LA CUCINA ITALIANA 1937

10 LA CUCINA ITALIANA 1 " Dicembre 1937-XV T proablem dell domeestich Debbo prima di tutto confessare un errore. Una cortese abbonata vicenti- na mi scrive per correggerlo. Io ho affermato, nel numero d'ottobre della Cucina, che in Italia non v'è ancora - un istituto specializzato nella prepa- razione delle giovani domestiche. La signora Rachele Molon m' Informa chr l'istituto c'è, ed è a Milano, dove, pres- so l'Unione Femminile, in Corso Por- tanova, n. 20, funziona da anni un Corso bimensile frequentato esclusiva- . mente da domestiche, che vi impara- no a cucinare e vi ricevono altre no- zioni di carattere generale, riguardan- ti il loro servizio. La signora aggiunge che l'anno scorso l'Unione aveva iniziato anche una specie di internato gratuito, pel- giovinette dai 14 ai 16 anni: ma, aven- do dovuto da tempo lasciare Milano, non sa se il corso, ch'era frequentato da un numero ristretto di giovinette, sia stato proseguito. E' un' indagine che farò io, lieta se mi sarà dato dì illustrare, nell'interesse generale, que- sta nuova benemerenza dell'Unione Femminile milanese, additando alle si- gnore delle altre città una iniziativa che dovrebbe trovare numerose imita- zioni. Messa a posto questa questione, ve- diamo di orientarci in quella che io prospettavo alle lettrici come proble- ma interessante tutte le madri di fa- miglia: l'educazione delle domestiche, la loro preparazione all'assolvimento di quei doveri che, pur umili, hanno però tanta influenza sull'andamento di una casa e sulla pace domestica. Non V'è dubbio che le domestiche, salvo poche eccezioni, sollevano le cri- tiche delle loro datrici di lavoro. Basta avvicinare due signore che parlano, per constatare come, esauri- ti gli argomenti preliminari ed im- mancabili, quali la moda, la salute, i mariti, e gli inevitabili pettegolezzi, le signore abbiano uh cavallo di batta- glia, che non mancano mai in infor- care: la questione delle domestiche. Si può dire che non ci è signora che non sia preoccupata, che non pensi con amarezza alla necessità di dover sostituire una cuoca infedele, una bon- ne-à-tout linguacciuta o negligente, o una cameriera troppo intraprendente. Dovremmo inferirne che tutte, tutte le donne di servizio lasciano a desi- derare? Ec c o : dalle migliaia di lettere che mi sono pervenute, appare comune e costante (anche' se esposto in varia guisa, con proposte di un vero e pro- prio corso di lezioni tenuto da me, o con quelle di una serie di discorsini scritti, fatti dalle varie nostre amiche abbonate) il desiderio che le domesti- che, le quali non son più quelle di una volta, ignudanti e timide, umili e gros- solana, ina conoscono i loro diritti e sanno farli valere, si rendano un po' contò anche dei lóro doveri. C-Ssortè ohe le ragazze le quali per rsctì-sità economiche debbono andare a servire in casa d'altri, si rendano contò che da loro si richiedono molti requisiti: debbono essere pulite, prima di tutto. Pulite nella persona e nella cucina, accurate nella pulizia della casa, precise nella conservazione della roba, delle suppellettili, della bianche- ria, cose tutte che oggi costano molto denaro. E rispettose: l 'arroganza, la man- canza di riguardo, la scortesìa, sono brutte e intollerabili in tutte: ma più lo sono in colóro che rittaggoilo un guadagno dalle stesse persone verso le quali mancano di rispetto. E coscienziose: nella confezione dei cibi, nella economia delle materie ado- perate per la confezione e la cottura dì essi, nell'uso delle cose di utilità ge- nerica delle famiglie. Una domestica che lascia accesa una lampadina elet- trica tutta una notte, perchè