LA CUCINA ITALIANA 1938
LA CUCINA ITALIANA APRILE 1938-XVI LE SOGLIOLE DELMARE E QUELLE DEL CUOCO . . , M n teila. a in teaame. il pesce va cuci- Lo pastasciutte, i ravioli, i risotti, le tagliatelle, i timballi di macchero- ni o, peggio, i vermicelli alle vongo- le di cui ella discorre come se li man- giasse, la sera non si servono mai. Nemmeno le. zuppe, se son quelle di.... pan bagnato come io le intendo. Nè si mangiari, di sera, le. minestre di magro. E ho l'impressione, signora, ch'ella voglia farmi discoi-rere. Così, per il gusto di farmi cantare... quando men le sorrida l'idea di cogliermi in fla- grante. Al posto del risotto, dunque, o dei ravioli, una minestrina o una tazza di brodo, a meno che non si tratti •di commensali d'eccezione che mai li sazi. Già, se non g-li dai un risotto, un timballo un.-, minestrone che li mura a che santo t'affidi? Gli. per... loro si dice. Assumo in ogni modo la responsabilità della sgrammaticatura. C'è, "infatti, chi la considera tale., Un. amico al quale facevo osservare sere fa che. il pranzo da cui usciva- mo sarebbe stato più... felice senza il, preludio di quel pasticcio di lasa- gna il cui impasto orchestrale ti ri- portava ai grandi wagneriani della cucina, mi chiudeva appunto la boc- ca con quella domanda. Che gli dai? A tavola, del resto, devi anche un po' costruire. Il pranzo — soggiunge- va l'amico, è anch'esso un piccolo edificio che tu crei col tuo gusto. E poiché non si edifica senza fonda- menta, è facile venire alla conclu- sione che una buona pastasciutta o un buon pasticcio di lasagna con quei motivi, per quell'impasto che a me, musicofilo, ha dato empiti di gioia, t'aiuta a costruire. Ma lasciamo stare queste conside- razioni che potremo riprendere in un altro momento, e occupiamoci, signo- ra, delle ricette di cui poteva essermi ingrato discorrere pubblicamente. Non è cosi. Accetto invece la discussione e... la sfida. Non le avevo scritto in quei termini per uscirne alla meglio sfuggendo alla discussione, ma per usarle cortesia. Non ho nulla da ri- mangiarmi. Ella mi aveva domanda- to com,e si cucinati le sogliole e in elio modo le siano più delicate; se fritto o arrostite o 'cucinate coll'olio in un altro modo qualunque o cotte al burro, e le risposi in quei termi- ni senza far confronti. Avevo ricevuto la sua lettera al- l'indomani di quel pranzo al quale accennavo in principio, deve avevo mangiato per la prima volta, con quel sistema, sogliole, così squisite e glie le consigliai a... volta di corrie- re, sembrandomi ch'ella volesse una risposta immediata. Le. consigliai le sogliole delle quali m'era rimasta memoria per la sensi- bilità con cui la mano della cuoca aveva creato l'accordo; le parlai, ra- pidamente, del pasticcio wagneriano e le suggerii, mi sembra, l'arrosto dì tacchina che avevo mangiato quella stessa sera con gli altri amici che non sazi in casa di quel nostro ami- co radiologo che. ama anche lui la buona mensa, come quell'altro insi- gne operatore di cui ho parlato, a proposito di certi tartufi, in uno dei fascicoli precedenti, ma senza ricre- dermi sui miei stessi gusti, che non ho modificato affatto. L'aver trovato squisite le sogliole al burro non si- gnifica che io cominci a detestare l'olio. o trovi che i-1 burro può... mi- gliorare,' il... pesce fritto, com'ella scrive con la sua arguzia, nè dimo- stra, signora, che il palato del vec- chio marinaro si va ingentilendo. Questo ella non lo dice ma può aver- lo , pensato.. Orbene, io ripeto qui forse per la centesima volta, che il pesce ha da morire nell'olio anche se ho trovato delicatissime le sogliole al burro e glie le ho consigliate per. un suo pran- zo di stile. E non mi contraddico, nè modifi- co per questo i miei gusti, nè ingen- tilisco il mio palato (Ella non lo ha detto, lo dico io) che rimane nella sua interezza, o nella sua sanità, se ciò le par ' meglio. Ed è chiaro, mi sembra che senza questa sanità non avrei colto le sfumature di quelle so- gliole ch'erano diventate un'altra co- sa. Il problema, come vede, si pone qui nei suoi termini precisi. 0 si mangia il pesce per sentirne la fre- schezza, il sapore, il profumo, o si fa. una pietanza col pesce... Nel pri- mo caso, fritto arrostito sulla gra- /VX/XVVV^A-AAAyVAAAZVAA^A^VVA/VA/^ A. M. 0 . S. ( A r r e d ame n t o moi bi l oign s t)i l e Via della Lupa. 24 Roma, CUC I NE L A C C A TE Preventivi e Disegni a richiesta t tt o i t g e, il esce c ci- nato nel modo più semplice perchè... resti tale; nel caso invece della pie- tanza, tu opini allora le sogliole (ba- da che le sian polpute) maceri i fi- letti nel latte, l infarini, li cuoci in una teglia nel burro condendoli con poco sale, un poco di pepe e qualche goccia di limone, e... li servi poi caldi dopo averli cosparsi di prezzemolo su cui avrai ancora versato del buon burro cotto e dorato... Sono delìcatis- S i me — d'accordo una volta di più — ma non sono le sogliole che ti ha dato il mare o lo sono un po' meno delle altre, di quelle che hai mangia- to fritte senza averle ingentilite per- chè "appunto volevi sentirne il sapore •e. il profumo. La ricetta, signora, era quella: di- menticai forse di avvertirla, scriven- dole, che i filetti man mano che cuo- ciono (due a tre minuti) van poi riu- niti in una parte della teglia perchè rimangano, caldi. Quanto alla tacchina ripiena, l'im- pasto è rappresentato da 300 gram- mi di carne di vitella ritrita, tre torli d'uovo, venti grammi di prosciutto e venti grammi di lingua tagliati a pic- coli dadi per ogni chilogrammo dì peso del... soggetto destinato atta glo- riosa fine. Non sarà inutile, aggiun- gervi un po' di mollica di pane ba- gnata nel brodo. Così ripiena, la tacchina giovincel- la, ch'ella avrà prima disossato, do- vrà esser cucita, avvolta in un pan- no come si fa per la galantina, e messa a bollire. Dovrà bollire tre ore. Poi la fai freddare con un buon peso adatto sulle... spalle e la servirai dopo a- verla rosolata nel burro e averla ir- rorata con un sughettino che avrai preparato a parte mettendo a cuocere le ossa del volatile, e un po' di pan- cetta di maiale. Quando ossa e pan- cetta si sian rosolate vi aggiungerai qualche cucchiaio di brodo. Ho ripetuto qui, signora, anche la ricetta per il ripieno della giovane tacchina, nel dubbio d'aver dimenti- cato allora qualche fiettaglio. E m'il- ludo . d'averle dimostrato come il vec- chio marinaro, pur avendo gustato le. sogliole al buiro, non sìa in con- traddizione. con sè stesso. Quanto al baccalà di cui ella pure mi sci-ive ne parleremo, se mai, un'altra volta. E' vero: a Udine lo fan prima macerare nel latte. Ma non sarebbe opportuno discorrerne ora. L'articolo, fra l'altro , è già trop- po lungo. GI ACOMO P A V O NI
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