LA CUCINA ITALIANA 1938
LA CUCINA ITALIANA - Pag. 3 v\Yvvtvv\v\Y\^ |„ Luglio 1938-XVI spiaggia, intorno a un bel fuocherello consolatore. Perchè, non faccio per dire, ma abbiamo avuto un principio di stagio- ne pittuosto movimentato: il cielo ci ha fatto un'accoglienza freddina, anzi che no. Ma ora, con la chiusura delle scuole, anche le cateratte celesti si sono chiuse. Il sole imperversa sulle spiagge che già fremono della solita vita estivale, libera e gioconda. Sono comparsi i nuovi co- stumi, che non era possibile fossero più ridotti di quelli dell'anno passato, e i copricapo di tutte le foggie t dai sombreri messicani, ma senza rivoluzioni, ai faz- Zoletti legati sotto la gola, già nascondono una delle poche cose che le donne amano tener celate in questo periodo: i capelli. La stagione si annuncia, da per tutto, brillante: almeno a giudicar da quanto mi scrivono le amiche innumerevoli che la Cucina mi ha procurato uri' po' dovun- que. Che dirvi? Dopo aver preparato con cura la toletta estiva delta casa,' ricoper- ti i inobili delicati, chiuse le stanze che ABBONATA 19334 (Chicti). Questa cara ab- donata, che è anche una nostra fedele e pre- ziosa propagandista, ci chiede il prezzo degli indici degli anni passati. Ma noi non ne ab- biamo, disgraziatamente, neanche uno. Tutto quello che possiamo fare, è di pregare le no- stre abbonate di indicarci se abbiano qualche indice degli anni anteriori al 1937, e se sieno di- sposte a^ cederlo alla nostra amica abruzzese. E , poiché capita l'occasione (come fece quella modista ligure, che nel partecipare alla clien- tela il suo matrimonio aggiunse, in fondo, che aveva ricevuto dei nuovi modelli elegantissimi) posso avvertire le abbonate che desiderano co- pie arretrate che noi abbiamo esaurito quasi totalmente ogni collezione: pubblicheremo, nel fascicolo di agosto, l'elenco dei nu'm'eri dei quali abbiamo ancora disponibile qualche copia. ABBONATA DI FIRENZE. — Effettivamente le abbonate che indirizzano le loro lettere nomina- tiva'm'ente alle collaboratrici, o anche alla Di- rezione, e non, impersonalmente, alla Cucina Italiana (via Gassiodoro, 15, Roma) rischiano for- te di vedere la loro corrispondenza ritardare, o disperdersi. Bisogna che le lettrici si rendano conto che ognuna di noi ha una vita a se, una famiglia» e . . . una città di residenza. Io, per gnarci. Il trambusto del trasloco, le noie dei bagagli, quelle ancora maggiori detta sistemazione estiva, i mariti, in generale, ce le lasciano molto generosamente a noi. Arriveranno sabato sera, coi treni tradi- zionali, pronti a brontolare e a criticare... e se ne ripartiranno lunedì, freschi come rose, tutti contenti, dentro eli sè, di go- dersi un'altra settimana di pace, nella casa fresca e silenziosa, in città. E forse, partendo (tanto per maniere intatta la tradizione) brontoleranno. C'è qualche onesto borghese, tipo di professore in vacanza, o di impiegato sta- tale che ha preso la licenza a metà giu- gno e ch'è venuto a presidiare la spiaggia, e domina la situazione familiare, occhia- luto e panciuto, col capo calvo ricoperto di un cappellino bianco che, se si vedesse allo specchio, non porterebbe per tutto l'oro del mondo. Ma il grosso dei mariti è assente an- cora. In cambio, ci sono molti altri maschi, rumorosi o solitari e silenziosi: scapolac- ci che adocchiano le ragazze e già si of- frono per insegnar a nuotare. Vedo qual- che idillio sbocciare, sulla spiaggia. Si sa, il mare è stato sempre il grande organiz- zatore di matrimonii. •Ma io ho altro da fare, che seguire gli idilli sbocciatiti. C'è il ragazzo da sor- vegliare (perchè non si allontani troppo, perchè non prenda imprudentemente troppo sole, ¡perchè faccia il bagno solo quattro ore dopo il pasto, perchè...) c c'è la posta, da spogliare. No, non potete sapere la gioia di sen- tirvi do-mandaré « come si fanno i tarai' li » — e non aver sotto mano nè un'amica meridionale, nè un libro di qualunque regione, a cui richiederlo. Ci si fa certe figure!,... Nina con la soddisfazione del dovere compiu- to inaugurava la bella stagione. Qualcosa di simile capita a me. Tutù gli anni, quando si arriva di questi tem- pi, devo fare il « peZZo » balneare. An- che se piove. . . Fino a qualche settimana fa, io ridevo mefistofelicamente, pensando a un bett'ar- ticoletto estivo che avrei potuto fare, con vista di bagnanti tutte coperte di pellic- cia, giovani gagà coli'impermeabile, e al- cune onesle : famiglinole raccolte, sulla dovranno riaprirsi quest'autunno, e dif- fuse, generosamente x negli armadi, tutte le polveri preservatnei dalle tarme che l'uomo industrioso ha inventato per farci puzzare per 15 giorni, quest'inverno, eccoci qui, con la prole in cui la lunga costrizione della scuoia ha compresso mi- lioni e milioni di kilowatts di energia che si sfoga:, sulla spiaggia, in corse, nuotate, vogate... e in palpiti materni. Con la scusa degli affari, i nostri ma- nti si so» guardati bene ihill'accompa- i siamo i 1 C'era una volta un signore che, quan- do arrivava il 21 aprile, tirava fuori dal- l'armadio dov'erano gelosamente conser- vati i suoi pantaloni bianchi, e li indos- sava (veramente si dovrebbe dire li... inr gambava) fieramente, perchè in quel gior- no incominciava ufficialmente, sul calen- dario, la bella stagione. Potevan piovere alabarde, come dicono i nostri cari amici francesi, e i colli pote- vano ancora biancheggiare per te nevi re- centi: ma lui, imperterrito, si metteva i calzoni bianchi, e tremante di freddo ma Cominciano le liete soste al sole, sulla spiaggia.
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