non è essa che paga; che lascia andar di fuo- ri il latte, o bruciare l'arrosto, o inon- da i cibi di olio, quando è così necessa- rio, all 'economia delle famiglie, e a quella deF Paese, fare attenzione S.d ogni spesa superflua, commette una azione doppiamente cattiva. E debbono esser buone. Non sempre le padrone di casa sono cortesi e giu- ste: ma anch'else possono avere, han- no certo, i loro dolori, le loro preoc- cupazioni, le loro angoscie. Bisogna che le domestiche sappiano compren- dere e compatire, se vogliono trovare comprensione e compatimento. Ma anche le padrone di casa deb- bono rendersi conto che i tempi sono cambiati per tutti: che anche i più umili aspirano, legittimamente, ad un miglior tenore di vita, ad una maggio- re « rispettabilità » di professione o di mestiere. V'erano una volta delle signore che consideravano la servitù come una sottospecie, alla quale si po- tevano imporre orarii di lavoro inuma- ni, rinuncie ad ogni libertà, umiliazio- ni, alloggi malsani, vitto scadente. Ce ne sono ancora? Speriamo di no. Co- munque, le signore debbono ricordare che le domestiche hanno oggi una maggiore sensibilità, perchè hanno li- na maggiore coscienza della loro indi- vidualità e dèi loro diritti. Sanno quindi quali vacanze loro spettino, quàle è il lavoro che si può richiedere ád esse, conoscono il valore delle cose, non ignorano i dettami ele- mentari dell'igiene. Soprattutto non sono più gli esseri primitivi, rozzi e ignoranti di una volta. Trattar bene le domestiche, con pazienza, con amo- revolezza: mostrare di interessarsi al- le loro sventure, ai loro bisogni, fella loro vita; dimostrar loro una benevo- lenza e un'indulgenza di cui ci saran- no grate, sono i primi fondamenti di una sana politica, che oltre a rispon- dere a fini doverosi di umanità, ri- donderà a vantaggio comune. Ntella mia casetta modesta, la. domestica ha la frutta come noi, il dolce se noi ab- biamo il dolce, mangia tutto còme noi, sente intorno a sè, vigile e direi quasi materno, un affetto premuroso. Sono io che consiglio alla donna di riposarsi quando e stanca, che l'aiuto sa è sovraccarica ui lavoro, che la consiglio a uscire ogni pomeriggio di domenica. A volte essa, divenuta con- fidente, mi racconta i suoi guai. Iò li ascolto paziente, e le rispondo con a- morevolezza. L'ho sempre fatto: e non mi sono mai trovata, mai, nel caso di dover licenziare una domestica o per furto, ò per indisciplina, o per man- canza di riguardo. Tutte, sempre, han- no fatto il loro possibile per acconten- tarmi e per risparmiarmi un dispia- cere. Ce n'era una che quando partì, per- chè doveva tornare a casa, pretende- va di baciarmi la mano. Ma io la strinsi al mio cuore, povera servetta che aveva i lacrimoni agli occhi, e la sentii sorella. Se tutte le signore... Ma tornerò sull'argomento. CORRISPONDENZA CON LE ABBONATE M. N. — Un'altra buona massaia mi scrive, da Genova, per domandarmi anch'essa una ricetta per « consumare meno antracite nel termosifone ». Non posso rispondere a a. N. che quello che ho già risposto, nel numero scor- so, ad altre gentili abbonate: il pro- blema del carbone nel termosifone non è un problema che si può risolvere Con ricette. Fatta verificare la caldaia da un tecnico, per accertare che essa Sia in ordine e soprattutto che il . diame- tro del tubo di tiraggio sia in rapporto alla capacità del focolare, non c'è che da sorvegliarla attentamente, chiudèn- dola quando il calore è sufficiente, la- sciandola spengere nelle ore calde dèl- ie giornate migliori. Non c'è che la di- ligenza, la vigilanza, e la pazienza che

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