LA CUCINA ITALIANA 1938

1° Luglio 1938-XVI 'vvtvi/vvvwMAA/vvvvvvvwvv^^ Pag. 31 . LA C O N V E R S A Z I O NI G A S T R O N O M I C HE CUCINA CINESE Un viaggiatore francese, il dott. Brunet, che passò molti anni fra i cinesi e dovette più volte per dura necessità, ricorrere alla loro cucina, ha pubblicato un libro inte- ressantissimo sui vari cibi in uso presso quel popolo e sul modo di confezionarli. Certo, taluni di questi cibi hanno ancor molto del « cinese » per la stranezza dei nomi e delle sostanze; certo, un piatto di « cavallette arrostite » o un « intingolo di serpenti » non è cosa che possa sembrar naturale a noi « barbari d'Occidente »; ma no; pure abbiamo cibi abbastanza strani e i « barbari d'Oriente » .potrebbero non trovare naturale una « zuppa di rane » o un piatto di « ostriche ». Per la stessa ra- gione, non possiamo far critiche al loro gusto che preferisce le uova fradicie a quelle fresche, noi che ci lecchiamo le labbra a certi formaggi troppo « piccanti » c che andiamo in estasi per una beccaccia « a punto ». Così, se i> cinesi amano le mammelle di vacca e di scrofa, lo stomaco dei rumi- nanti, gli occhi di certi pesci, la pelle di asino e di bufalo, noi mangiamo con non minor ghiottoneria i piedi del maiale, la cresta e le budella dei galli, la trippa alla milanese. D'altra parte, essi Hanno una ragione giustificante la prodigiosa varietà di ali- menti eterocliti che concorrono a forma- re la loro cucina: la necessità! Quando ci sono 400.000.000 di bocche da nutrire, è scusabile il sistema di far fascio d'ogni paglia e di dichiarare commestibile tutto ciò che può essere trasformato in « chi- lo » ed in « chimo » o faccia andare in- nanzi la macchina umana. Ma questi sono i « piccoli piatti » e sa- rebbe grave errore il voler giudicare la cucina cinese da un campo visivo così li- mitato. Corrono molte leggende in Occidente sul nutrimento dei cinesi e ve ne sono due fondamentali: che il cinese sia sobrio e che si cibi di cose strane e disgustose. Vittorio Betteloni demolisce l'una e l'al- tra, affermando che sono sobri soltanto i cinesi poveri che vivono miseramente con una manciata di riso, di miglio o di mais cotto nell'acqua o impastato in piccoli pani; ma anche i cinesi delle classi più basse, appena lo possono, mangiano ab- bondantemente e con raffinatezza. Nè è esatto che amino cibi disgustosi. Nella Cina meridionale si mangia carne di cane, ma non è vero, come si crede ordinariamente, che il cane sia un piatto nazionale e che ogni buon cinese si faccia un dovere di mangiarne tutti i giorni. Si dice, con una smorfia di disgusto, che i cinesi mangiano uova fradicie; ma si trat- ta di uova che non sono affatto fradicie; si tratta di uova conservate nella calce con processi speciali per decenni. Dopo 25 o 30 anni esse sono squisite; il tuor- lo diventa quasi nero, e l'albume assume l'aspetto e la consistenza della nostra ge- latina di pollo, un po' più colorita e mol- to più saporosa. Quando alle pinne di pe- scicani, che vengono cotte in una specie di frittata d'uova, esse hanno un gusto prelibato. I nidi di salemgunal, o meglio il rivestimento interno del nido, fatto di fuco tritato, macerato e impastato dalle rondini, sono pure squisiti. I cinesi non mangiano pane, non cono- scono il lievito nè le paste fermentate; ma sono abilissimi nel fare biscotti e fo- caccie con tutti i cereali, frumento, avé- na, miglio, ecc. II riso, che è il piatto nazionale, è da essi cotto « a vapore »; non è, però, alla portata di tutte le borse, sicché i più po- veri si accontentano di zuppe di avena o di orzo. I cinesi odiano gli alimenti crudi; i legumi vengono fatti cuocere e i frutti stessi non si mangiano crudi che assai raramente e in caso di assoluta ne- cessità. La cottura dei cibi è una vera mania e, forse in omaggio a certi nostri igienisti, si fanno cuocere perfin le o- striche. Di carne i cinesi fanno uso assai mo- derato, ed il modo ohde la preparano è degno di essere conosciuto. Dissodata, sgrassata, privata di ogni nervatura, di ogni cartilagine, la carne viene ridotta a piccoli dadi e fatta cuocere accurata- mente. Ma è sopratutto innanzi alle loro be- vande che il moderno igienista deve in- chinarsi ed ammirare. In Cina non si beve che acqua bollita. È vero che viene introdotta nello stomaco sotto forma di tè e che ciò potrebbe scemare gli entu- siasmi, ma, d'altra parte, essa costitui- sce la sola ed unica bevanda dei cinesi, i quali non conoscono riè vino nè birra. Quanto al bere acqua non pura, il ci- nese più assetato se ne asterrebbe. Egli non ha bisogno di conoscere la scienza dei microbi e le esperienze di Pasteur per sapere che l'acqua dei suoi fiumi e dei suoi pozzi è malsana. Altra bevanda che il cinese aborre è il latte. Da quando lascia il seno della ba- lia, non una goccia di latte passa per la bocca di un cinese che si rispetti. È il frutto di antiche tradizioni religiose e di alcune idee sull'affinità delle bestie e degli uomini. Il latte è esclusivamente riservato ai bambini e l'offrire o consi- gliare del latte ad un adulto è grave of- fesa; è come dirgli che è tornato ragazzo. Secondo gli studi del dott. Brunet, tale regime dà ai cinesi un completo sviluppo osseo, una grande resistenza alla fatica e una facilità notevole di adattamento a la- vori pesanti; dal lato morale addolcisce i caratteri e dà idee e attitudini di pace e di tranquillità. Forse per queste considerazioni i pari- gini hanno voluto avere anch'essi il loro ristorante cinese, aperto in una strada pittoresca del quartiere latino. In un va- sto salone ammobigliato sommariamente vi sono delle lunghe tavole di marmo, sulle quali non si vedono nè piatti, nè bicchieri, nè coltelli e neppure forchette, e naturalmente nemmeno cucchiai, solo una minuscola scodella di porcellana con ai lati due bastoncini di avorio, ed è tut- to. -Le porzioni sono piccole, molto pic- cole, di modo che se uno vuole man- giare qualcosa bisogna che ordini trenta piatti. Quello poi che si consuma di più nel bizzarro ristorante, è una specie di gal- letta salata, mista a pollo trito, cotto a metà, ed una specie di stufato di ger- mogli di bambù all'olio di... ricino. ArtK Questi veramente non sono cinesi: è Charlot, con Paulette Goddard,che cercano di mangiare come i celesti, in un ristorante cinese di S. Francisco

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