LA CUCINA ITALIANA 1938
LA CUCINA ITALIANA • Pag. 14 1° Luglio 1938-XVI Cacio pecorino Bruna Romana. — Chi vuol fare il ca" ciò pecorino deve procurarsi anzitutto la forma, ossia una specie di staccio che si allarga e si ristringe secondo la quan- tità di formaggio che uno vuol fare; e poi il caglio. Questo che, in genere si ricava dallo stomaco dei ruminanti, può essere fresco o stagionato. Si prepara anche col fiore di una pianta detta presame e, nel' le farmacie, si vende un composto con esso preparato. Non si può precisare la quantità di caglio necessaria. Essa dipen- de dalla forza coagulante del caglio, dalla temperatura del latte e da quella del- l'ambiente. I contadini si regolano per pratica. Chi non ha pratica si faccia con- sigliare. Certo è che più il caglio è sta- gionato, meno ne occorre. Ma, se il latte ha già incominciato ad inacidire, la dose del caglio deve essere aumentata. Appena munte le pecore,' si procede alla cagliatura del latte, che non si deve raffreddare. Se invece è munto da qual- che ora e la stagione è rigida, bisogna farlo intiepidire al fuoco. Messo il caglio, si comincia a dimenare il latte, sorve- gliandone la coagulazione. Questa sarà ar- rivata al punto giusto quando, posata una mano sulla massa coagulata, si ritrarrà pulita. Allora si torna a dimenarla per qualche minuto; il troppo dimenare non guasta. Si mette quindi il recipiente al fuoco, per portarne il contenuto a una temperatura un pochino più elevata della! precedente. Guai, però, a farlo bollire! Tolto il recipiente dal fuoco, si lascia in riposo per una mezz'ora, cioè fino a quando la massa non si sia del tutto se- parata dal siero, col quale, volendo, si può fare la ricotta. A questo punto si prende la cagliata con le mani e si met- te ben pigiata nella forma che sarà stata posta sopra un piatto ampio e rotondo. E subito si comincia a pigiarla col palmo della mano, con forza e con metodo, cioè tenendo ferma la mano a lungo in un punto e poi spostarla per esercitare sulla superficie del formaggio una pressione energica, sotto la quale il siero che c'era rimasto finisce di uscire. Quando non esce più, il pecorino è fatto. Allora si sa- la la superficie e l'indomani, rivoltata la forma, si sala dall'altra parte. Dopo ven- tiquattr'ore si mette il formaggio sopra un panno di bucato e ogni giorno si ri- volta e si sposta per farlo stare all'asciut, to. Tenerlo in una stanza bene aereata e non troppo fredda. • Abb. 23872, Roma. — Ho letto con molto interesse la tua lettera non tanto per ciò che riguarda il bucato, quanto per la grazia modesta con la quale ti esprimi. Cara, cara donnina volenterosa e assennata! Mi sembra che il tuo meto- do sia eccellente giacché eviti che i pan- ni siano strapazzati. Nel tempo che stan- no in sapone il sudicio ammorbidisce, e, alla prima stropicciata, casca. Quanto alla trementina ti confesso che non l 'ho adoperata per i panni bianchi e non ti consiglio certo di mischiarla con la varecchina. Questa deve essere adope- rata da sola, e se up ricava un risultato Un vasellame moderno, di al luminio eccellente se è usata nella proporzione da me indicata, e con acqua fredda. Con l'acqua calda l'effetto è più im- mediato: ma i panni non godono, e a lungo andare ingialliscono. Si può dero- gare alla regola solo in casi particolari: ad esempio, nell'inverno, per la bian- cheria da tavola macchiata di, unto e per quella da cucina. I panni si mettono leggermente insapo- nati nella varecchina: riescono più bian- chi. Quanto alla marca di varecchina che adoperi, nulla posso dirti nè in favore nè in contrario ad essa. La varecchina è un genere di produzione locale, e perciò an- che la marca più quotata in una città, è sconosciuta in un altra. Mi sembra opportuno far bollire il su- go d'umido o di pomodoro, coperto. L'ac- qua che si raccoglie sul