca- rota gialla, costole di sedano, prezza molo, più qualche chiodo di ga.ro - fano, pepe in grani, ed un ramoscel- lo di timo. Si accomoda il pezzo del cinghiale in una terrina e, quando la marinata è fredda, vi si rovescia so- pra. In questo bagno il cinghiale deve stare un paio di giorni almeno. Se la marinata non ricuopre del tut- to la carne, rivoltarla ogni tanto. Per il solito il cinghiale dopo averlo fat- to rosolare nell'olio c o n aromi da cucina, ed averlo bagnato con un bic- chiere di vino rosso secco si rifini- sce con una salsa agro-dolce. Ma si può anche rifinirlo con una salsa di gelatina di ribes, diluita al fuoca con un'aggiunta di pinoli e pezzettini di scorza d'arancio candita ifettine. Il Daino invece si può rifinire con una salsa di ciliege, nella quale en- trano scorza d'arancio (la parte co- lorata) a pezzettini, succo d'arancio, gelatina di ribes, l 'aroma della can- nella e ciliege dolci sciroppate. Quan- to alla lepre in genere si preferisce in salsa agro-dolce. Se le occorrono indicazioni più particolareggiata so- ng qua. TORTA SENZA UOVA Una buona formola di torta senza uova è l a seguente. Lavorare con un cucchiaio di le- gno o Con una frustina metallica duecentocinquanta grammi di burro in modo di- ottenerne una spumosa. Aggiungervi a poco a poca P e r v o l ~ ta, duecento grammi di zucchero al velo e poi , sempre a- piccole dosi, quattrocento grammi di farina, lavo- rando il composto per renderlo più e- lastico e leggero. Completare la prepa- razione con duecentocinquanta gram- mi di mandorle dolci sbucciate col sistema dell 'acqua calda e "Poi tritate, ossia ridotte quasi in polvere, col tritatutto. Sistemare il comopsto in una for- tiera unta di burro e velata di fa- rina quindi passare in forno ben Caldo. La fortiera deve essere riem- pita solo per tre quarti. Se il composto nel lavorarlo risul- tasse troppo sostenuto, si può ag- giungere un tantino di latte. Vi sono altre formole per la torta senea uova: ma querjta è veramente buona, ABBONATA ÌTORENTINA Il composto di riso per le frittel- le bisogna lavor, irl 0 a lungo come faceva il suo cuoco. Solo a forza di essere lavorato di- viene soffice ed elastic 0 com'è ne- cessario che eia se si vuole che t i frittelle rigonfino e rimangano vuotS e leggere. Questo effetto si raggiun- gerà ancora megl io se con la farina si mis,chierà un tantino di lievito in polvere. Il riso, come lei sa è bene cuocer- lo moltissimo, oggi per domani. Que- sto almeno era il sistema dei vec- chi Fiorentini, emeriti frittellai. Du- rante la cottura si aggiunga un piz- zico di sale, poco zucchero, scorza di limone grattata e un pochett in 0 di burro. Lasciate in riposo il riso P e r tutta la notte e l ' indomani unirvi rhum, rossi d'uovo, farina. Essendo la massa del riso molto compatta, si comincia ad ammorbidirla coi rossi i
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