LA CUCINA ITALIANA 1938
12 LA CUCINA ITALIANA GENNAIO 19S«-XV1 iate di besciamella fredda, densa. E quante altre piccole' preparazio- ni potrei indicarle, se conosces- si il gusto del suo caro, e la sua abi lità di cuoca. Con tanta simpatia la esorto a scrivermi per qualunque bisogno. Abbonata M. B. M , Roma, — Dun- que è stata ammalata e per lungi; tempo non ha potuto fare la donni na di casa? Po era piccola massaia! Ma ora, se Dio viole, la sua salute è rifiorita: e la volontà dì fare è tor- nata. Così è stato anche della mia Rosetta. Mi rincresce che il primo tentati vo del torrone non sia st..to fortuna- to. Se il torrone è rimasto morbido è segno che il miele e lo zucchero cotti, il primo a bagnomaria, il se- condo a fuoco diretto, non hanno raggiunto il punto giusto di cottura ossia il « carame'.lo ». A questo gradi lo zucchero e anche il miele si spez zano come il vetro. Arrestare la cot- tura dello zucchero al « caramello » non è facile per una massaia ancora inesperta nell'arte del dolciere. Se quel grado viene oltrepassato, miele e zucchero bruciano e anneriscono se non è raggiunto, il torrone non può avere quella durezza che è una delle sue caratteristiche. Da notare che il chiaro d'uovo montato che si aggiunge al miele quando questo è al « caramello » diluisce il miele stesso. E così anche lo zucchero cot- to che si aggiunge dopo il chiaro, viene a diluirsi. Ma una volta unite col miele etc le mandorle, le nocciole, la scorza d'arancio candita etc. bisogna ripor- tare il composto al grado del «cara mello » : raggiunto il quale la, cot- tura del torrone è ultimata Conclusione? Non ce n'è che una Impratichirsi' nella cottura dello zuc- chero e del miele per tentare di m>o vo qualche prova, alla quale auguro miglior riuscita. No n credo necessario ripeterle la ricetta. Ma se le occorrono altre spiegazioni, mi scriva. Saluti caris simi. Arancini di riso — Signora Ninet- ta Gervasi, Buseto Pallavolo. - GÌ' arancini alla Siciliana non sono che degl'involucri di risotto della eros sezza di un arancino, dentro i qua! si chiude una piccola quantità d' carne in umido tritata: vitella, ragù di fegatini, e simili. Lessato il riso, si scola, si condi sce con burro, formaggio rosai d uovo, (chiaro punto) un pò di zaf fera no e, volendo un pò di salsa d' pomodoro molto densa. Sì lascia freddare i l ' riso quindi se ne foggia no fra le due mani i piccoli gloh' dentro i quali si chiude, com* h< detto, il trito di carne: una mezze cucchiaiata circa Ciò fatto sj passa no glj arancini al pangrattato e s 1 frìggono a padella ben calda, cor olio o s tn ' f ' o abbondantissimo 8' servono bollenti, <">- o senza a c om pagnamento -di salsa d' pomodoro. Abbonata 20339, Bologna. — Se le sue torte sono preparate secondo ie indicazioni di qualche buona ricetta segno è che la causa dell'insuccesso sta nella cottura imi. 'fetta. Come ho ripetuto più volte nell'A B. C. la cottura dei dolci per noial tre massaie è il « ponte dell'asino » Quante volte una torta magistral mente preparata si sciupa in forno senza rimedio! Non conosco il forno di cui si serve. E' sicura che funzioni perfet tamente? In caso affermativo, oc- corre che lei, a forza di prove, cer chi di stabilire quale scomparto sì addica a ciascuna preparazione. Le' s a certo che i dolci debbono essere messi nel forno già riscaldato, in mo do che possa cominciare subito la fermentazione. Credo perciò che sia ben fatto aprire subito tutto il rub 1 betto, salvo poi a moderare il ca lore durante la cottura. Le ricordo ! noltre Che le praparazioni a base di lievito in polvere debbono essere passate in forno appena ultimate Nell'impasto c'è sempre una parte d acqu-, Nell'attesa il lievito si bagna e perde la .forza. Ma, tornando alle sue torte, le dirò che, se quelle preparate con la fecola formano alla superficie una crosta dura, è evidente che il calore sopra è eccessivo e sotto scarso Bi sogna quindi che esso sia più equa- mente ripartito. E a questo risultato lei potrà arrivare solo a forza di