coperchio ricade nel recipiente. E cosi la salsa non rimane subito in secco e non c'è bisogno di ag- giungervi acqua ogni momento. Saluti cordiali. Abb. 36394, Tivoli. — Vede, ricette di torte fatte con pasta a lievito di bir- ra, lievito in polvere o senza lievito, la Cucina ne riporta da un anno all'altro in numero considerevole. Guardi quante volte è stata ripetuta la formola del p»ne di Spagna! Scartabellando i fascicoli ar- retrati della Rivista, potrà constatare la verità della mia asserzione. Per i biscotti del genere che ella desidera, credo che ! LÀ CUCINA ITALIANA j i Direttore ATHOS GASTONE BANTI ì t Condireftrice Prof. FANNY DINI j j Gi orna le d? l le f ami g l ie e del ie i ì donne i tal iane per la i nd i pen- ; » denza economi ca i E s c e il i ° d ' ogni me se s U n nume ro cent . 50 - Abbo- f n ame n to annuo L . 5,30 - E - j s t e ro L . 10. - Ins e r z i oni L . 4 : al mi l l ime t r o. ( f Rivolgersi all'Amministrazione della • j CUCINA ITALIANA - Roma Via Cas- f J siodoro, 15 - Telefono 360-935 \ ì . . occorra pasta dove entri il burro. Mi oc- cuperò volentieri per Lei e le darò nel prossimo fascicolo le indicazioni che chie- de e che le avrei già date, se il lavoro farraginoso di quésti ultimi tempi non me lo avesse impedito. Come si seccano le prugne Abb. Chiara AlbestelU Secchi (Parma). -— Le prugne più adatte per essere sec- cate sono quelle grosse, di polpa com- patta, 'che contengono acqua in minima parte. Bisogna sopra tutto che siano sane e non troppo mature. Il procedimento per l'essicazione è questo: mettere al fuoco una pentola colma per metà di ac- qua. Quando bolle, immergervi le pru- gne e farle bollire per qualche minuto. Appena vengono a galla, toglierle, con una mestola bucata e stenderle su stacci di crino oppure su cannicci o anche su tavole di legno. Metterle quindi al sole e tenercele per qualche giorno, rivoltan- dole un giorno da una parte o uno dal- l'altra fino alla loro completa essica- zione. La massaia diligente stia attenta a ri- tirarle in casa al cader del sole; la guaz- za nuocerebbe loro. Se poi restassero fuori la notte, l'essicazione sarebbe ritardata e compromessa. Dei grissini parlerò nel prossimo nu- mero. Biscotti per diabetici Abb. 14621 (Monza). —• Sbattere per un quarto d'ora in una terrina con una frusta metallica quattro rossi d'uovo con sei pastiglie di saccarina, pestate e ri- dotte in polvere, più la scorza grattata d'un arancio. Aggiungere poi alle uova sbattute quattro cucchiaiate di farina di mandorle dolci e una di fecola di pa- tate ed i quattro chiari, montati in neve ferma. Mettete il composto poco alla volta in una tasca di tela munita di una boc- chetta liscia. Tenendo la tasca quasi o- rizzontalmente e comprimendone il fon- do, lasciar cadere in una teglia unta bene di burro quanto composto occorre per formare dei biscotti della grossezza dei savoiardi. Quando sono tutti pronti cuo- cerli in forno di calore moderato in modo che riescano bene asciutti. Pizza, napoletana Abb. 28000 (Sambiaso). — Per una pizza sufficiente a sei persone, compra dal fornaio 400 grammi di pasta da pane già lievitata e, comprimendola con le mani sulla spianatoia, spolverizzala di farina e cerca di darle una forma roton- da. Mettila quindi in una teglia unta di strutto, torna a comprimerla col palmo delia mano per formarne un disco alto circa mezzo centimetro e di 35 centime- tri di diimetro. Ungila d'olio e poi spal- mala di strutto (quanto una noce). Ciò fatto, guarniscila con cinquanta grammi di acciughe lavate, spinate ed a pezzetti; cento grammi di mozzarella tagliata a dadini e circa 200 grammi di pomodori pelati, a pezzi. Cospargi tutto di ' semi d'origano, sala e impepa abbondantemente e lascia sgoc- ciolare sulla pizza un altro po' d'olio. Pas-
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