prove. Quanto mi dice circa le al- tre preparazioni, mi lascia perplessa Pun darsi che un dolce a lievito quando è uscito dal forno, abbassi un pooo : ma non 1 punto che lei dice II lievito è ben distribuito? Lo mischia con la farina, prima di pas sare questa per staccio, precauzio ne indispensabile" E se nel compo sto entrano i chiari montati, vi la scia cadere sopra la farina a ptog già, ossia attraverso uno stacc io' Ha l'avvertenza di non aprire il forno un quarto d'ora dopo avere inforna to le torte? Se tutte queste norme sono da lei messe in pratica, è segno che il sue forno non funziona perfettamente, o che lei non è molto pratica di tale funzionamento.- Altre spiegarion' nosi da lontano, credo che n e s s u n e potrebbe darle. Provi e riprovi. E co raggio Riuscire bisogna. Nella sua lettera ha accennato al la pasta. Margherita' Per mesto dol "ce. nel quale la farina e la fecola "ntrano a parti uguali le uova s- montano con lo zucchero a cal l o- eioè tenendo il •-aldaietto sopra ne "uoco debol'ssimo Questo le dico apendo che non di rado si dà il nome di pflsfa Margherita a prepa -azioni che con quel dolce non han nulla di comune. fonie si mtò far« il pane in raxn - 1 hb. 7/,7M. -Rnma - Reco il modi dì fare il nane in casa, »ervend.tc del forno domestico, di qualsiasi specie sia. Come esperimento Lei prepari un Kg. di farina doppio ze- ro, duecentocinquanta grammi di latte, trentacinque grammi di lievi- to di birra. Metta il latte tiepido e leggermente salato in un recipiente di terra, vi sciolga il lievito quindi v'intrida la metà della farina. Ne a- vrà una pasta molle e scorrevole che lascerà lievitare per quaranta mi- nuti. D'estate potrà tenera il reci- piente in qualunque posto; ma d'in- verno dovrà tenerla in un luogo mo- leratamente caldo. Trascorsi i quaranta minuti fac- cia la fontana sulla tavola con l'al- tra metà della farina: metta il lie- vito e cominci ad impastare lievito e farina, lavorando bene l'impasto e sbattendo via via con forza nella tavola fino a che non lo vedrà liscio, "ucido ed elastico. Allora smetta di 'avorarlo, lo tenga qualche minuto in riposo, quindi lo tagli a pezzetti di sessanta grammi l'uno della for- ma che più lo aggrada. Unga di bur- ro la placca del forno oppure una teglia adatta, l'infarini lievemente e vi disponga i panini a una distanza regolare l'uno dallaltro, in modo che non si tocchino. L' copra con un nanno un pò umido e spolverizzato di farina e li tenga una mezz'ora a lievitare in un luogo piuttosto cal- do. Per poter lievitare bene essi ri- chiederebbero una temperatura non inferiore aj trenta gradi: sarebbe quindi necessario tenerli in una stu- fa spenta da poco, o sul camino e una giusta distanza da un fornello acceso. Trascorsa una mezz'ora, acopra i panini, accomodi con le mani quelli "he lievitando, potessero essersi sformati: poi li passi in forno ben laido. La cottura richiederà circa una mezzora durante la quale do- vrà avere l'avvertenza di spostarli da un punto all'altro della placca per evitare che qualcuno cuocia troppo e qualche altro poco. Quando sono eotti passi su di essi un pennello mmerso nell'acqua, poi li inforni di nuovo per un istante per farli asciu- gare Cosi verranno più lucidi. Nella identica maniera potrà fa- re il pane integrale, usando invece "arina di grano macinato intero Sol- tanto dovrà lavorare più a lungo lo : mpasto. Anche la cottura dovrà es- sere più prolungata. Pilao d'agnello — Stg.na Zaira Sar- ti Venturina (Grassetti), — Il vero p o ! ao (pilaf o pilaw) è, in origine, in riso molto asciugato mischiato -on pezzi di montone. Ma anche l'a- gnello. il capretto, ed altre carni te- nere sono adatte per questa pietan- za di derivazione esotica Ecco come si nuò preparare un Pi- no d'agnello sufficiente a sei per- sone. Tagliare a dadin' cento grammi di lardo, tenerlo qualche istante nei- ' icoua bollente, ouindì metterlo al fuoco In un ampia cazzarola. con cin- quanta grammi di burro.
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